Le banche svizzere

Mentre il Credit Suisse riesce ancora a raccogliere capitali da privati, UBS è sull’orlo della bancarotta.

Mentre il Credit Suisse riesce ancora a raccogliere capitali da privati, UBS è sull’orlo della bancarotta, chiede aiuto al Governo della Confederazione elvetica ed alla Banca Centrale, la Banca Nazionale Svizzera.

Per salvare UBS il governo concede un prestito di 6 miliardi di franchi, mentre la Banca Nazionale Svizzera mette a disposizione 62 miliardi per permettere alla Banca di sgravarsi dai prodotti “tossici” risultanti dalle sue avventurose attività negli Stati Uniti.

No, non mi sono confuso, non ho scambiato Credit Suisse con UBS, è solo che mi riferivo al 2008.

Nel 2008 è accaduto questo, Credit Suisse era, considerato il momento, una Banca in salute, mentre UBS era ad un passo dal fallimento, ripeto fu salvata dal Governo e soprattutto da un intervento, per quei tempi colossale (62 miliardi di franchi svizzeri) operato dalla Banca Centrale.

Perché UBS arrivò sull’orlo del fallimento?

Semplicemente perché ha voluto cercare opportunità di guadagno negli Stati Uniti, ma raccontiamo tutta la storia, e partiamo dal 2007.

Inizia il 2007 ed UBS annuncia con orgoglio un utile record di 12,3 miliardi di franchi per l’esercizio precedente.

Una crescita semplicemente spettacolare del gigante bancario svizzero che non aveva neppure dieci anni di vita, UBS infatti aveva iniziato le sue attività nel giugno del 1998, in seguito alla fusione tra l’Unione di banche svizzere e la Società di banche svizzere.

Passa un solo anno, siamo così all’inizio del 2008, e la situazione è radicalmente cambiata, i dirigenti di UBS che un anno prima avevano annunciato i maggiori guadagni mai registrati, ossia 12,3 miliardi di franchi di utili, ora devono annunciare la peggiore perdita mai registrata.

In un solo anno, dai maggiori guadagni alla maggior perdita, capite lo shock.

Un disavanzo di 4,4 miliardi di franchi e 21,3 miliardi di ammortamenti per coprire i buchi di bilancio. A cosa erano dovuti quei buchi di bilancio? La risposta è lapidaria:

alla crisi dei mutui ipotecari negli Stati Uniti”.

Si scopre così che UBS è la Banca europea maggiormente coinvolta nel tracollo del mercato immobiliare americano. Da alcuni anni, i responsabili dell’istituto bancario si erano lasciati attirare dall’allettante mercato dell’Investment Banking.

UBS perde così più del 50% della propria capitalizzazione di Borsa, si rende necessaria una ricapitalizzazione, gli azionisti sono inferociti, servono 13 miliardi di franchi svizzeri.

Ma i 13 miliardi arrivano, per una parte da un anonimo investitore mediorientale, e per la parte più consistente arrivano da un fondo statale di Singapore, che diventa di colpo il maggiore azionista di UBS.

Finite le turbolenze? Con l’arrivo di quei soldi dal Medioriente e da Singapore le cose si rimettono a posto? Ma neanche per idea.

Termina il primo trimestre del 2008 e i dirigenti della Banca svizzera devono annunciare ancora brutte notizia ai propri azionisti, la Banca ha accumulato altre perdite per 12 miliardi di franchi svizzeri, e gli ammortamenti legati alla crisi americana dei mutui superano ormai i 40 miliardi.

Il Presidente del Consiglio di Amministrazione (Ospel) è costretto a dimettersi con ignominia, ma è lo stesso Ospel che negli anni precedenti, quando la Banca macinava utili record era stato osannato dagli stessi azionisti.

Via Ospel si risolvono i problemi per la Banca? Macché figurarsi se agli americani bastava aver ridotto sul lastrico una Banca europea, come lupi famelici si aizzano sulla preda e mettono in campo la loro arma più subdola e viscida: la giustizia.

UBS viene quindi incriminata dalle autorità fiscali e bancarie degli Stati Uniti che aprono una serie di inchieste nei confronti della banca elvetica, sospettata tra l’altro di aver aiutato migliaia di clienti ad evadere il fisco americano per una somma complessiva di 20 miliardi di dollari.

La solita storia nella quale gli americani sono maestri, mettere in campo la “giustizia” più ingiusta che ci sia sulla faccia della terra, quella degli Stati Uniti.

Ferita in maniera ipocrita l’immagine di UBS molti clienti abbandonano la grande banca, il deflusso di fondi in pochi mesi supera i 100 miliardi di franchi e la crisi del settore finanziario si acuisce ulteriormente.

In un clima di diffidenza generale, il mercato dei crediti interbancari si prosciuga quasi totalmente.

E, come dicevo all’inizio “Mentre il Credit Suisse riesce ancora a raccogliere capitali da privati, UBS è sull’orlo della bancarotta, chiede aiuto al Governo della Confederazione elvetica ed alla Banca Centrale, la Banca Nazionale Svizzera.

Per salvare UBS il governo concede un prestito di 6 miliardi di franchi, mentre la Banca Nazionale Svizzera mette a disposizione 62 miliardi per permettere alla Banca di sgravarsi dai prodotti “tossici” risultanti dalle sue avventurose attività negli Stati Uniti.

Il piano di salvataggio dell’UBS viene accettato in dicembre dal parlamento, UBS è troppo grande per fallire non ci sono alternative: un fallimento dell’istituto bancario, che gestisce tra l’altro i conti di quasi 130’000 piccole e medie aziende elvetiche, avrebbe conseguenze drammatiche per l’economia svizzera.

UBS riesce così a superare un anno, in cui anche i peggiori scenari sembravano possibili.

Ebbene a questo punto qual è il peccato più grande commesso da Credit Suisse in questi ultimi anni, beh, semplice, non aver capito la lezione.

La Banca svizzera è andata nuovamente ad infilarsi nelle fauci di quel branco di lupi che comandano la finanza oltreoceano ed hanno subito le stesse angherie, compreso le accuse della “giustizia” fra virgolette degli Stati Uniti che naturalmente è entrata in campo per dare il colpo di grazia a Credit Suisse.

Le solite accuse alla Banca Svizzera di detenere conti correnti intestati alle persone più spregevoli (come se le loro Banche avessero conti intestati solamente alle Suore Orsoline) dimostrano per l’ennesima volta che gli americani non cambiano mai.

Per questo occorre riconoscere che le nostre maggiori Banche, Unicredit ed Intesa, meritoriamente, si sono sempre tenute lontane da New York e da Wall Street, si sono tenute lontane anche dalla Grecia, certo erano fra le più esposte con l’Argentina, in particolare BNL per gli storici legami che da sempre abbiamo con il Paese sudamericano.

Ma insomma tornando alle banche svizzere, oggi l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS fa nascere un Istituto gigantesco per uno Stato come la Svizzera.

Ora UBS ha attivi che sono multipli dell’intero Pil della Svizzera, dovesse andare in crisi … veramente non ci sarebbero i margini per un salvataggio.

Le Banche “troppo grandi per fallire” potranno diventare il maggior problema per il sistema economico dell’Occidente.

Speriamo bene.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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