Il 2022 ha un nome ed è inflazione. Sapete cos’è?

L'economia soffre per varie ragioni negli ultimi anni, ma uno dei motivi più seri è la crescita inflazionistica che sta dilagando ovunque pericolosamente.

L’inflazione dilaga e l’economia mondiale affoga.

Una delle frasi che più riassume il periodo storico che stiamo vivendo senza bisogno di cadere nel banale o nell’esagerazione. 

La situazione è critica nella maggior parte del mondo e colpisce molti settori, specialmente quello dei beni alimentari, come sottolinea IlSole24Ore:

“Secondo Coldiretti, «un mix esplosivo tra clima ed energia si abbatte dai campi alle tavole»”

Il mese precedente l’inflazione americana ha raggiunto quota 6.8% mentre in Europa si assiste al raggiungimento della soglia del 5% e nel Regno Unito si sfiora il 5.4%.

Addirittura in Giappone non si assisteva a un aumento dei prezzi così alto da oltre quarant’anni, cosa che ha messo molto recentemente in allarme la banca centrale giapponese, come riportato da Teleborsa:

“L’istituzione guidata da Haruhiko Kuroda ha quindi confermato una politica ultra espansiva, in considerazione di un’inflazione che resta ancora lontana dal target.”

Le cause sono svariate, ma nell’Eurozona è di sicuro il settore energia che sta facendo galoppare i prezzi.

Mesi fa si è fatto un errore madornale che alcuni Paesi come il nostro corrono il rischio di perpetrare: lasciare da parte l’inflazione come un problema irrisolto perché risolvibile.

La politica della BCE in materia ha lasciato infatti molto a desiderare, considerando che la presidente Langarde la crescita dei prezzi sarebbe dovuta rimanere in questi mesi sotto la soglia controllabile del 2%.

Su HuffingtonPost ecco cosa leggevamo nel giugno 2021:

“L’inflazione non è un pericolo e procedere a una stretta ora “sarebbe prematuro e creerebbe rischi” per la ripresa della zona dell’euro. La presidente della Bce, Christine Lagarde, tranquillizza i mercati, spaventati dall’accelerazione dei prezzi al consumo: l’orientamento della politica monetaria, fa sapere l’Eurotower al termine del consiglio direttivo che ha lasciato invariati i tassi d’interesse, “resta molto accomodante”.”

Mi verrebbe da chiedere a che cosa abbia portato questa politica rilassata, ma adesso lo vedremo visto che in questi giorni anche Il Corriere della Sera sottolinea l’atteggiamento rilassato della nostra bance centrale europea:

“La Fed americana e la Bank of England hanno già chiarito che nel 2022 aumenteranno più volte i tassi, ma la Bce si sta mostrando molto più restia a cambiare politica.”

La certezza è che a distanza di sei mesi nulla è migliorato, anzi le rassicurazioni della BCE si stanno solo sgretolando tra le mani della gente che s’impoverisce non riuscendo a sostenere l’aumento dei prezzi.

Su Ansa, il ministro della finanza francese, Bruno Le Maire, si esprime chiaramente:

“Vorrei insistere sulla necessità di guardare nuovamente al mercato europeo dell’energia e vedere come possiamo migliorarlo”, la corsa dei prezzi “è un motivo di grande preoccupazione per tutti i nostri concittadini” aveva detto Le Maire questa mattina, prima della riunione, evidenziando che l’aumento dell’inflazione rappresenta “un rischio” per l’intera economia del Continente e “una questione politica importante in Francia, Italia, Spagna, Germania”.

Anche i personaggi politici di spicco non sono più indifferenti, inutile negare un problema che rischia di travolgere uno Stato.

Tuttavia perché sarebbe così preoccupante l’aumento dell’inflazione? Di che cosa stiamo parlando?

Definizione d’inflazione

In pratica si tratta di un aumento diffuso dei prezzi che rende inferiore il valore attuale di una valuta nel tempo.

Ovviamente aumenti e riduzioni di prezzo avvengono abbastanza normalmente, ma quando questi sono diffusi a più settori e nella maggior parte dei casi di lungo periodo, lì si parla d’inflazione. Uno dei nemici più ostici di una valuta nazionale.

Anche la BCE ne da una spiegazione esaustiva e tecnica:

“Si ha inflazione quando si registra un rincaro di ampia portata, che non si limita a singole voci di spesa. Questo significa che con un euro si possono acquistare oggi meno beni e servizi rispetto al passato. In altre parole, l’inflazione riduce il valore della moneta nel tempo.”

Molti Paesi riescono a tenerla a bada, ma più l’economia è sotto stress più è semplice che l’inflazione faccia capolino e non di rado crei scosse fastidiose e talvolta critiche all’interno dei nostri portafogli.

Se sottovalutata, infatti, può creare delle crisi senza precedenti capaci di rivoltare i governi e schiacciare i cittadini che, come sempre, sono coloro che più risentono del fastidioso fenomeno finanziario.

Perché sta aumentando l’inflazione?

In generale è pensiero comune che stampare più denaro possa facilitare il termine dell’alta inflazione, ma non è assolutamente così. Stampare denaro non fa crescere il valore che lo Stato possiede e produce, anzi serve solo ad aumentare il fenomeno.

L’aumento dei prezzi varia la sue cause a seconda del Paese che prendiamo come riferimento, ma ha quasi sempre cause comuni che si mescolano in questo cocktail assai insidioso.

CNBC scriveva:

“I prezzi al consumo continuano a salire mentre l’inflazione ha accelerato al suo ritmo più veloce dal 1982, trainata principalmente dal costo dell’energia, dei veicoli e del cibo.”

Gli economisti hanno attribuito l’aumento dei prezzi al consumo nell’ultimo anno anche ad altri fattori, tra cui interruzioni della catena di approvvigionamento, carenza di manodopera e un improvviso aumento della spesa dopo i diffusi blocchi durante la pandemia di COVID-19.

In Italia poi, visto che gran parte dei costi delle imprese e delle persone riguarda l’energia a livello globale, il prezzo del petrolio, del gas e dell’elettricità è stato molto importante per l’inflazione complessiva: metà del suo recente aumento è dovuto proprio all’aumento dei prezzi dell’energia.

Perché l’inflazione deve restare sotto il 2%?

Dal punto di vista economico/finanziario il valore medio attribuito a un’inflazione “gestibile” dalle banche centrali si è attestata quasi ovunque al 2%.

In una delle banche più influenti, come quella dell’Inghilterra si afferma proprio questo in virtù del bisogno di equilibrio che aziende e privati necessitano per la continuità delle loro finanze e attività. Su Bank of England si legge chiaramente:

“Per mantenere l’inflazione bassa e stabile, il governo ci fissa un obiettivo di inflazione del 2%. Questo aiuta tutti a pianificare il futuro. Se l’inflazione è troppo alta o si muove molto, è difficile per le aziende fissare i prezzi giusti e per le persone pianificare le proprie spese.”

Questa soglia è adottata da molte altre banche importanti come la Fed e la BCE, tuttavia si basa su costrutti passati e i tempi cambiano inesorabilmente.

La finanza e l’economia sono mutevoli, non possono restare invariate e non si può far finta che un’inflazione sotto il 2% sia per sempre possibile, anzi già negli ultimi anni stiamo cominciando a vedere quanto sia difficile con i mercati così dinamici e le crisi globali che attanagliano i Paesi di tutto il mondo per le più disparate ragioni.

Sostanzialmente si è scelto un parametro della salute dell’economia di una Nazione intorno al 2%, che, se superato, crea un panorama caotico e difficile da gestire come quello che stiamo vivendo, con prezzi in aumento e la gente che non regge i costi, mentre se diminuisce troppo va incontro al rischio di recessione.

Al momento attuale l’aumento eccessivo però potrebbe essere visto di buon occhio dall’Europa, anche se alcuni esempi estremi come quello della Turchia non permettono di esserne sicuri in alcun modo.

Quali rischi comporta l’inflazione?

In Europa si ha un debito non indifferente che spesso crea caos e sfiducia nei confronti del vecchio continente.

Ecco però perché l’inflazione non sembra spaventare troppo la presidente Christine Lagarde, spiegato in breve da Financialounge:

Un’inflazione vicino al 2% è inoltre favorevole per i paesi con elevati stock di debito, e quindi per l’Europa. Mentre la deflazione è molto negativa per l’Europa per lo stesso motivo. Infatti lo stock di debito pubblico accumulato dai paesi e da finanziare con nuove emissioni di titoli obbligazionari, è solitamente a prezzi costanti (resta quindi invariato nel tempo), mentre il calo del Prodotto Interno Lordo avviene a prezzi correnti, ovvero è composto da valori che vengono aggiornati con l’inflazione.”

Al momento attuale la presidente della BCE continua a promuovere una politica economica che non mira all’aumento dei tassi d’interesse sostenendo che la crescita inflazionistica avrà una battuta d’arresto prima del 2023, una mossa che forse si spera possa avere come effetto una riduzione del debito. Ma sarà davvero così?

Ricordiamoci che l’inflazione rende i nostri prezzi più cari all’estero, sfavorendo le esportazioni a favore delle importazioni. Tuttavia l’aumento energetico e di carburante, unito alla crisi pandemica, sta portando, particolarmente in Italia, all’impossibilità di riprendere una costante ripresa economica.

Non dimentichiamoci poi cosa sta succedendo in Paesi come la Turchia, dove l’inflazione a due cifre (ormai sopra il 36%) sta impoverendo pericolosamente la popolazione.

Ecco la dichiarazione cruda di Euronews:

“L’inflazione galoppante pesa sui portafogli dei turchi. Chi ce li ha, sta erodendo i suoi risparmi. Mentre la fila per il pane sovvenzionato a Istanbul mostra il volto dei nuovi poveri, in una città in cui il costo della vita è aumentato del 50 percento.”

Un pericolo estremo che l’Europa farebbe meglio a tenere a mente.

I mezzi per limitare l’inflazione

La domanda sorge spontanea: cosa si può fare per scongiurare il peggio?

Ciò che possono fare gli Stati è ridimensionare o aumentare gli stipendi o i prezzi per combattere il fenomeno, ma bisogna stare molto attenti al prezzo da pagare che potrebbe essere, per esempio, l’aumento dei licenziamenti e quindi della disoccupazione.

Si può, e in alcuni casi si deve, anche adottare una politica monetaria restrittiva per combattere l’inflazione riducendo l’offerta di moneta all’interno del Paese in questione attraverso la diminuzione dei prezzi delle obbligazioni e l’aumento dei tassi d’interesse.

L’aumento dei tassi in particolare può produrre una riduzione della liquidità che durante periodi come questi diventa una necessità, altrimenti continuare una politica come la nostra, basata su bassi tassi d’interesse, favorirebbe la spesa di denaro e altri tipi d’investimento che indurrebbero un aumento ulteriore dell’inflazione.

Oggi speriamo che la BCE faccia per bene i conti e che l’Italia riesca a ridurre questo 3.9% che preoccupa moltissimo le tasche degli italiani.

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