Draghi e il programma di governo: l'alleanza prende forma

Mario Draghi avanza deciso verso la formazione di un governo e vuole esaurire tutte le tappe necessarie a farlo entro questo venerdì. Tra oggi e domani è previsto il secondo giro di consultazioni che una volta concluso vedrà il premier incaricato presentare la lista dei ministri in Quirinale.

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Mario Draghi sembra voler formare un nuovo governo per l’Italia il prima possibile, e vuole ottenere la fiducia entro questo venerdì, anche perché lunedì 15 febbraio dovranno entrare in vigore le nuove norme anti COVID.

Oggi il premier avvierà le consultazioni con tutti i gruppi minori, mentre domani sarà la volta delle forze di maggioranza e le parti sociali. Un colloqui molto atteso quest’ultimo da sindacati ed imprese, che vorrebbero essere chiamati a loro  volta a Palazzo Chigi una volta instaurato il governo. L’obbiettivo di Draghi è quello di creare una task force, che ancora non è chiaro se sarà composta da un misto di politici e tecnici o se invece la parte tecnica la farà da padrone, ovviamente con i rappresentanti dei partiti, scelti tra i sottosegretari e i viceministri.

Draghi e le consultazioni

Per questo lunedì il programma è semplice: alle 15 sarà la volta del gruppo misto della camera e alle 17.30 delle autonomie, ovvero Centro Democratico, Azione, il Movimento italiani all'estero, +Europa, Cambiamo, i radicali e Noi con l'Italia.

Tuttavia, sarà martedì 9 febbraio la giornata decisiva per quanto riguardo la formazione del nuovo governo, che vedrà Draghi alle prese con le parti maggiori dalle 11 fino alle 17.30. In ordine il ministro si consulterà prima con il gruppo di Europeisti-Maie-Centro democratico, i cosiddetti “responsabili”, entrati in scena dopo le dimissioni di Conte. Poi in ordine si alterneranno sul tavolo del premier Leu, Italia viva, Fratelli d'Italia, Pd, Forza Italia, Lega e M5s. La speranza è che al termine della giornata di martedì Draghi si sia fatto un’idea piuttosto chiara della situazione e, di conseguenza, chiedere la fiducia del parlamento.

I nomi dei ministri papabili

Nel frattempo, già da ora cominciano a girare voci sui possibili nomi papabili per questa nuova squadra di governo, e una delle teorie più accreditate è quella che vedrebbe Draghi mettere da parte i ministri leader dei vari partiti che lo favoriscono, come Luigi di Maio, Nicola Zingaretti, Matteo Salvini e Matteo Renzi, in modo tale da evitare probabili polemiche politiche.

Di conseguenza, è opinione condivisa che il governo a cui andiamo incontro sarà composto da rappresentanti importanti dei vari partiti, ma comunque non segretari. Si sono fatti i nomi di Franceschini per il PD, e Giorgetti per la Lega, mentre per quanto riguarda il comparto “ministri tecnici” spiccano le canditure di Barnabé e Panucci per il Ministero allo Sviluppo Economico e quelli di Cottarelli, Franco e Signorini per il Ministero all’Economia.

Il nome che ha suscito più interesse di tutti è quello di Vittorio Colao, manager di calibro internazionale che ha partecipato alla creazione del piano di rilancio dell’Italia in funzione del Recovery Plan ai tempi della prima ondata pandemica lo scorso marzo.

Ma quali sono le problematiche a cui Draghi andrà incontro nelle prossime ore nei colloqui con i partiti?

Problematiche e diatribe

Il leader della Lega, Matteo Salvini, dal canto suo ha sorpreso un po' tutti, dicendosi favorevole ad un eventuale governo condotto da Mario Draghi, ecco come si è espresso: 

«Se con il professor Draghi si può parlare di taglio delle tasse per far respirare le persone e le imprese, io ci sto (…) con lui si può stare in Europa a testa alta».

Nonostante questa dichiarazione possa essere considerata tanto moderata da indurre alcuni osservatori a definirla come una svolta europeista da parte della Lega, è importante notare che Salvini sembra aver posto una condizione piuttosto importante ad un ipotetico governo Draghi, ovvero che abbia una data di scadenza prestabilita e che non rimanga operativo per l’intera durata della legislatura, la quale, ricordiamolo, durerà fino 2023. Una mossa questa, che ha messo in serie difficoltà sia il Movimento 5 Stelle che il PD.

Parlando proprio del M5S, a fare da spartiacque e a stemperare le diatribe interne al partito è Beppe Grillo, che per ora sta concentrando le sue energie nel trovare una quadra che accontenti sia coloro che sono inclini ad appoggiare il governo Draghi, che i più scettici in tal senso. Il suo intervento sta senza dubbio sortendo dei risultati concreti, basti pensare a Paola Taverna e Riccardo Fraccaro, molto critici in un primo momento e ora decisamente più possibilisti. Ma anche tra chi è stato favorevole fin da subito esistono delle divergenze di opinioni, come Barbara Lezzi, favorevole solo in caso di riforma elettorale e che non duri oltre giugno, o Morra, il quale ha chiesto il voto tramite la piattaforma Rousseau.

Addirittura, alcuni esponenti del partito hanno chiesto un vero e proprio perimetro politico entro il quale i 5 stelle avrebbero modo di partecipare al governo Draghi, ovvero l’esclusione totale della Lega di Salvini. A prendere posizioni in questo senso è stato il premier uscente Giuseppe Conte, che ha invitato a rivedere questa condizione applicando delle limitazioni su alcuni aspetti.

Meno altalenanti gli equilibri tra i 5 stella e il PD, che ormai hanno assunto le caratteristiche di una coalizione, che secondo molti potrebbe venire ufficializzata a breve. Molto più complesso da gestire invece è il rapporto tra il Partito Democratico e la Lega. Una delle difficoltà più grandi del governo pensato da Mario Draghi sarà quella di far coesistere all’interno della stessa maggioranza questi due partiti. Emblematiche le parole di Zingaretti su questo spinoso argomento:

«Guai a creare le condizioni per cui Draghi si possa ritrovare dentro una maggioranza litigiosa»

Un’ovvia conseguenza del costruire un’alleanza mettendo insieme la destra sovranista con il centrosinistra.

Il programma di Draghi

Infine, per quanto riguarda il programma, è probabile che questo verrà fortemente influenzato dalla composizione di quello che sarà la futura maggioranza e che quello che verrà presentato domani ne sarà semplicemente un abbozzo. Non sorprende particolarmente quindi che nelle scorse ore i vari esponenti di spicco dei partiti abbiano presentato proposte non sempre compatibili tra di loro. Temi che già si preannunciano come particolarmente polarizzanti sono quelli relativi all’immigrazione e al reddito di cittadinanza, tutte criticità a cui Draghi dovrà dare una risposta proprio durante queste consultazioni.

A monte delle esigenze dei singoli partiti, comunque, il super banchiere sembra aver già delineato molti dei punti chiave che delineeranno la sua azione di governo. Uno dei temi che sembrano stare più a cuore a Draghi è quello del Recovery Plan, a cui si accompagnerà un aumento drastico della spesa pubblica in materia di sanità, dato che è sua ferma convinzione che: “la pandemia ha evidenziato l’importanza di avere buone strutture di assistenza e un sistema robusto”.

Un altro punto fermo del programma dell’economista riguarda il lavoro, con lo stop dei sussidi e via agli incentivi pensati non tanto a salvare i vecchi lavori ma a crearne di nuovi; un progetto tanto ambizioso quanto necessario in un paese come l’Italia. Sempre restando in tema di lavoro anche le imprese verranno pesantemente riformate da Draghi, soprattutto quelle definite “zombie”, ovvero destinate al fallimento se non fosse per aiuti economici esterni.

A detta di Draghi il nuovo governo dovrà essere coraggioso anche per garantire un futuro degno di questo nuovo per le nuove generazione, generalmente sempre dimenticate dai precedenti governi. Si spera che lo spiccato europeismo di Draghi possa essere una ventata d’aria fresca sotto questo profilo.