Scontri alle proteste Covid in Belgio: la situazione Europea

Con l'aumento dei casi aumentano anche le tensioni. Proteste e manifestazioni contro le restrizioni e il Green Pass si fanno sentire anche in Belgio.

La polizia belga ha dovuto ricorrere agli idranti e cariche di gas lacrimogeno nel tentativo di disperdere i manifestanti a Bruxelles. Le proteste del 23 gennaio, infatti, hanno visto un’escalation di violenza inaspettata, i manifestanti si sono riuniti per criticare le decisioni del governo in materia di misure anti-Covid e vaccinazioni contro il virus.   

Come riportato da Euronews, molti manifestanti, tra cui alcuni provenienti anche da altri paesi europei, si sono rivelati infuriati per via delle certificazioni Covid richieste dal paese e altre restrizioni implementate nelle ultime settimane. Alcuni striscioni riportavano slogan contro il primo ministro belga Alexander De Croo così come altre frasi contro le restrizioni messe in atto.    

I dimostranti, che sembrano aver raggiunto la quota di 50mila secondo i dati presentati dalle autorità, hanno marciato attraverso la città prima di riunirsi in Cinquantenaire Park nel quartiere europeo della città dove hanno espresso la loro opposizione alle policy del governo riguardo la pandemia.

Il Belgio schiera la polizia  

La polizia antisommossa è stata schierata ed è stata costretta a intervenire alla fine per disperdere i manifestanti dopo che questi avevano ignorato le istruzioni date loro tramite megafono, ovvero che avrebbero dovuto terminare le proteste e lasciare il luogo.   

I camion della polizia muniti di idrante hanno sparato getti potenti contro i dimostranti mentre scie di gas lacrimogeno riempivano l’aria rendendo impossibile rimanere sul posto.  

Anche le finestre all’entrata dell’edificio del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) (European External Action Service – EEAS) sono andate in frantumi.   

Il corteo di domenica scorsa è stato solo parte di una serie di manifestazioni avvenute in altre capitali europee nel corso dello scorso finesettimana. Tutte hanno riunito migliaia di persone che volevano dire la loro riguardo i mandati vaccinali e altre restrizioni.   

Il green pass blega

Per molte settimane adesso le proteste sono andate avanti, alcune sono anche degenerate nella violenza. Il problema è il pass sanitario che costituirebbe la prova che il proprietario si sia sottoposto recentemente ad un test Covid o ad un ciclo vaccinale. Il pass è adesso necessario per accedere specialmente ai ristoranti e a eventi.    

Agli inizi di gennaio il primo ministro De Croo ha detto che era importante che il pass sanitario belga, denominato “Covid Safe Ticket“, rimanesse una “misura temporanea ed eccezionale”.   

Le condizioni per ottenere il pass sembra diverranno più ristrette, anche se per adesso rimangono meno severe di quelle richieste dalla Francia. Tuttavia, il parlamento belga ha intenzione di riunirsi per discutere se il pass sanitario dovrebbe diventare un “pass vaccinale” a tutti gli effetti, come è successo infatti nel suo vicino paese a ovest.    

Gi organizzatori della manifestazione di domenica scorsa, che contavano fra loro ranghi anche i movimenti World Wide Demonstration for Freedom e Europeans United for Freedom, avevano incoraggiato anche gli abitanti di altri paesi a partecipare alle proteste di Bruxelles. Bandiere olandesi, polacche e rumene infatti sono state avvistate nel corteo.    

“Ciò che è successo dal 2020 ha permesso alle persone di aprire gli occhi,” ha detto Francesca Fanara, che veniva da Lille nel nord della Francia, denunciando quella che lei ha voluto definire una “dittatura sanitaria”. Adolfo Barbosa, un partecipante proveniente dal Portogallo ha detto che “mi scalda il cuore vedere così tante persone qui”.  

La variante Omicron in Belgio

Le proteste sono però arrivate proprio quando il governo si stava per riunire per ridurre le restrizioni, nonostante l’imperversare della variante Omicron che ha fatto impennare i casi in tutta Europa. Omicron, infatti, è adesso dominante in tutta l’Unione Europea e nello Spazio Economico Europeo (SEE), come è stato reso noto dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) la settimana scorsa.    

Il Belgio ha visto un aumento dei casi nelle ultime settimane che ha superato i 60mila, le autorità lo hanno definito di uno “tsunami”. Ciononostante, gli effetti di Omicron, che sono meno gravi della ben più aggressiva variante Delta, hanno permesso il sistema sanitario nazionale di sfuggire alla pressione che era stata causata dal virus nelle ondate precedenti.   

Dei dati provenienti da Sciensano, l’Istituto scientifico per la sanità pubblica in Belgio, mostrano che le ospedalizzazioni sono aumentate fino ad arrivare al 39% in più nella settimana del 20 gennaio rispetto ai sette giorni precedenti, ma il numero di letti occupati nelle terapie intensive è invece diminuito del 10%. Nel frattempo, intorno ai due terzi della popolazione adulta hanno già ricevuto la dose di richiamo del vaccino.    

Con la pubblicazione di questi dati, le restrizioni sono state alleggerite. Il primo ministro ha infatti comunicato venerdì 21 gennaio che i ristoranti e i bar avrebbero potuto allungare nuovamente i loro orari di apertura, anche se le discoteche devono ancora rimanere chiuse.    

In Francia, il governo ha annunciato lo scorso giovedì che la maggior parte delle restrizioni legate alla pandemia verranno tolte durante il corso del mese di febbraio. Fra queste ci sono anche l’obbligo della mascherina negli spazi aperti e il lavoro da casa. Sarà poi possibile riaprire per nightclub e discoteche e il pubblico in piedi dei concerti sarà nuovamente ammesso.  

Le proteste precedenti in Belgio

Le proteste non sono però una novità, le parate di scettici del vaccino o di cittadini infuriati per le misure sanitarie imposte per via della crisi vanno avanti ormai da mesi. A dicembre 2021 il Guardian aveva già riportato lo svolgersi di manifestazioni, anche in Belgio.  

La polizia anche in quel caso aveva dovuto ricorrere agli idranti e al gas lacrimogeno per disperdere i manifestanti che si stavano opponendo alle misure di sicurezza contro la pandemia di Coronavirus.                                                                                                              

Almeno 8mila persone avevano marciato anche allora nelle strade della capitale Bruxelles. L’obiettivo erano le sedi dell’Unione Europea e si potevano sentire canti che inneggiavano alla “libertà” mentre petardi e fuochi d’artificio venivano fatti scoppiare.      

La folla di allora era decisamente di dimensioni ridotte rispetto a quella di oppositori al lockdown e al vaccino che aveva marciato a novembre. Le persone riunite infatti erano ben 35mila in quell’occasione e la polizia si era preparata più propriamente agli eventi che sarebbero seguiti.      

I manifestanti a dicembre erano stati bloccati prima che riuscissero a raggiungere la rotonda di fronte alle sedi dell’unione Europea. La polizia aveva infatti predisposto una barricata di filo spinato così come una linea di poliziotti in divisa antisommossa. Dato che due droni e un elicottero supervisionavano la situazione anche dall’alto, i dimostranti avevano lanciato oggetti e fuochi d’artificio per colpirli. La polizia aveva reagito.      

A mano a mano che la folla si disperdeva dividendosi in gruppi più piccoli intorno al quartiere Europeo, c’erano stati altri scontri, alcuni avevano anche dato fuoco a barricate di immondizia. La polizia aveva poi comunicato che quattro dimostranti e due agenti di polizia erano stati ospedalizzati a seguito dell’evento, e venti persone erano state arrestate.      

L’aumento delle proteste 

Le dimostrazioni sono aumentate negli ultimi mesi con l’aumentare dei casi, molti paesi europei hanno dovuto reagire implementando restrizioni e misure ulteriori e questo ha risvegliato il malumore di coloro che già non approvavano le decisioni venute dall’alto.      

Le misure che hanno creato così tanto scompiglio sono quelle dell’utilizzo della mascherina, i lockdown e l’introduzione delle certificazioni vaccinali. Il tutto è stato però alimentato anche da una serie di teorie del complotto condivise.                                                     

Il disagio è arrivato poi all’esagerazione quando sono stati avvistati fra la folla striscioni che comparavano lo stigma contro i no-vax con le stelle gialle che gli ebrei erano stati costretti a indossare ai tempi della Germania nazista.        

Sembrerebbe proprio che alcuni dei manifestanti siano stati convinti da infondate teorie del complotto. Alcuni striscioni, infatti, dicevano “Covid = genocidio organizzato” e “Il QR code è la nuova svastica,” riferendosi al codice presente sui certificati Covid digitali.       

Anche dei vigili del fuoco fuori servizio hanno marciato in testa alle proteste mentre queste si facevano strada lungo i viali della capitale belga, richiedendo il diritto di rifiutare il vaccino.      

La rabbia contro l’Unione europea

Le misure imposte dal Belgio per combattere la diffusione del coronavirus sono state decise dai governi regionali e nazionali del paese stesso; tuttavia, anche l’Unione Europea è entrata nell’occhio del ciclone, attraendo la rabbia di molti dei manifestanti.        

Il presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, aveva detto a dicembre che, a parer suo, era il momento di cominciare a “pensare ad una vaccinazione obbligatoria”, un suggerimento che è stato denunciato dai portavoce della protesta.       

Il primo ministro Alexander de Croo aveva poco dopo annunciato una serie di misure restrittive legate soprattutto alle scuole, prolungando le vacanze natalizie e chiedendo ai bambini dai sei anni in su di indossare la mascherina. Il Belgio, infatti, che ha una popolazione di 11 milioni, aveva registrato al tempo una media di più di 17’800 infezioni al giorno.                                                                                                                          

Intorno alle 800 persone con una forma grave della malattia si trovavano allora nelle terapie intensive degli ospedali del paese, che aveva portato ad un sovrappopolamento dei reparti e una posticipazione del trattamento di molte altre condizioni.  

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