Clima: finisce il Cop26, cosa cambia?

Il 26imo incontro sul clima organizzato dalle Nazioni Unite è giunto a termine questo sabato. L'accordo raggiunto ha lasciato amareggiato in molti, ma altri sono soddisfatti delle intenzione e dei primi passi fatti. Dalle brutte notizie provenienti dall'Indo-Pacifico e dalle buone notizie provenienti dal mondo della finanza internazionale, questo Cop26 potrebbe essere un vero e proprio punto di svolta.

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"Un bla bla bla".

Così Greta Thunberg ha definito i colloqui a Glasgow del Cop26 che, a onor del vero, per molti non sono stati particolarmente produttivi

I colloqui sono duranti tutta la settimana scorsa e hanno coinvolto tutti i paesi del mondo, dalle superpotenze alle micronazioni dell'Oceano Pacifico. Proprio queste ultime, in effetti, hanno fatto scalpore per i loro gridi di aiuto

Il presidente dell'atollo polinesiano del Tuvalu, ad esempio, ha lanciato un appello in bermuda e con le gambe nell'oceano, a dimostrare il rischio che corre la sua nazione di sparire per sempre a causa dell'innalzamento dei mari

A dispetto delle affermazioni della Thunberg, in questo Cop26 si è affrontato per la prima volta il tema della decarbonizzazione direttamente. La maggioranza delle grandi economie mondiali, negli scorsi anni, aveva fissato il 2050 per l'abbandono del carbon fossile, e questo Cop26 serviva a sostanziare meglio le promesse.

A dar ragione a Greta, tuttavia, sono gli effettivi risultati raggiunti dal Cop26. Risultati che, riassumendo le parole di Angelo Bonelli, il co-portavoce di Europa Verde, sono stati una vittoria delle lobby del carbone e petrolio:

Il documento finale della Cop26, che sta per essere votato nell’assemblea plenaria, sancisce la vittoria delle lobby delle fonti fossili che a Glasgow era la delegazione più numerose, oltre 500 persone, che frena la transizione ecologica verso una politica energetica rinnovabile e l’azzeramento delle emissioni da CO2, con una campagna negazionista sul clima che ha impiegato oltre un miliardo di dollari.

Bonelli, inoltre, ha ricordato che le compagnie petrolifere abbiano ricevuto 5900 miliardi di dollari in fondi pubblici dalle loro rispettive nazioni. Il documento finale del Cop26, quindi, mostra solo le contraddizioni interne agli stati, che vorrebbero ridurre le emissioni ma finiscono sempre alla mercé delle grandi corporazioni. 

Ma non sono solo le corporazioni ad aver rallentato il riconoscimento ufficiale della decarbonizzazione. Sono stati anche due nazioni sovrane: l'India e la Cina

I due giganti asiatici, in effetti, sono anche loro vittime di un profondo dilemma: il loro apporto potrebbe aiutare tantissimo per lo stop all'emissione di carbon fossile, ma ciò implicherebbe fermare la crescita economica che finalmente sta raggiungendo quella parte di mondo dopo secoli di sfruttamento e conquista straniera.

Difatti, se India e Cina ci sorprendono di tanto in tanto per la loro dedizione alla crisi climatica (hanno entrambe firmato accordi per la decarbonizzazione entro il secolo), questa volta hanno deciso di percorrere la strada opposta.

Difatti, la bozza dell'accordo finale è stata modificata sotto richiesta di India e Cina da "eliminazionedelle emissioni fossili a "riduzione" delle stesse. Non si parlerebbe più, dunque, di un completo abbandono delle energie fossili, bensì di una loro semplice riduzione. 

In sostanza, un accordo a metà o, come altri direbbero, un compromesso.  

Vediamo nel dettaglio cosa comporterà questo accordo, e qual è il ruolo assegnato alla finanza globale

Cop26: l'accordo finale raggiunto

Dopo una settimana di discussioni tra i potenti del mondo, è stato finalmente firmato un accordo questo sabato

Al suo interno, vediamo il mantenimento della soglia di riscaldamento globale sotto il grado e mezzo dai livelli pre-industriali. Un miglioramento dall'Accordo di Parigi, che prevedeva invece di mantenersi sotto la soglia dei due gradi. Ricordiamo, d'altronde, che solamente un paese è riuscito fin'ora a mantenersi sotto i livelli di emissioni previsti da tale accordo: il piccolo stato africano del Gambia

Secondo gli scienziati, se mantenessimo le emissioni a questi livelli raggiungeremmo in qualche decennio i 2.4 gradi di riscaldamento globale, più del doppio del dato accettabile e certamente un disastro totale per il nostro pianeta

Il miglioramento di questa promessa, tuttavia, è certamente di buon auspicio per il futuro, come d'altronde anche la volontà di tagliare le emissioni del 45% entro il 2030, in appena nove anni. Secondo un rapporto dell'United Nation Environmental Program (UNEP) tagliare le emissioni di questo livello è l'unico modo possibile per raggiungere l'obiettivo del grado e mezzo

E poi la mazzata di Cina e India, che ha lasciato in lacrime il presidente del Cop26 Alok Sharma. "Sono consapevole della delusion", ha detto Sharma fra i singhiozzi, "ma era vitale mantenere questo pacchetto"; alludendo quindi al compromesso con le nazioni asiatiche. 

Le nazioni occidentali si sono dette amareggiate dell'atteggiamento di Cina ed India. Dal canto loro, però, hanno rimandato al prossimo Cop la discussione per un fondo internazionale di aiuto verso le nazioni già colpite dal cambiamento climatico. 

 

Tale fondo prevederebbe un colossale apporto di 100 miliardi di dollari da parte di tutta la finanza mondiale. L'accordo verrà discusso tra il 2022 e il 2024 a partire dal Cop27, che si terrà l'anno prossimo in Egitto e di cui parleremo meglio nei prossimi paragrafi. 

Per concludere, l'accordo di Glasgow chiede alla comunità scientifica di proseguire con il suo lavoro di ricerca, proseguendo nella sua comprensione dei movimenti climatici globali. 

Non sono mancati i commenti di Greenpeace e WWF, due delle ONG più importanti in ambito climatico. Jennifer Morgan, la direttrice della prima, ha detto che quello raggiunto a Glasgow:

È un accordo debole e manca di coraggio. L'obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l'era del carbone è agli sgoccioli e questo conta.

Il WWF, invece, si è a sua volta fatto sentire in una nota che riporta:

Siamo venuti a Glasgow aspettandoci dai leader globali un accordo che prevedesse un cambio di passo nella velocità e nella portata dell'azione climatica. Anche se questo cambio di passo non è arrivato, e il testo concordato sia lontano dalla perfezione, secondo il Wwf ci stiamo muovendo nella giusta direzione. La Cop26 si è conclusa con decisioni deboli in una serie di aree importanti. Glasgow è stato un punto di partenza e non di arrivo.

Reazioni più positive rispetto a quelle di Greta Thunberg quindi, che riconoscono una certa volontà dei potenti di discutere di cambiamento climatico e dei pericoli che ne conseguono. 

Se volete sentire qualche altra opinione sullo svolgimento del Cop26, vi linkiamo questo video di Italia Che Cambia:

Il ruolo della finanza verde

Al Cop26 non hanno solo partecipato i leader dei vari paesi mondiali, ma anche rappresentanti di banche e istituti privati il cui ruolo nel combattere il cambiamento globale sta diventando sempre più cruciale

Lo scorso aprile è nato un conglomerato delle più grandi banche mondiali capitanato dall'ex governatore della Banca Centrale Inglese Mike Carney. Tale conglomerato è composto da oltre 450 istituti bancari provenienti da 45 paesi diversi

La neonata organizzazione, chiamata Glasgow Financial Alliance for Net Zero (Gfanz) ha un capitale complessivo di oltre 130mila miliardi di dollari, calcolato sul possibile apporto di tutti i membri.

Il proclamato obiettivo dell'organizzazione di Glasgow è raggiungere un futuro più verde fornendo i mezzi economici e finanziari per la transizione energetica. 

La promessa di Carney è quella di fornire 100mila miliardi di dollari per la transizione energetica, un investimento che potrebbe anche portare ricchi guadagni vista la direzione che i capi di stato sembrano voler prendere

In effetti, tutti i membri del Gfanz hanno promesso di raggiungere la decarbonizzazione entro il 2050, con seri tagli già entro il 2030

Il Gfanz è entrato in gioco al Cop26 quando si è parlato di chi dovrebbe pagare per la transizione energetica. Appare chiaro che non tutti gli stati si possono permettere sia di lavorare per una crescita economica e, al contempo, per una transizione alle energie verdi

India e Cina ritornarno nella discussione. Fanno già fatica così com'é a sfamare tutta la loro enorme popolazione (complessivamente quasi 3 miliardi di esseri umani), e hanno poche risorse da dedicare allo sviluppo delle energie rinnovabili. 

Il Gfanz, dunque, si ripromette di fornire investimenti in queste nazioni per una transizione verde. Sembrerebbe essere conveniente per tutti, sia per gli investitori che per gli stati in cui si investe. 

Nell'accordo finale del Cop26 si è stabilita una futura discussione sul ruolo della finanza verde nella lotta al cambiamento climatico e nell'aiuto agli stati che hanno difficoltà nella transizione. Il Cop27, summit in cui si dovrebbe discutere la cosa, avrà luogo l'anno prossimo in Egitto, e gli accordi dovrebbero complessivamente durare 4 anni, fino al 2026, con vari incontri organizzati nel mezzo.

L'anno prossimo i leader dei vari paesi dovrebbero portare avanti le loro proposte sul ruolo della finanza globale. Hanno dunque tempo fino al 2022 inoltrato per pensarci bene.  

Lo scetticismo

Per quanto, appunto, la soluzione proposta dal Gfanz appaia conveniente per tutti, cifre di simile portata hanno attratto molto scetticismo

100mila miliardi da investire nel clima sembrano certamente molto allettanti, ma l'ONG francese Reclaim ha fatto notare che le banche facenti parte del Gfanz non hanno alcun divieto di continuare ad investire anche in energie fossili

Di fatto, gli accordi firmatari del Gfanz parlano di generale collaborazione e sviluppo, ed immancabilmente qualcosa avverrà certamente, ma non si può negare che i colossi all'interno del conglomerato continuano a spendere soldi in carbone e petrolio

Dagli Accordi di Parigi ad oggi, le banche hanno globalmente investito 4mila miliardi in energie non-rinnovabili, 500 miliardi dei quali solamente quest'anno. Certo, Gfanz è nata solamente lo scorso aprile, ma sarebbe ingenuo pensare che investimenti di tale portata finiscano con uno scocchio di dita. 

In realtà, anche Gfanz ci metterà svariati anni a creare un effetto reale sull'ambiente e sulla lotta contro il cambiamento climatico. Lo stesso vale per le decisioni prese in questo Cop26.

Sostanzialmente, tutto quello che si è detto avrà certamente un impatto, ma è difficile pensare che tutte le promesse verranno mantenute

Come detto e ridetto in questi giorni, però, il Cop26 è potenzialmente l'inizio di qualcosa di grande, e sarebbe davvero uno spreco buttare all'aria le opportunità create.