Fino a che punto è attuato il federalismo fiscale

Si può calcolare il grado di attuazione dei principi costituzionali che regolano le relazioni tra livelli di governo. Si scopre così che i comuni sono i più virtuosi, seguiti dalle regioni, mentre province e città metropolitane sono molto indietro.

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Si può calcolare il grado di attuazione dei principi costituzionali che regolano le relazioni tra livelli di governo. Si scopre così che i comuni sono i più virtuosi, seguiti dalle regioni, mentre province e città metropolitane sono molto indietro.

Lo stato di attuazione del federalismo

I criteri che guidano la perequazione fiscale, dalla sanità ai servizi sociali, dalle regioni ai comuni, risultano ancora non del tutto allineati ai principi costituzionali. È quanto emerge dall’ultima relazione semestrale della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale del 15 dicembre 2021. Non risulta completa, infatti, l’attuazione della legge 42 del 2009 che, sui pilastri del decentramento e della solidarietà, attua il progetto costituzionale del 2001.

È possibile essere più precisi e quantificare la percentuale di attuazione dei principi costituzionali che regolano le relazioni tra livelli di governo? Facendo leva su alcune semplificazioni, la tabella 1 propone un esercizio in questa direzione per regioni, comuni, province e città metropolitane, raggruppando gli elementi portanti della riforma in quattro gruppi principali:

  1. il grado di attuazione del meccanismo di perequazione standard, in cui si pone l’accento sulla percentuale di trasferimenti statali standardizzati e fiscalizzati;
  2. l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep);
  3. il grado di autonomia impositiva;
  4. l’adeguatezza dei meccanismi di perequazione standard, focalizzando l’attenzione sulle tecniche di stima delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard.

Utilizzando criteri di misurazione ovviamente soggettivi, si può arrivare a concludere che, nel 2021, il comparto delle regioni è al 58 per cento dello stato di attuazione, mentre i comuni sono leggermente più avanti, al 66 per cento.

Per quanto riguarda il comparto delle province e delle città metropolitane, nel 2021, si deve ancora rilevare la mancata attuazione di tutti i pilastri portanti del federalismo fiscale previsti dall’impianto costituzionale. Oltre a non essere stati individuati i Lep, c’è la totale assenza di autonomia impositiva e la presenza di trasferimenti statali negativi per circa 1,4 miliardi. È molto promettente, però, l’approvazione delle nuove metodologie dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali da parte della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (Ctfs) che, a partire dal 2022, dovrebbero portare alla definizione di un impianto perequativo conforme ai principi costituzionali.

Tabella 1 – Analisi del livello di implementazione al 2021 del federalismo fiscale nei tre comparti territoriali

Note: Punteggi: 100% verde, 75% giallo, 45% arancione, 0% rosso. Peso del comparto in base alla spesa corrente: Regioni = 75%, Province e C.M. = 2%, Comuni = 24%. LEP = Livelli essenziali delle prestazioni, LEA = Livelli Essenziali di Assistenza, RSO = Regioni a Statuto Ordinario, FSC = Fondo di Solidarietà Comunale, TPL = Trasporto Pubblico Lo

In aggregato, quindi, sospendendo la valutazione per alcuni aspetti del comparto delle province e città metropolitane, si valuta nel 59 per cento il processo di attuazione globale dei principi costituzionali alla base del federalismo fiscale.

Perequazione e autonomia impositiva

Le regioni sembrano più avanti nel grado di implementazione del meccanismo di perequazione standard e nella definizione dei Lep, soprattutto grazie alla individuazione e al monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea). Invece, i comuni sembrano più avanti in termini di grado di autonomia impositiva e, soprattutto, di adeguatezza dei meccanismi di perequazione standard.

Per il futuro sarebbe interessante immaginare un processo, per così dire, di ibridazione tra i due livelli di governo. Da una parte, la metodologia di individuazione e monitoraggio dei Lea potrebbe essere un punto di riferimento per la determinazione dei Lep comunali, soprattutto per il settore sociale e dell’istruzione. Dall’altra, la metodologia di calcolo sviluppata per i comuni rappresenta un prezioso patrimonio di elaborazione tecnica sfruttabile a livello regionale per legare i fabbisogni ai livelli quantitativi delle prestazioni.

La pandemia da Covid-19 ha dato nuovo slancio al completamento dell’impianto costituzionale del 2001, in gran parte grazie all’allentamento dei vincoli di bilancio a fronte delle risorse e degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Le riforme strutturali che accompagnano l’attuazione del Pnrr prevedono: l’aggiornamento della normativa vigente (legge 42/2009 e decreto legislativo 68/2011) entro dicembre 2022; il completamento del processo di fiscalizzazione dei trasferimenti entro dicembre 2022; la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard non sanitari entro dicembre 2024. Attenzione, però, alla abolizione dell’Irap prevista dalla delega fiscale: in assenza di altri provvedimenti, indebolirebbe ulteriormente la già flebile autonomia impositiva regionale.

Per il comparto comunale, gli obiettivi di servizio del settore sociale introdotti con il Dpcm del 1° luglio 2021, assieme alle le nuove norme previste dalla legge di bilancio per il 2022 in tema di livelli essenziali delle prestazioni sociali, asili nido e trasporto scolastico di studenti disabili, rappresentano un importante passo in avanti verso la definizione e il finanziamento dei Lep. La sfida per i prossimi mesi sarà quella di coordinare i nuovi Lep con i fabbisogni standard già esistenti. Il rischio da evitare è che, come in sanità, fabbisogni standard e Lep finiscano per non incontrarsi.

Di Francesco Porcelli