Provocazione di Putin: chiudo il gas all’Europa! Sarà vero?

La provocazione di Putin è tuonata potente, pochi giorni fa: chiudo i rubinetti del gas all'Europa! Sarà però vero? Corriamo davvero questo rischio?

Mala tempora currunt. L’espressione latina, figlia probabilmente di un adagio popolare poiché non ha attestazione presso alcun autore classico, è stata spesso abusata nel corso della storia moderna. La sua traduzione letterale è corrono tempi cattivi e, naturalmente, sta a significare come si stia attraversando un periodo non sereno.

Esattamente come quello in cui ci troviamo ora. Le bombe dell’Armata Russa sulla confinante Ucraina hanno riportato i venti di guerra in Europa, dove non eravamo più abituati a immagini di profughi e suoni di sirene di allerta da una trentina d’anni. In questo giovane 2022 però, da Kiev ci arrivano le stesse sensazioni che nei primi anni ’90 provenivano da Sarajevo.

Il burattinaio di questa orribile rappresentazione è lo zar Vladimir Putin, così innamorato del potere da non accontentarsi del suo ruolo di presidente all’infinito della Federazione Russa. A quanto sembra, infatti, ora vuole ricostruire l’Unione Sovietica, anch’essa un ricordo ultratrentennale. Quel che è peggio è che Putin non è solo un megalomane, bensì anche l’uomo che presiede i rubinetti energetici di tutta l’Unione Europea.

La minaccia di Putin: stop al gas e chiusura di Nord Stream 1

Le lapidarie parole sono di Alexander Novak, l’ombra di Putin in quanto Vicepresidente della Federazione Russa, in risposta agli annunci europei di un nuovo giro di sanzioni a danno della Russia e alle accuse unilaterali che i Paesi della UE – e quelli che ambiscono a entrare a farne parte – stanno rivolgendo al governo Putin negli ultimi 12 giorni, quelli che han fatto seguito alla decisione di invadere l’Ucraina.

Le parole di Novak sono state riportate nella giornata di lunedì 7 marzo dal Frankfurter Allgemeine Zeitung, quotidiano tedesco che segue da vicino la spinosa questione energetica che è di importanza capitale in questa guerra ma viene spesso messa in secondo piano dal momento che, com’è comprensibile, si dà priorità a raccontare la cronaca del conflitto e della sua evoluzione.

Il Nord Stream 1 è il gasdotto che introduce in Germania, e da lì in Europa, 60 miliardi di metri cubi di gas russo ogni 12 mesi. Dall’inizio degli scontri armati né Putin né nessuno dei suoi avevano mai esternato la possibilità di una chiusura arbitraria, sebbene molti analisti avessero più volte portato l’attenzione sul concreto rischio di questa ritorsione da parte della Russia.

Si può chiudere il gas a tutta Europa?

In realtà, lo stesso vice di Putin, contestualmente alle dichiarazioni rimbalzate dal Frankfurter Allgemeine, ha subito specificato che in Russia non stanno discutendo in queste ore se prendere o meno la decisione; ciò non toglie che il Paese si sentirebbe, sempre a detta di Novak, spinto in quella direzione dai politici europei e dalla stessa UE.

Il rischio, comunque, resta concreto. Il gasdotto Yamal, il quale collega, esattamente come il Nord Stream 1, Russia e Germania, è già stato chiuso e il suo flusso interrotto per mano russa. Attraverso lo Yamal passa circa il 10% delle forniture di gas che il Paese governato da Putin vende all’Europa. Parliamo di una infrastruttura sensibilmente meno importante del Nord Stream 1 ma per molti versi similare.

Il flusso di gas che percorre lo Yamal esce dalla Russia per poi attraversare la Polonia e giungere in Germania. la proprietà del vettore è di una società tedesca, Gascade, la quale è a tutti gli effetti l’operatrice del gasdotto. Ciò è però poco importante dal momento che non ha molto su cui operare ora che Gazprom, potente società monopolista russa, non sta più usando Yamal per convogliare gas in Europa.

I dotti utilizzati da Gazprom per rifornire il Vecchio Continente di gas sono 3 e Yamal è il meno significativo tra loro. Per spaventare Bruxelles appare logico tagliare questa connessione, che per quanto importante sia in pieno inverno non è certo fondamentale come Nord Stream. La domanda che dobbiamo porci è se sia possibile replicare questo comportamento con gli altri oleodotti.

Tra Gazprom e l’Unione Europea vi sono contratti in essere da tempo, i quali sono esosi per Bruxelles ma contengono anche penali importanti in caso di mancata – o incompleta – distribuzione del gas. Nel consiglio d’amministrazione della società russa siedono figure importanti della politica europea, tra tutte l’ex cancelliere tedesco, Gerhard Schröder.

Insomma, il legame tra Bruxelles e Gazprom appare solido, troppo per venire ignorato e divelto per ritorsione da Putin. Va però anche detto che non ci saremmo neppure aspettati che lo stesso novello zar attaccasse davvero l’Ucraina e poi l’ha fatto. A Putin va riconosciuta, se si può usare questo verbo, un’alta imprevedibilità.

La decisione di Biden e la possibile risposta di Putin

Il presidente americano Joe Biden ha fatto la sua mossa, annunciando durante la giornata di martedì 8 marzo il divieto per ogni impresa del suo Paese di importare petrolio e gas di provenienza russa. Nello stesso discorso alla nazione e al mondo, il presidente ha affermato che proporrà nuove sanzioni alla Russia, anche nel caso in cui gli alleati europei non fossero d’accordo.

Nel mirino degli States ci sarebbero principalmente le esportazioni di greggio e gas, sempre escluse finora dalle contromisure adottate dall’Occidente, il quale come sappiamo ha deciso di restare militarmente fuori dal conflitto ma di procedere con sanzioni e penalizzazioni economiche.

Sullo scacchiere geopolitico, la decisione del Presidente degli Stati Uniti risuona comunque come una azione offensiva nei confronti della Russia di Putin, con quest’ultimo che pochi giorni fa aveva minacciato ritorsioni in caso di nuove vessazioni economiche nei confronti del suo Paese. Alla luce di questa mossa statunitense, la risposta russa potrebbe coinvolgere proprio l’Europa per colpire la NATO.

Non a caso, infatti, il Ministro tedesco all’Economia, Robert Habeck, ha già lanciato un appello ai Paesi produttori di petrolio e membri dell’OPEC, chiedendo loro di aumentare la produzione per poter così sopperire a ogni eventuale decisione russa. Per dirlo con le parole di Habeck, all’Europa servirebbe un contributo di allentamento del mercato perché i prezzi dell’energia sono elevatissimi, come tutti ben sappiamo.

Ha affermato Habeck nel corso di una riunione tenuta a inizio settimana con i Ministri dell’Energia dei Länder tedeschi. Ciò significa che la UE è troppo dipendente dal flusso di materie prime energetiche proveniente dalla Federazione Russa per seguire Biden nella sua guerra del gas, nonostante si tratti del campo dove si può far più male a Putin senza affrontarlo militarmente.

L’Italia e il gas di Putin

All’interno di questa situazione tutt’altro che piacevole, con una guerra vicina al cuore dell’Europa e un mosaico di sanzioni incrociate che inevitabilmente rallenteranno la ripresa post-pandemica di tutto il Vecchio Continente, se non dell’intero pianeta, dov’è collocata l’Italia? Quanto male potrebbe fare al nostro Paese il ritorno della Guerra Fredda, che sarebbe forse meglio definire tiepida?

La situazione del nostro Paese non è certo serena. Se ciò vale per tutti i nostri vicini, noi siamo ancor più esposti. L’Italia – assieme alla Germania – è in assoluto uno dei Paesi europei maggiormente dipendenti dal flusso di gas ceduto da Gazprom. Oltre il 40% dell’energia che consumiamo lungo la penisola è di provenienza russa. Siamo chiaramente uno dei Paesi più legati a Mosca, all’interno di questo mercato.

Visti i recenti sviluppi, il ministro della Transizione Energetica, Roberto Cingolani, ha esternato, in conferenza stampa, di voler rendere il paese indipendente dall’importazione di gas il prima possibile, per rispettare gli obiettivi di transizione che ci ha dato l’Europa. Allo stato attuale, però, non è possibile staccare la spina all’import di gas dalla Russia o corriamo il rischio di restare al freddo già in queste settimane.

Cingolani si è detto sicuro del fatto che la Russia e Putin rispetteranno gli accordi presi con l’Italia e Bruxelles, evitando di chiudere i rubinetti del gas. Consideriamo che anche in questi giorni stiamo pagando Gazprom per l’energia e che, soltanto nella giornata di mercoledì 2 marzo, monitorata da Fanpage.it, abbiamo importato qualcosa come 700 milioni di euro di gas in un solo giorno.

Gli accordi sono in atto come se l’invasione dell’Ucraina non fosse mai avvenuta. Ogni anno l’Italia acquista 29 miliardi di metri cubi di gas dalla Federazione Russa. Non si tratta di una entrata che la Russia può perdere da un giorno all’altro. Non si tratta neppure di un fornitore di cui possiamo liberarci domani. Si stima infatti che per svincolarci completamente da Gazprom occorrerebbero tra i 24 e i 30 mesi. Almeno.

Non c’è una formula magica per sostituire la Russia come fornitore di energia ma sono allo studio diverse possibilità per sganciarci. Le missioni internazionali del Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di questi giorni hanno come primo punto, all’ordine del giorno, l’apertura di nuove rotte per acquistare il gas dal produttore.

La mano più forte, in questo inizio marzo piuttosto freddo, la ha Putin. È però davvero difficile pensare che, durante una guerra costosa in termini di vite e finanze come quella che la Russia ha deciso di iniziare, il Paese possa pensare di privarsi di entrate copiose come quelle derivanti dal mercato del gas.

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