Donne e lavoro: misure per la parità di genere! Le ultime!

Le donne sul lavoro, a parità di mansioni svolte, si trovano in una situazione maggiormente svantaggiata rispetto agli uomini. Ma davvero non si potrà mai raggiungere la parità di genere? Questo è un pensiero ormai molto diffuso. Ma ci sono degli aiuti? La risposta è sì. Vieni a scoprire le misure per la parità di genere qui!

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Le donne sul lavoro, a parità di mansioni svolte, si trovano in una situazione maggiormente svantaggiata rispetto agli uomini. 

Ma davvero non si potrà mai raggiungere la parità di genere? Questa è una delle domande che risuona con maggiore frequenza nella mente di molte donne che, si sentono trattate in maniera differente rispetto ai colleghi uomini.  

Attenzione: per evitare fraintendimenti, non si tratta solo di un pregiudizio (o del famoso sesto senso femminile) ma è proprio quello che accade oggi nel mondo del lavoro.

Questa è una delle motivazioni per le quali il numero di NEET, ossia di giovani di età compresa tra i 15 ed i 34 anni che non studiano e non lavorano, vede in maggioranza le donne. 

Spesso, queste sono demotivate dalle dure condizioni che devono affrontare nel mondo del lavoro, che perdono addirittura le speranze riposte in esso. 

Eppure, il Governo Draghi, l’Unione Europea, così come molte altre associazioni private, si sono posti l’obiettivo di diminuire le discriminazioni legate al genere sul mondo del lavoro. 

Condizioni più eque per tutti, in modo da garantire la parità di genere, che spesso sembra davvero irraggiungibile. 

Ma quali sono le ultime novità relative al mondo del lavoro per quanto riguarda l’universo femminile? Andiamo a scoprirlo nel dettaglio in questo articolo!

Donne e lavoro: quali sono le loro condizioni! 

Dopo aver sentito l’intervista rilasciata dall’imprenditrice Elisabetta Franchi, si è innalzato un vero e proprio polverone che riguardava le donne ed il mondo del lavoro. 

Insomma, affermare che le donne, specie se giovani ed in età fertile, rappresentano un problema per l’azienda va contro l’opinione pubblica, giustamente. 

Insomma, come avremo capito anche dalle parole della Franchi, le donne devono sempre fare i conti con le numerose sfide nel mercato del lavoro, ma anche con la cura ed il mantenimento della famiglia.  

Eppure, sembrava essere superata l’idea arcaica che la donna dovesse solo occuparsi della casa e della famiglia, senza poter avere una sua indipendenza economica. 

Effettivamente, non siamo ancora alla situazione che pensavamo di aver raggiunto. Infatti, la donna viene spesso penalizzata nel mondo del lavoro.

Tutto questo ha portato anche ad un tasso di natalità estremamente basso, ma non solo. 

Secondo quanto si evince dai dati riportati dal report di Save The Children, solo un contratto indeterminato su 10 viene riservato alle donne. 

Oltre a questo si aggiunge una grande percentuale di donne che decidono di dimettersi da loro posto di lavoro dopo essere diventate madri, in quanto non riescono a gestire la famiglia e la carriera insieme. 

Questo cosa vuol dire? Beh, molto semplicemente tale dato dovrebbe farci aprire gli occhi sulla situazione delle donne madri nel mondo del lavoro. 

Una condizione non incentivata dalle politiche sociali, che porta le donne a scegliere tra lavoro e famiglia, quando in realtà le due possibilità dovrebbero coesistere. 

Donne sul lavoro: resta alto il numero delle dimissioni! Ecco i dati!

Per capire cosa intendiamo quando parliamo delle dimissioni delle donne che hanno dato alla luce un figlio, dobbiamo rifarci ad un rapporto pubblicato dall’Ispettorato del Lavoro.  

Insomma, come abbiamo affermato anche riguardo al numero dei NEET, anche quando si parla di disoccupazione in età avanzata, sono le donne a far registrare i tassi maggiori. 

Le motivazioni?  Sicuramente una di queste risiede nell’impossibilità di conciliare la famiglia con il lavoro, situazione che rende le donne inermi di fronte ad una scelta che, in un Paese civile non dovrebbe nemmeno essere un pensiero. 

Ma quindi, quali sono stati i dati circa le dimissioni delle donne che sono stati registrati dall’Ispettorato del lavoro?

Ebbene, devi sapere che la maggior parte delle dimissioni che si sono registrate nel corso degli anni passati ha riguardato perlopiù gli uomini, con una percentuale del 55%. 

Tuttavia, se andiamo a studiare più nel dettaglio tutto ciò che riguarda i dati relativi alle donne, capiamo subito che la maggior parte di coloro che ha rassegnato le dimissioni è madre. 

Insomma, la percentuale di madri (o neo mamme) che sono uscite dal mondo del lavoro nel 2019 è del 72,9% sul totale delle donne.

Dunque, possiamo constatare che si tratta di un numero davvero rilevante che rappresenta una chiara denuncia a come viene gestita la maternità nel mondo del lavoro.  

Se si procede ad un’analisi più specifica circa le dimissioni volontarie di uomini e donne che hanno appena avuto un figlio (quindi facciamo riferimento a bambini nella fascia di età tra 0 e 3 anni), le percentuali sono davvero preoccupanti. 

Infatti, il 77,4% fa riferimento alle madri, mentre il 22,6% ai padri. 

Inoltre, quando si guardano i dati delle donne occupate, invece, vediamo un’ulteriore conferma. Infatti, ad avere un lavoro sono perlopiù le donne senza figli.

La disparità di genere sul mondo del lavoro: si potrà ottenere la parità?

Secondo quanto afferma l’articolo numero 37 della Costituzione italiana, la donna lavoratrice ha, a parità di lavoro, gli stessi diritti dell’uomo lavoratore, compresa la retribuzione. 

Eppure, come ben sappiamo, questo è scritto sulla Costituzione ma, nella maggior parte dei casi, non avviene. 

Insomma, in Italia (e non solo) le condizioni lavorative delle donne sono nettamente differenti rispetto a quelle riservate per i colleghi di sesso maschile. Questo vuol dire che il divario di genere, anche chiamato gender gap, è ancora lontano dall’essere colmato. 

Tutto questo porta le donne ad avere maggiori difficoltà negli avanzamenti di carriera, ma anche all’impossibilità di avere lo stesso trattamento economico. 

Ma a quanto ammonta il gender gap sullo stipendio? Se andiamo a guardare i dati relativi al nostro Paese, vediamo che in media le donne guadagnano (a parità di lavoro) il 12% in meno rispetto ai colleghi uomini. 

Tutto questo si traduce in molte problematiche che minano l’uguaglianza di genere in Italia, come l’accesso a part-time involontari, la discontinuità di carriera e l’impossibilità di raggiungere importanti posizioni al vertice delle aziende. 

La disparità delle donne sul mondo del lavoro si traduce anche in altre problematiche che le aziende devono necessariamente affrontare. 

Quali? Beh, capacità inespresse, insicurezza, condizioni economiche precarie ed una minore produttività. 

Tutto questo necessita di un importante aiuto da parte del Governo e dei diversi Stati, ma spesso tutto ciò non basta. 

Infatti, per ottenere davvero la parità di genere sul mondo del lavoro (e nella vita) servirebbe un cambio di paradigma nelle nostre menti. 

Tali cambiamenti richiedono moltissimo tempo, ma come facciamo a sapere se stiamo andando nella direzione giusta? Andiamo a scoprirlo nel prossimo paragrafo. 

Il PNRR dalla parte della parità di genere: le possibilità per le donne!

Come sappiamo, l’Italia ha aderito ai fondi del PNRR per il raggiungimento di alcuni obiettivi strategici. Ebbene, tra questi vi è anche il contrasto delle disuguaglianze di genere. 

Attualmente il nostro Paese si trova al 14esimo posto sui 27 dell’Unione Europea per quanto concerne l’uguaglianza di genere. 

Sebbene, ci troviamo circa a metà della classifica, questo resta comunque un dato che deve destare molta preoccupazione. 

Ma come il PNRR potrà supportare la parità di genere? Ebbene, solo 4 interventi su 34 hanno come obiettivo l’abbattimento delle differenze di genere. Una grande sproporzione, che però può essere anche vista come un inizio per arrivare, piano piano, a quel cambio di paradigma del quale abbiamo parlato precedentemente. 

Anche perché, sebbene ci troviamo al 14esimo posto sui 27 per uguaglianza di genere, siamo penultimi per quanto riguarda l’occupazione femminile. 

Che le misure del PNRR possano essere un primo punto di svolta? Purtroppo è presto per dirlo.