Ritorno ai ristori? L'inflazione e la paura delle imprese

Il governo Draghi sceglie ristori selettivi, a favore dei settori più colpiti dalle restrizioni di Natale: turismo, eventi, trasporto privato. All'orizzonte non c'è per ora un ritorno ai ristori senza una valutazione caso per caso. Draghi non ha mai nascosto la propria contrarietà a sussidi "a pioggia", oggi più che mai col Pnrr. Alla fine si salveranno solo le imprese che contribuiranno alla crescita?

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Tra le imprese italiane la preoccupazione per la ripresa economica si rafforza. Una preoccupazione che lascia spazio alla incertezza, ora che la quarta ondata di Coronavirus rischia di creare il caos.

L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha pubblicato i nuovi dati sull’andamento dei prezzi al consumo. Anche a dicembre 2021 si è registrato un lieve aumento dello 0,4 per cento su base mensile e del 3,9 per cento su base annua. A novembre 2021 l’incremento era stato pari al 3,7 per cento. Segno che l’inflazione è un problema reale

Difficile fare delle previsioni a lungo termine. Certo è che almeno la Banca Centrale Europea (BCE) si è impegnata a mantenere una politica economica accomodante - anche se con qualche lieve modifica – nonostante il costante aumento del livello generale dei prezzi. 

A settembre 2021 il presidente della BCE, Christine Lagarde, aveva affermato che l’inflazione sarebbe stata “transitoria”. Per tutto il 2022, però, i paesi UE dovranno continuare a fare i conti con il rincaro dei prezzi la cui durata, secondo Lagarde, è destinata ad essere condizionata molto dal prezzo del gas e del petrolio. 

Proprio l'aumento del costo dei beni energetici preoccupa le imprese italiane, già provate dal lockdown del 2020, dalla crisi economica innescata dall’emergenza sanitaria e da tutte le incertezze che restano ancora salde attorno alla prospettiva della ripresa. 

L’Italia ha risposto meglio di altri paesi al Covid-19. È cresciuta di più in termini di Prodotto interno lordo negli ultimi mesi. Ed è riuscita anche ad aumentare la produttività del lavoro e l’occupazione, anche se il boom ha interessato solo i contratti a termine e la popolazione maschile. 

Con la variante Omicron cresce l’incertezza. E le imprese italiane chiedono al governo un ulteriore sforzo. Perché per raggiungere l’uscita del tunnel della pandemia sarà necessario altro tempo.  

Ritorno ai ristori? Prima, aiuti a famiglie povere e micro-imprese 

L’inflazione continua a preoccupare le imprese italiane che hanno chiesto al governo Mario Draghi di ipotizzare nuovi ristori. L’aumento dei beni energetici infatti rischia di limitare la produzione manifatturiera e i servizi. 

Optando per l’azzeramento degli oneri generali in bolletta e per la riduzione dell’IVA (-5 per cento) per il gas naturale, il governo Draghi ha scelto di proteggere dai rincari prima le famiglie più povere e le micro-imprese.  

Tra settembre e dicembre 2021 il costo del gas e dell’elettricità in bolletta è aumentato rispettivamente del 65 per cento e del 59,2 per cento, anche sotto l’influenza del prezzo dei permessi di emissione di CO2

Gli aiuti del governo Draghi consentiranno a 29 milioni di famiglie e a 6 milioni di micro-prese di risparmiare nei prossimi tre mesi sul riscaldamento e sulla elettricità.  

L’Italia ha già stanziato 3,8 miliardi di euro nella Finanziaria 2022: 1,8 miliardi servono a ridurre gli oneri generali di sistema per la elettricità mentre 480 milioni quelli per il gas. Infine, 912 milioni sono destinati ai bonus sociali. 

Draghi ha dato priorità ai nuclei che non percepiscono più di 8.265 euro l’anno o 20.000 euro se con tre figli. Queste famiglie troveranno i bonus accreditati in bolletta, avendo fatto richiesta dell’ISEE.

Una cintura di protezione che ha lo scopo di evitare che si creino o si aggravino sacche di povertà emerse dall’inizio della pandemia di Covid-19. 

Ritorno ai ristori, l’inflazione e la sua avanzata

Diversi fattori influenzano il prezzo del gas naturale, giunto a un più 500 per cento da gennaio a dicembre 2021 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e quello dell’energia elettrica con un più 400 per cento: 

  • L’aumento della domanda e dei consumi. I primi segnali della inflazione infatti sono emersi alla fine del 2020, con le riaperture delle attività economiche. Tale fattore ha fatto pensare che l’inflazione potesse essere “transitoria”. 
  • L’aumento del prezzo delle emissioni di CO2 gestito in Europa in base agli Emission Trading System o ETS.  
  • Le temperature che sono state inferiori alla media stagionale rispetto allo stesso periodo del 2020. 
  • Le tensioni con la Russia: il blocco del gasdotto Nord Stream Due e le forniture ridotte da parte di Mosca verso l’Europa. 
  • Il rallentamento delle fonti di energia rinnovabile, con l’incognita del nucleare. 
  • La scarsa offerta europea.  

Molti di questi fattori, per essere risolti, richiedono interventi di tipo politico anche a livello internazionale. Ad esempio, il ripristino delle forniture previste dal contratto UE-Russia che lega il prezzo dei beni energetici all’andamento del mercato. 

Pesa anche il no di Bruxelles sul gasdotto Nord Stream Due, perché i giacimenti presenti nel Vecchio Continente non vengono sfruttati. Resta una forte incertezza sulla strategia energetica UE

Si aggiunge anche la frenata sulle fonti rinnovabili che scontano ancora il limite dello stoccaggio, fondamentale per rispondere alle esigenze dell’industria europea e italiana.  

Infine, la tassazione sulla CO2 prodotta. Uno strumento a cui l’Unione europea non può rinunciare o ammorbidire perché è importante per realizzare gli obiettivi del Green Deal. Un punto che potrebbe presto generare tensioni tra Stati e imprese.  

Da una parte, infatti, l’UE penalizza i produttori che inquinano di più – questa tassazione colpisce in modo particolare carbone e petrolio - dall’altra, sono i consumatori (famiglie e imprese) che subiscono i contraccolpi economici di una transizione energetica che si rende sempre più urgente dinanzi al cambiamento climatico in atto. 

Serviranno allora politiche che accompagnino le imprese nel processo di transizione energetica, a partire da oggi. Così, l’uso delle risorse pubbliche - in termini di aiuti economici, agevolazioni e incentivi - andrebbe programmato considerando tutto il contesto. 

La risposta può essere il ritorno ai ristori? 

Ritorno ai ristori, le imprese tra fallimenti e chiusure

La Banca d’Italia ha provato a tracciare gli effetti negativi della pandemia di Covid-19 sulle imprese. Nel 2020, il Paese non ha prodotto ricchezza a causa delle restrizioni e del lungo lockdown imposto con la prima ondata. 

Un anno fa infatti il Prodotto interno lordo italiano ha registrato un fortissimo calo pari al 9 per cento. Un impoverimento generale del Paese che secondo la Banca d’Italia porterà entro il 2022 a circa 2,800 fallimenti

A questi potrebbero aggiungersi altri 3,700 fallimenti che non si sono verificati grazie agli interventi “cuscinetto” messi a punto dall’allora governo giallorosso. Bonus, ristori, prestiti a fondo perduto, moratorie sui prestiti. 

I provvedimenti a favore delle imprese italiane sono stati introdotti a marzo 2020 e non sono mai venuti meno fino al 31 dicembre 2021. Le stime della Banca d’Italia, pubblicate in una nota nel gennaio 2021, contenevano già una importante postilla. 

Le previsioni vanno interpretate con cautela...potrebbero essere sovrastimate se le misure di sostegno adottate e la intensità della ripresa economica saranno capaci di aiutare le imprese.

Le previsioni di Palazzo Koch infatti potrebbero rappresentare sia una sottostima sia una sovrastima dei fallimenti d’impresa nel nostro Paese. Era già chiaro allora che, stante il carattere eccezionale della crisi economica, tutto sarebbe dipeso dall’andamento della pandemia

L’Italia è arrivata ottimista a metà del 2021. Con un prodotto interno lordo superiore alle attese (+6,3 per cento), alla media UE e al Pil di altri paesi membri come Francia e Germania.

E i rischi per le imprese – di un loro indebitamento eccessivo o di eventuali shock - rimangono ancora fuori dal dibattito pubblico.

Il governo Draghi seguendo la rotta tracciata dal precedente governo ha confermato molti degli aiuti alle imprese introdotti per attutire gli effetti economici della pandemia.

Tra marzo e aprile 2021, l’attuale maggioranza ha destinato quasi 60 miliardi di euro in sostegni a favore delle imprese; 32 miliardi sono serviti per la Cassa Covid che ha permesso di salvare migliaia di posti di lavoro. 

In base ai dati disponibili, nei primi sei mesi del 2021 il numero dei fallimenti è rimasto contenuto. Il 13 per cento in meno del 2019. Sono state infatti circa 4667 le imprese che hanno portato i libri in Tribunale per chiudere l’attività, contro le 5380 tra gennaio e giugno 2019.  

Prendendo in considerazione i primi sei mesi del 2020, il calo delle dichiarazioni di fallimento è stato ancora più netto. In pieno lockdown mentre il governo aveva già iniziato ad erogare i primi ristori le dichiarazioni sono state “solo” 2924

Ritorno ai ristori? Solo per i settori colpiti dalle ultime restrizioni

Al Meeting di Rimini dello scorso anno, il presidente del Consiglio Draghi disse che prima o poi i sussidi sarebbero finiti. Riferendosi in modo particolare a una politica spregiudicata che dinanzi al Covid-19, elargendo soldi a pioggia, pretende di mantenere in vita imprese destinate comunque a soccombere.  

Draghi ha per ora escluso la possibilità di fare nuovo deficit. Soprattutto ora con la imminente elezione del Presidente della Repubblica, da cui dipenderà molto probabilmente anche la sopravvivenza dell'attuale governo. Al momento, quindi, Draghi è pronto ad intervenire, ma caso per caso.

Ristorando solo i settori, come turismo, trasporto privato, ristorazione ed eventi, che hanno subìto perdite a causa delle ultime restrizioni imposte durante le festività, stanziando circa due miliardi di euro.   

Il 5 gennaio scorso il Consiglio dei ministri ha approvato nuove misure per contenere l’epidemia di Covid-19. Tra i provvedimenti più contestati c’è l’obbligo vaccinale per i luoghi di lavoro e per gli over 50, fascia d’età dove resiste una sacca importante di persone che non si sono vaccinate.  

Ritorno ai ristori, il bilancio del 2020

Nel 2020, i ristori hanno contenuto la crisi. A suggerirlo è la fotografia scattata dalla Banca d’Italia: attraverso i prestiti e il fondo perduto, la maggior parte delle imprese italiane ha optato per ristrutturare i propri debiti, rinviando di fatto investimenti di medio e lungo periodo. 

I ristori "a pioggia" che hanno caratterizzato tutto il 2020 e una parte del 2021 hanno però aumentato l’indebitamento delle imprese italiane - il 43 per cento del totale per circa 81 miliardi di euro - e quello delle pubbliche amministrazioni.

La stragrande maggioranza delle aziende ha contratto nuovi debiti per finanziare “l’attività corrente” dinanzi a una “scarsa capacità di autofinanziamento”. 

Come sottolinea anche la Corte dei Conti, anche i Decreti Sostegni di Draghi, hanno destinato buona parte delle risorse pubbliche ad aiuti economici a favore delle imprese. 

In questo tipo di approccio, l'Italia è stata agevolata dalla decisione della Commissione UE di prorogare il cosiddetto meccanismo del Temporary Framework sugli aiuti di Stato lasciando ampio margine ai paesi di continuare con misure a sostegno delle imprese contro il Covid-19. 

La proroga valida fino al 30 giugno 2022 potrebbe non essere l’ultima e molto dipenderà anche dal Semestre francese, iniziato il 1° gennaio 2021, durante il quale l’Italia auspica per prima di portare a casa finalmente, dopo il Next Generation Eu, la revisione del Patto di Stabilità e Crescita.

Nella strategia della Commissione UE per ora i Paesi devono continuare a “fornire un sostegno, mirato e proporzionato alle imprese in difficoltà ma a condizione di preservare la parità di condizioni nel mercato unico”. 

Ad agosto 2020, Draghi mise in guardia sulla necessità di aiuti selettivi. Oggi questa visione è forse ancora più importante perché l’Italia si prepara ad attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che coinvolgerà tutti i settori economici. 

Il governo - qualunque esso sia dopo la partita del Quirinale - non può permettersi distrazioni. Né tantomeno di “regalare” per errore soldi pubblici ad aziende che non possono contribuire alla crescita

Il “Sussidistan” invocato lo scorso anno da Confindustria con disprezzo si è rivelato un "paradiso" per tante imprese. Per ripensarlo è necessario non fare né eccezioni né sconti a nessuno.

Ne va della crescita sana di un intero Paese.