Come andrà a finire questa storia?

Nell'aria c'è la sensazione che l'epidemia stia svanendo e con essa la tossica cultura della divisione, della paura e dell'odio.

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Nell'aria c'è la sensazione che l'epidemia stia svanendo e con essa la tossica cultura della divisione, della paura e dell'odio. I casi sono drasticamente diminuiti e anche le morti. I ricoveri non sono più irregolari e le restrizioni vengono abrogate. Potete seguire tutte le azioni quotidiane sulla nuova ed insolitamente competente pagina web riguardante il virus (ci è voluto solo un anno per costruirla).

Nonostante tutti i discorsi su nuovi ed infiniti obblighi, c'è la speranza che tutto possa finire rapidamente, spinto dalla forza dell'impazienza pubblica, dalla frustrazione delle restrizioni e da una lotta politica per evitare la responsabilità scappando da tutto ciò che è stato fatto l'anno scorso.

L'elenco dei segni e dei simboli potrebbe essere molto più lungo.

  • I politici che hanno superato il limite vengono improvvisamente ritenuti responsabili, come Andrew Cuomo e Gavin Newsom. Richieste che governatori e sindaci si dimettano consumano i notiziari a livello statale e locale. C'è chiaramente un grande tumulto politico in atto.
  • Gli scienziati della Dichiarazione di Great Barrington ormai riescono difficilmente a tenere il passo con le richieste di interviste, ora che sta diventando chiaro che avevano ragione fin dall'inizio.
  • L'esperienza in stati aperti come Florida, Georgia, South Dakota e così via, rende impossibile ignorare la triste verità che i lockdown non hanno ottenuto nulla per la salute pubblica, ma hanno danneggiato la salute fisica/psichica, gli affari, le libertà, la legge e la vita civile.
  • La spinta all'apertura delle economie da parte delle stesse persone che le hanno bloccate, come Boris Johnson nel Regno Unito, è un implicito ripudio del movimento senza senso ZeroCovid. Tutti ora sembrano essere d'accordo con quanto afferma l'AIER da un anno: l'umanità deve affrontare in modo intelligente i patogeni e smettere di fingere che le forze politiche possano controllarli.
  • La collega Naomi Wolf ha fatto faville proprio la scorsa sera allo show di Tucker Carlson e hanno parlato come alleati negli sforzi di riapertura dopo anni di combattimenti ideologici.
  • C'è una crescente stanchezza per i comunicati quotidiani di Anthony Fauci che hanno intorbidito i messaggi di salute pubblica per un anno intero, al punto che Meghan McCain ha chiesto il suo licenziamento.
  • Un anno fa Slate era una buona rivista fino a quando il virus non è diventato politico e s'è unita alla mafia del lockdown. Ora la pubblicazione è tornata in sé, soprattutto con questo eccellente pezzo.
  • La rivista medica britannica, The Lancet, sta pubblicando brevi brevi articoli sul costo dei lockdown, inclusa questa interessante lettera di Martin Kulldorff.
  • Una prestigiosa rivista europea di sanità pubblica ha pubblicato un violento attacco all'idea stessa che uno stato di polizia dovrebbe essere la soluzione ad un virus.

Le persone che hanno dedicato la loro carriera e la loro vita a questa epidemia e le politiche che la circondano potrebbero presto dover trovare una nuova ragion d'essere. Adesso inizia la pulizia (come è successo, chi l'ha fatto, come assicurarsi che non accada mai più) e forse ci vorranno decenni prima che finisca.

È stato affascinante vedere le prime bozze sul perché sia accaduto. Ci saranno sforzi per elogiare lockdown, mascherine, distanziamento e chiusure varie per aver in qualche modo fatto scomparire il virus. Il problema è che non ci sono prove di questo, mentre ivnece ce ne sono a favore dell'immunità collettiva e la "stagionalità" (un altro modo per dire che l'agente patogeno va e viene) e forse una maggiore precisione nei test.

Ad esempio, questo nuovo articolo di Jennifer Beam Dowd di Oxford nomina molti fattori (mentre minimizza il ruolo dei vaccini), ma dice anche che per mascherine e compagnia cantando è "difficile identificarne gli effetti specifici ed i casi stanno calando quasi in tutti gli stati anche con un'ampia gamma di politiche".

Infatti!

La resa dei conti durerà mesi, se non anni. Alla fine la gente si chiederà perché abbiamo preso misure così estreme che hanno distrutto così tante vite quando l'equilibrio endemico arriva nel tempo indipendentemente da tutte queste misure. Abbiamo tentato un folle esperimento di controllo sociale ed economico e non ci sono prove tangibili che abbia fatto molta differenza sul virus, ma ce ne sono invece che abbia demoralizzato e rovinato la vita di miliardi di persone.

E l'apertura? Continueranno ad esserci quelli che si rannicchieranno per la paura, affrontando ancora il profondo trauma psicologico che deriva dal guardare i giornalisti televisivi urlare al panico per la maggior parte dell'anno. Ma ci sarà una maggioranza emergente che sarà più che disposta a tornare alla vita reale.

Il mio libro di riferimento sull'epidemia e la risposta ad essa è stato il notevole romanzo di Albert Camus, La peste. Lo scrisse come opera parzialmente autobiografica sulla propria quarantena. È stato pubblicato nel 1947 ed è ancora un brillante resoconto della sociologia e della psicologia della paura durante un'epidemia.

Mentre ci avviciniamo alla fine del romanzo, la peste inizia a scomparire, non a causa di qualcosa che hanno fatto i cittadini o a causa delle restrizioni sulle loro vite. Sparisce perché il virus ha fatto corso il suo corso epidemico. Ciò che colpisce è la rapidità con cui arriva l'alba della normalità, seguita da un nuovo apprezzamento per la vita, il divertimento, la baldoria e l'esuberanza. 

Mentre le persone iniziano a vedere la fine, Camus scrive:

Senza dubbio la peste non era ancora finita, un fatto che dovevano ricordare; eppure nell'immaginazione potevano già sentire, settimane prima, i treni che fischiavano diretti verso un mondo esterno che non aveva limiti ed i piroscafi che urlavano mentre uscivano dal porto attraverso mari splendenti. Il giorno dopo queste fantasie sarebbero passate e sarebbero tornate le remore del dubbio. Ma per il momento l'intera città era in movimento, uscendo dai confini oscuri e lugubri delle sue radici di pietra e si avviò, finalmente, come una nave carica di sopravvissuti, verso una terra promessa [...].

Nelle strade e nelle piazze la gente ballava. In ventiquattr'ore il traffico automobilistico era raddoppiato e le macchine sempre più numerose venivano frenate ad ogni svolta da folle allegre. Ogni campana della chiesa suonava per tutto il pomeriggio e riempivano il cielo azzurro e dorato con i loro riverberi. In tutte le chiese si tennero i servizi di ringraziamento. Ma allo stesso tempo i luoghi di intrattenimento erano gremiti e le caffetterie, non curandosi del domani, stavano producendo le loro ultime bottiglie di liquore. Un atrio rumoroso si alzava intorno ad ogni bar, comprese coppie di innamorati che si accarezzavano l'un l'altra senza pensare alle apparenze. Tutti ridevano o gridavano. Le riserve di emozioni accumulate durante quei mesi in cui per tutti la fiamma della vita ardeva bassa venivano sconsideratamente sperperate per celebrare il giorno della loro sopravvivenza. Domani la vita reale sarebbe ricominciata, con le sue restrizioni, ma per il momento persone con percorsi di vita molto diversi si stavano accarezzando le spalle, fraternizzando. Lo spauracchio dell'imminenza della morte non faceva più paura e quelle ore di allegria ne erano la testimonianza.

E così vale anche per l'apertura: prima lentamente, poi velocemente, poi tutto in una volta. La svolta decisiva sarà quando la popolazione tornerà a pensare razionalmente, rifiutandosi di essere rinchiusa e decidendo di fidarsi di sé stessa piuttosto che delle élite che fingono solo di gestire la malattia. Il trauma durerà, ovviamente, ma inizierà anche la guarigione. 

Lo scorso aprile, in un periodo più ingenuo, immaginavo davvero che questi lockdown e restrizioni non potessero durare. Avevo sottovalutato sia il panico pubblico che la volontà dello stato di raddoppiare e triplicare politiche impraticabili. 

Ho anche sopravvalutato quello che in precedenza avevo immaginato essere un impegno diffuso per la libertà e la proprietà che avrebbe dovuto ispirare una rivolta pubblica. Quindi eccoci qui, un anno intero dopo, con resoconti giornalieri su quanto sia stato massacrante e devastante il lockdown. È un casino gigantesco, certo, ma la fine sembra essere in vista e grazie a Dio anche. Che il contraccolpo abbia inizio.

Di Jeffrey Tucker

Traduzione di Francesco Simoncelli

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