2022: Le pensioni aumentano, ma in che senso?

Dopo mesi di incertezza e sacrifici, sembra arrivare una bella notizia! Grazie alla ripresa economica, con l'inizio del 2022 l'ipotesi che sta diventando realtà è che le pensioni aumenteranno! Che sia per l'inflazione o per la ripresa economica, i pensionati dovranno ringraziare se e quando troveranno fino a 300 euro in più nei loro conti ogni mese. Ma come funzionerà e varrà per tutti? Non è tutto oro quello che luccica e anche se le previsioni sono positive, bisogna aspettare di vedere se tutto andrà come ipotizzato.

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Il 2020 e il 2021 non sono stati anni facili per nessuno. L'economia in periodo Covid19 ha avuto uno shock incredibile ma sembra vedersi la luce alla fine del tunnel.

Dopo tutti i Bonus che sono stati varati negli ultimi mesi, soprattutto dal Governo Draghi, adesso sembra si stia passando a veri e propri aumenti, a partire dalle pensioni!

Proprio i pensionati vedranno nei loro conti un aumento già nel 2022 ma non per tutti sarà una bella notizia.

Vediamo insieme in cosa consiste questo aumento e chi saranno i più fortunati a poterne godere.

Perchè queste pensioni aumentano?

Era inaspettato: dopo due anni di economia al collasso, tra chiusure forzate, Bonus, redditi di emergenza, pensare che si potesse avere un aumento delle pensioni sembra quasi una favoletta.

In realtà già da Gennaio 2022 questa magica favoletta potrebbe essere realtà, almeno sulla carta.

Cosa ha portato ad una decisione simile?

L'economia italiana, negli ultimi mesi, sta avendo un cambiamento notevole, sicuramente legato alle riaperture e a tutte le misure di aiuto stanziate dal Governo. Bar, negozi, ristoranti e attività varie hanno potuto riprendere il loro lavoro in sicurezza e questo ha sicuramente portato a far circolare di nuovo più denaro ma non siamo ancora alla situazione del pre Covid 19.

Tra i principali attori di questa novità nel 2022 c'è l'aumentato costo della vita, risultato non solo delle chiusure precedenti ma dimensione assolutamente inevitabili per la ripresa economica.

Secondo l'avvocato Celeste Collovati, in una intervista al Giornale infatti

"Nel 2021 le pensioni non sono state rivalutate perchè l'inflazione prevista in via provvisoria per il 2020 era negativa. Nel 2022, si presume salirà anche perchè il tasso del costo della vita sarà al 1,5%. La quantificazione dell'aumento come rivalutazione dipende dal metodo che il governo deciderà di seguire per la perequazione.....L'importante è che il foverno rispetti quanto negli ultimi 7 anni è stato, a chiare lettere, chiarito dalla Corte costituzionale, ovvero che se anche per motivi di deficit economici si debba ricorrere a blocchi della rivalutazione, quest debbano essere di breve durata, occasionali..."

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa ci dice l'avvocato Collovati.

Prima di tutto, dobbiamo dire che le pensioni, in un sistema normale, dovrebbero crescere in base anche al continuo cambiamento dello stile di vita. Dall'introduzione dell'euro tutti ci siamo accorti di come ogni bene ha avuto una crescita continua nel costo, dalla benzina, ai beni di prima necessità. Il potere di acquisto degli Italiani ha visto più volte delle disparità di anno in anno, disparità accentuate anche tra nord e sud, con beneficio di chi vive al sud in cui il costo della vita è più basso.

"L'area geografica in cui mensilmente una famiglia tipo spende di più è il Nord-Ovest (2.875 euro al mese), seguita dal Nord-est (2.843 euro) e Sud (2.071 euro). Sotto i 2.000 euro al mese solo le Isole (1.983 euro) che staccano dal Nord dello stivale di poco meno di 900 euro al mese, il 45% in più in termini relativi"

Questo era un discorso che nel periodo pre Covid 19 era più evidente, poichè il Covid ha diminuito anche questo divario.

Per quanto invece riguarda l'inflazione: si parla di inflazione di una crescita generalizzata e continuativa dei prezzi nel tempo. Risulta quindi un indicatore fondamentale del potere di acquisto delle famiglie italiane, oltre che dell'andamento generale dell'economia e della politica tutta, oltre che del lavoro delle banche centrali.

Capiamo quindi che, in una situazione economica buona, l'inflazione non deve crescere e il costo della vita neanche. 

Purtroppo questo negli ultimi anni non è avvenuto e si sono avvicendate varie politiche economiche che hanno bloccato gli aumenti delle pensioni per cercare di appianare il debito pubblico. Un esempio è l'operato del Premier Monti che aveva deciso di bloccare le rivalutazioni anche delle pensioni più basse, quelle circa 3 volte il minimo INPS. Ciò non ha risolto il problema del debito pubblica ma ha piuttosto portato ad una serie di azioni depositate in centinaia di tribunali come ricorsi per incostituzionalità.

Come infatti abbiamo letto nell'estratto dell'avvocato Collovati, si può ricorrere a blocchi di breve durata e occasionali, cosa non ritenuta invece corretta nella mossa del Premier Monti.

Adesso parliamo della scelta del Governo in merito al metodo da applicare per aumentare le pensioni e della perequazione.

In generale il termine perequazione sta ad indicare in diritto un'azione o un atto che serva ad appianare le differenze e le discriminazioni, per sanare eventuali svantaggi subiti.

Nell'ambito delle pensioni, la perequazione fa riferimento ad una mossa di 22,8 milioni di assegni previdenziali in base all'inflazione.

Si stima ci vorranno almeno 4 miliardi di euro per questa manovra

Il problema rimane nella scelta del metodo di assegnazione di tali soldi.

Cosa sappiamo oggi sul metodo di rivalutazione delle pensioni?

Per capire cosa il Governo Draghi sceglierà di fare, bisogna tornare alla fine degli anni '90 e al Governo Prodi.

Infatti l'allora Premier Prodi introdusse un meccanismo detto a tre scaglioni. Successivamente al blocco già citato del Premier Monti, fu introdotto solo nel 2014 un meccanismo di rivalutazione col Governo Letta che risultò ancor meno favorevole rispetto a quello di Prodi visto l'aumento degli scaglioni da tre a cinque. Nonostante si è parlato di un ritorno al metodo Prodi, col primo Governo Conte, furono introdotte sette fasce col il decreto 4/2019, diventate poi sei con la successiva Legge di Bilancio.

Insomma un caos per i pensionati!

Analizzando solo il meccanismo Prodi, esso prevedeva

  • La perequazione piena, cioè del 100% quando la pensione era meno di 4 volte la pensione minima.
  • La perequazione al 90% tra le quattro e le cinque volte il minimo
  • La perequazione al 75% sopra le cinque volte il minimo.

Il metodo in vigore fino alla fine del 2021 invece prevede una perequazione dal 100% fino al 40% andando ad includere tutte quelle pensioni che arrivavano anche oltre nove volte il minimo.

Questo metodo è sicuramente più restrittivo rispetto a quello Prodi, poichè col precedente anche le pensioni più ricche rientravano nel 75% mentre con l'attuale rientrano nel 40%.

Si ipotizza che per rendere quanto più equo il processo di perequazione, si possa tornare al sistema Prodi che andrebbe ad aiutare un maggior numero di italiani, ma questo sarà confermato o no solo con la Nuova Legge di Bilancio 2022.

Se tutto dovesse ritornare come la famosa Legge Prodi, dal 2022 si tornerebbe ai 3 scaglioni che però costerebbero molto di più del metodo a fasce. Si parla di "solo"3,9 milioni contro i 4,4 milioni.

In ogni caso meglio non illudersi. Qualsiasi metodo verrà scelto, non verrà applicato prima di primavera.

Facendo un esempio pratico, se dovesse effettivamente essere confermato quel che è stato ipotizzato, un pensionato che percepisce una pensione di 1500 euro, 3 volte circa la pensione minima INPS, avrebbe un aumento di circa 300 euro, circa 25 euro al mese extra lordi.

Ma l'Italia può sostenere tutti i pensionati?

Questa novità, accolta con entusiasmo dalla popolazione pensionata, potrebbe aiutare tanti italiani in difficoltà ma andare anche a gravare sul bilancio di Stato a discapito ancora di chi lavora.

Ricordiamo infatti che l'Italia è un paese anziano.

Si stima che nel 1951 c'erano meno di un anziano per ogni bambino, oggi ce ne sono 5.

Tra le difficoltà di mettere su famiglia e l'aumento dell'aspettativa di vita, l'Italia sta mantenendo un numero di anziani non gestibile con la forza lavoro giovane attualmente impiegata. I giovani entrano nel mondo del lavoro sempre più tardi, sia perchè a differenza del passato scelgono di proseguire gli studi fino ai più alti livelli, sia perchè le opportunità di lavoro sono poche e spesso sono costretti ad emigrare e portare le loro capacità all'estero.

Secondo alcune stime dell'Ocse, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nel 2050 il numero di pensionati potrebbe superare quello dei lavoratori, cioè dela parte giovane della società ancora abile al lavoro.

Cosa vuol dire? 

Semplicemente che le pensioni da pagare aumenteranno, ma non ci sarà chi lavora per poter sostenere tutte queste pensioni.

In parole povere, l'Italia dovrebbe iniziare a sostenere i giovani per aumentare la natalità poichè in un paese così anziano come quello ipotizzato dall'OCSE, le pensioni dovranno necessariamente essere abbassate ma i consumi aumenteranno e il meccanismo non sarà più sostenibile.

Già col passaggio da metodo retributivo a contributivo, le pensioni hanno avuto una fortissima perdita, poichè statisticamente i pensionati con metodo retributivo sono più "ricchi" di quelli in contributivo, con questa prospettiva dell'OCSE, il punto di collasso sembra essere più vicino del previsto.

Del resto, anche gli stipendi hanno subito uno stop degli aumenti per cercare di appianare il debito pubblico, in particolare a soffrire di questo disagio sono stati i dipendenti pubblici del comparto scuola.

Nulla però si è detto di un aumento per i lavoratori, aumento che aiuterebbe di molto l'economia.

Ma forse la vera rivoluzione per l'economia che potrebbe evitare l'avverarsi della previsione dell'OCSE per il 2050 è quella di aumentare le opportunità lavorative, dando così la possibilità ai giovani di non essere costretti a lasciare l'Italia in cerca di fortuna. 

Puntare sui pensionati o sui giovani lavoratori?

In una situazione utopica, non si dovrebbe scegliere, ma attualmente, quasi alla fine del tunnel di una pandemia mondiale, ci troviamo in una situazione tutt'altro che utopica e le scelte del Governo sembrano sempre più improntate ad aiutare gli anziani piuttosto che i Giovani.

Riponiamo fiducia nel Governo Draghi o nei prossimi che verranno, affinchè possano pensare a come aiutare anche i più giovani a trovare posti di lavoro dignitosi e consoni alle loro conoscenze.

Uno stato che forma i propri giovani dovrebbe puntare a tenerli a casa, aiutandoli nel loro ingresso nel mondo lavorativo affinchè possano per far crescere l'economia.