Criptovalute: come la crisi ucraina mette nei guai i bitcoin

Il mercato delle criptovalute stava già mostrando il fianco, subendo notevoli perdite nelle prime settimane del 2022. Ora, con la tragica situazione che si sta sviluppando in questi giorni in Ucraina, la situazione non può che peggiorare. Scopriamo il momento attuale del bitcoin e come la crisi ucraina può mettere ulteriormente nei guai il settore criptovalutario.

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È difficile pensare alla guerra che sta avendo luogo in Ucraina e focalizzare l'attenzione su ciò che essa significa e sulle conseguenze che può portare sui mercati finanziari, in particolare per quanto riguarda il settore delle criptovalute

La tragedia umanitaria ed il timore delle conseguenze di questa crisi per milioni di civili innocenti è naturalmente ciò che, giustamente, balza agli onori delle cronache in questi giorni cupi e difficili.

Tuttavia, tanto premesso, l'aspetto che riguarda le ripercussioni economiche di queste circostanze va analizzato con molta attenzione, proprio perché gli effetti di quanto si sta verificando in Ucraina stanno già colpendo gran parte del mondo occidentale.

Le criptovalute rappresentano un asset importante su cui molte aziende hanno investito.

Ed il crollo che l'intero comparto ha avuto subito dopo l'inizio dell'invasione russa rappresenta un elemento molto grave, che va analizzato per cercare di comprendere quali sono, a questo punto e con ciò che sta accadendo, le prospettive del mercato criptovalutario ed in particolare del bitcoin per i mesi a venire.

Nel video seguente, tratto dal canale YouTube Andrea Landriani - Finanza Personale, possiamo trovare una piccola introduzione proprio su come e quanto le criptovalute siano precipitate a causa della crisi Russia/Ucraina (oltre ad altre utili analisi sul mercato cripto che esulano dalla questione ucraina).

Cerchiamo dunque di ragionare sulla situazione di bitcoin e criptovalute in generale non solo alla luce della terribile guerra attualmente in atto, ma anche valutando le conseguenze sul lungo periodo, quando, si spera, i bombardamenti finiranno ed i carri armati saranno tornati alla base.

Quando ciò accadrà, il mercato criptovalutario riprenderà a brillare, o gli effetti della crisi lo affosseranno definitivamente?

Il rapporto tra il mercato delle criptovalute e la crisi ucraina

Era inizio novembre quando il bitcoin faceva registrare un valore che rappresentava il proprio massimo storico, arrivando vicino alla soglia dei 70mila dollari. Poco più di 3 mesi dopo, la più celebre delle criptovalute ne vale meno di 40mila!

Quando sono arrivate le prime notizie dell'invasione russa in Ucraina, in poco tempo il bitcoin ha perso il 9%. Tuttavia, nel corso dei giorni successivi, si è registrata una risalita ed una stabilizzazione attorno ai 38mila dollari.

È una circostanza particolarmente significativa: indubbiamente il settore delle criptovalute segue il mercato finanziario nel suo complesso, e quando quest'ultimo affonda ciò si ripercuote anche sul bitcoin e le altre cripto (come Ethereum, Cardano, MATIC).

Ma non si tratta soltanto di questo. Il mercato criptovalutario ha perso molto di più nelle settimane che hanno preceduto l'attacco in Ucraina, piuttosto che nel momento stesso in cui la guerra si è concretizzata.

Più che i timori del conflitto in sé e di eventuali escalation che potrebbero coinvolgere altri paesi, è la crisi energetica in atto almeno dallo scorso autunno che va ad incidere profondamente sulla perdita di valore delle criptovalute.

Ricordiamo che, soprattutto a livello europeo (ma non solo), una minore produzione nonché importazione di gas (dovuta ad una richiesta inferiore a causa dei lockdown durante la pandemia di Covid) si è scontrata con la crescita post-pandemica della domanda energetica.

Questa situazione è ancor più critica pensando al fatto che molto dell'inport energetico europeo viene dalla Russia, in un momento storico in cui i rapporti politici sono ai minimi termini, per ovvie ragioni.

Ciò ha portato ad una forte crescita dei costi dell'energia, in particolare quella legata al gas naturale, con conseguenti aumenti sulle bollette e nel costo delle materie prime.

Questi aspetti sono molto importanti per ciò che riguarda le criptovalute, le quali richiedono un gran quantitativo energetico per le operazioni di mining

Ed è proprio qui che si gioca la vera partita, sul piano del costo dell'energia. Questa è la probabile ragione per cui il mercato criptovalutario ha sofferto maggiormente durante l'attesa della guerra che non poi quando questa è, purtroppo, effettivamente scoppiata.

Finché la situazione geopolitica legata alla crisi in atto tra Russia e Ucraina non muterà, e fino a quando il caro energia rimarrà sui livelli attuali, il bitcoin e i suoi fratelli non riusciranno presumibilmente a recuperare il valore perduto nell'ultimo periodo.

Criptovalute, la nuova legislazione approvata in Ucraina

Lo scoppio della guerra potrebbe avere vanificato quanto è accaduto il 19 febbraio all'interno del parlamento ucraino. In effetti è passata poco più di una settimana, ma sembra un secolo fa, vista la situazione tragica in cui si trova attualmente Kyev e tutto il paese.

Ad ogni modo, quella specifica data aveva visto l'approvazione di un disegno di legge per regolamentare e gestire alcuni beni digitali come il bitcoin all'interno del sistema di protezione legale finanziaria.

Il vice primo ministro ucraino Mykhailo Fedorov aveva infatti dichiarato via social:

Questo legalizzerà gli scambiatori di criptovalute e le criptovalute stesse, e gli ucraini potranno proteggere i loro beni da abusi o frodi.

Il tempismo di questa mossa non era stato casuale naturalmente. Nel settembre 2021 il presidente Zelensky aveva bloccato una legge che avrebbe dovuto rendere legali le criptovalute, sottolineando che non si poteva creare dal nulla un nuovo sistema pensato esclusivamente per regolamentare queste ultime.

A febbraio 2022, però, tutto è cambiato: premesso che la "legalizzazione" delle cripto del 19 febbraio è in parte diversa rispetto alla legge pensata alcuni mesi fa, bisogna anche considerare l'attuale scenario geopolitico.

In questo momento è conveniente regolamentare il settore, in quanto nelle scorse settimane si sono verificate diverse donazioni in bitcoin verso alcuni gruppi e associazioni ucraine amiche del governo di Kyev, come ad esempio vere e proprie organizzazioni di hacking che contribuiscono a fornire informazioni su movimenti ed attività da parte dei russi. Anche così si combatte una guerra nel 2022.

Purtroppo, con la guerra materialmente in atto ed i carri armati diretti verso la capitale, questa regolamentazione delle cripto che ha avuto luogo in Ucraina passa decisamente in secondo piano. 

Tuttavia, sperando in una risoluzione del conflitto, quanto è avvenuto potrebbe giocare in futuro un importante ruolo nel mercato criptovalutario.

Il dibattito sul bitcoin in Russia

Anche in Russia il dibattito attorno al ruolo delle criptovalute tiene banco, anche se ovviamente è oscurato dalle vicende belliche di questi giorni.

Non è detto, però, che l'inasprirsi delle sanzioni da parte dei paesi occidentali non possa giocare un ruolo nello sviluppo di una regolamentazione di determinate monete digitali.

Prima che la crisi ucraina precipitasse, infatti, era stato lo stesso ministro delle finanze Anton Siluanov ad indicare che vi fosse l'intenzione di creare delle norme specifiche volte all'organizzazione ed alla disciplina di bitcoin e criptovalute in genere.

Dall'altra parte, la Banca Centrale avrebbe interessi opposti e vorrebbe invece impedire completamente la possibilità di investire e di utilizzare le monete digitali.

La soluzione che sembrava potesse essere la più probabile è nel mezzo: ok alle criptovalute per gli investimenti finanziari, ma divieto di utilizzarle sotto forma di pagamento. E soprattutto obbligo di identificare tutti coloro che acquistano o vendono sul mercato criptovalutario.

Ora, anche in questo caso, le discussioni passano in secondo piano. È comunque significativo, per un paese con le risorse energetiche della Russia, il fatto che il ban invocato dalla Banca Centrale indica tra i motivi per cui porre divieto alle criptovalute il loro eccessivo bisogno di energia.

Il Kazakhstan contro il mining illegale

Anche in Kazakhstan il dibattito sulle cripto ha avuto spazio in questo inizio 2022, e non in modo piacevole.

Qui si sono sviluppate proteste di piazza soffocate nel sangue dalle autorità locali. Le manifestazioni sono state causate dall'aumento del costo dell'energia e dai problemi economici ad esso correlati.

Il bitcoin, purtroppo, ha avuto un ruolo in tutto questo, e non un ruolo positivo. Come conseguenza del ban cinese, il mining della criptovaluta si è spostato proprio in Kazakhstan per via della regolamentazione favorevole. Non per nulla parliamo del secondo paese al mondo in termini di bitcoin mining.

Il problema è che accanto alle attività lecite, esistono anche le cosiddette mining farms non autorizzate. Unendo le une alle altre, ciò che ne deriva è un consumo enorme di energia, fonte di una crisi energetica di livello nazionale, che infatti ha provocato blackout in tutto lo Stato ed ha causato le problematiche che poi sono degenerate nelle proteste dei manifestanti.

Il Kazakhstan ha optato per non ricorrere ad un ban generico delle attività di estrazione delle criptovalute. L'obiettivo è quello di sconfiggere il mining illegale, così da non perdere i vantaggi che derivano dall'accogliere i miners provenienti dalla Cina, ma al tempo stesso cercando di limitare il consumo energetico che era ormai divenuto insostenibile.

Come procederà il bitcoin nei prossimi mesi?

Oltre agli esempi sopra citati, il problema del difficile connubio tra bitcoin e consumo di energia si è verificato anche in altri paesi, come l'Iran o il Kosovo.

Insomma, la situazione per il mercato delle criptovalute non è semplice, e non lo sarà fino a quando non si troveranno soluzioni praticabili per ciò che riguarda il fabbisogno energetico richiesto dalle attività di mining.

Tra le opzioni c'è l'idea di utilizzare le energie rinnovabili, le quali però non sono tutte adatte allo scopo. Per l'estrazione delle criptovalute, infatti, occorrono delle fonti energetiche always-on, ovvero che siano sempre attive. Non va quindi bene, ad esempio, l'energia eolica, mentre potrebbe risultare adatta quella geotermica.

Risolvere questo dilemma entro i prossimi mesi costituirà la chiave affinché il bitcoin ed il mercato delle cripto in generale possa risalire ai livelli del 2021.

Anche perché questo è forse l'unico modo in cui le monete digitali possono rendersi indipendenti, almeno in parte, dalle complesse situazioni geopolitiche che sono sfociate nel conflitto ucraino. In questo particolare momento storico, è chi possiede l'energia a detenere il potere.