Draghi: nuovo DPCM e faccia faccia con Salvini

Continua l’acceso dibattito tra Mario Draghi e i Ministri ed esperti del CTS in merito alla situazione del COVID-19 in Italia, l’ultima novità sulla questione riguarda i DPCM del governo Conte, che vengono definitivamente messi da parte in favore di una filiera più tradizionale.

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Da questo momento in poi tornano centrali nella macchina politica i decreti legge, provvedimenti che prima di entrare in vigore possono essere discussi e modificati in Parlamento. Tuttavia la preoccupazione per le nuove varianti del COVID 19, che continuano a preoccupare grandemente il comitato tecnico scientifico del ministero della salute, rimangono valide le strategie finora utilizzate dal governo Conte, ovvero quelle che riguardano blocchi e chiusure per evitare l’aumento della curva dei contagi e scongiurare la tanto temuta terza ondata pandemica di cui molto si parla in queste settimane.

Un cambio di passo, seppur minimo, però sembra esserci stato e ora invece di far cambiare colore alla totalità delle regioni si guarda al singolo comune, particolarmente emblematico il caso della provincia di Brescia, da ieri in zona arancione per via dell’alta incidenza dei contagi, ma non è il solo caso. In molti comuni lungo tutto lo stivale la sensazione che si respira è quella di essere tornati all’inizio della prima ondata e la paura rimane quella di una nuova quarantena dura come successo per lo scorso marzo, possibilità che graverebbe in modo ancora più pesante sulle tasche degli italiani.

Le scelte di Draghi

Il clima quindi è teso, e la scelta finale di Draghi sarà decisiva in tal senso: il premier opterà per un lockdown generalizzato in attesa delle nuove dosi di vaccino o troverà nuovi metodi per convivere con il virus, cercando contemporaneamente di salvare quanto più possibile le attività produttive del paese?

Difficile stabilirlo allo stato dell’arte, il super banchiere si è installato da pochi giorni, e per prendere una decisione tanto impattante c’è bisogno di tempo. Non aiuta in questo senso il fatto che nella maggioranza politica che sostiene l’esecutivo Draghi sono presenti forti posizioni verso entrambe le opzioni, tra chi invoca una riapertura veloce di locali e centri sportivi e che invece è convinto che serva un lockdown per scoraggiare la variante inglese, sudafricana e brasiliana.

Il problema girerebbe intorno alla scarsa disponibilità dei vaccini, che renderebbe insostenibile l’idea di una nuova corsa ai ripari tramite una quarantena forzata. Astrazeneca d’altronde ha fatto sapere che consegnerà metà delle dosi previste all’Unione Europea per i prossimi tre mesi e, sebbene Draghi voglia spostare la produzione del vaccino in Italia, nel breve termine c’è poco da fare per quanto riguarda la vaccinazione di massa che, per forza di cose, procederà a rilento per almeno tre mesi a questa parte.

A volere particolarmente una riapertura delle attività produttive italiane legate allo sport e alla ristorazione è Matteo Salvini, leader della Lega, che oggi è stato convocato da Draghi per un colloquio di circa mezzora. Tanti gli argomenti toccati, ma l’ordine del giorno non sembra aver incluso lo spinoso argomento sottosegretari, come specifica Salvini stesso:

“Sarebbe banale parlarne. Siamo pronti anche oggi. Noi abbiamo le idee chiare, i nostri ministri sono già al lavoro. Spero che tutti forniscano i nomi attesi perché, per quanto mi riguarda, da domattina la squadra di governo può e deve essere assolutamente completa”.

L’argomento principale che si è toccato sembra riguardare invece la gestione della questione sanitaria e l’accordo trovato pare confermare l’istituzione di zone colorate “a macchia di leopardo” per confinare i comuni più a rischio:

“Abbiamo parlato di riaperture. Noi siamo per la tutela della salute, ma con interventi mirati e in questo c’è sintonia con il presidente Draghi e son contento (…) se c’è un problema a Brescia si interviene in provincia di Brescia, non fai un lockdown nazionale da Bolzano a Catania (…) chiusure mirate, a differenza di quello che accadeva qualche mese dove si apriva o chiudeva tutto. E poi un ritorno alla vita”.

Nonostante Salvini si sia detto favorevole a questo compromesso, non nasconde una certa voglia di cambiamento e sottolinea come delle norme che consentano ai ristoratori di aprire anche alla sera siano orami una semplice questione di buon senso, ovviamente in conformità con la messa in sicurezza delle attività per quanto riguarda il distanziamento sociale garantito.

Speranza invita alla calma

Sotto questo profilo in particolare le volontà all’interno della maggioranza sono fortemente discordanti. Tutto l’ambiente rigorista non ha dubbi nel dire che una riapertura dei ristoranti, in questo momento, non porterebbe a nulla di buono, con un aumento drastico dei contagi come risultato finale. Di tutt’altro avviso sono il ministro per Politiche Agricole Stefano Patuanelli e il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, il primo che evidenzia come una grande percentuale di operatori del settore si trovino in forte difficoltà, come i produttori di vino, e il secondo che dichiara:

“È ragionevole il discorso di Salvini quando dice di introdurre una maggiore flessbilità per alcune categorie, laddove i rischi sono minori. Ad esempio, i ristoranti la sera, nelle città dove le cose vanno meglio”.

Intanto però i contagi che si possono ricondurre alla variante inglese del COVID-19 continuano a salire, e attualmente oltre il 30% dei contagiati è dovuta proprio a questa forma, destinata a diventare predominante entro marzo. Non a caso il ministro Speranza e i suoi tecnici hanno spento gli entusiasmi per quanto riguarda le aperture imminenti: l’idea è quella di rimandare quanto più possibile il liberi tutti per scongiurare la terza ondata, che visti i numeri causati dalle varianti non sembra un’ipotesi tanto remota. Lapidarie le parole del ministro della salute:

“Non ci sono le condizioni epidemiologiche per abbassare le misure di contrasto alla pandemia, siamo all'ultimo miglio e non possiamo abbassare la guardia (…) la presenza delle varianti condizionerà l'epidemia: la variante inglese è presente nel 17,8% dei casi e sarà presto prevalente e la sua maggiore diffusione rende indispensabile alzare il livello di guardia, ma fortunatamente non compromette efficacia dei vaccini”.

Decreto ministeriale in arrivo

In ogni modo, stando alle prime indiscrezioni, il primo decreto ministeriale del governo Draghi dovrebbe rivedere i criteri che fino a questo momento hanno decretato l’entrata di una regione in zona gialla, arancione e rossa, con gli annunci del cambio di colore che arriveranno di lunedì invece che di venerdì, e quindi garantendo più anticipo rispetto al passato.

Qualora la situazione si aggravasse, però, Draghi non scarta del tutto l’idea di tornare ad un lockdown totale come misura estrema, d’altronde le varianti potrebbero facilmente indurre il neo insediato premier ad un completo cambio di rotta. Oltre alla provincia di Brescia, che abbiamo menzionato in apertura, a ricadere nelle attuali zone arancioni ci otto comuni del bergamasco e del cremonese. Inoltre sono arancioni la Sicilia, con San Cipirello e San Giuseppe Jato e la Toscana con Cecina, mentre a Ventimiglia e a San Remo sono state imposte limitazioni più dure nonostante le due città non rientrano nei criteri della zona rossa.

Preoccupa anche la situazione del Veneto, dove i ricoveri in rianimazione sono per la prima volta in aumento dopo l’inizio del 2021. Il direttore della sanità regionale però rassicura che si tratta di casi isolati, non indicativi di eventuali focolai sul territorio. In Trentino-Alto Adige invece ci sono ben sedici casi confermati di variante sudafricane che si aggiungono ai 96 di quella inglese.

Per i comuni che attualmente si trovano in fascia arancione scuro valgono essenzialmente le stesse restrizioni in vigore per la zona rossa, con il divieto di raggiungere le seconde case e di spostarsi per far visita ad amici o parenti anche all’interno del comune e la chiusura totale delle scuole, che svolgeranno la loro attività unicamente tramite la didattica a distanza.