Draghi e misure anti COVID, stop ai movimenti tra regioni

Il nuovo Governo Draghi è già alle prese con le misure per far fronte alla crisi pandemica, e oggi il Premier ha presentato il suo primo provvedimento anti-COVID. Tra le altre cose spicca il divieto di cambiare regione in ogni zona e, in quella rossa, di visitare amici e parenti.

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Secondo quanto si legge nel decreto-legge, vengono prorogati fino al 27 marzo gli spostamenti tra regioni, blocco che altrimenti sarebbe scaduto naturalmente tra pochi giorni, il 25 di questo mese. Compreso nel testo della deroga c’è anche lo stop ai movimenti tra regioni gialle, in modo tale da abbattere ulteriormente la curva dei contagi.

Viene riconfermata, invece, la possibilità di visitare i parenti tra comuni diversi con le limitazioni attualmente in vigore, ovvero in massimo due persone accompagnati da non più di due minori. Questa opzione viene però negata alle regioni in zona rossa, dove sarà in vigore in regime di semi lockdown. 

Ricordiamo inoltre che l’attuale DPCM scadrà il 5 marzo, e in vista del suo esaurimento è atteso sul tavolo dei ministri il documento con i suggerimenti delle regioni per le nuove norme da applicare che, per ora sembrano andare in una direzione ben precisa.

Le richieste delle Regioni a Draghi

La ministra per gli Affari Regionali, Mariastella Gelmini, infatti ha incontrato in video conferenza i governatori delle regioni durante la giornata di ieri e le esigenze principali che ne sono emerse si possono riassumere nel superamento dell’attuale sistema di zonizzazione ed utilizzare l’indice Rt per stabilire il colore delle varie regioni, abbinato ad una nuova strategia nell’approvvigionamento dei vaccini.

L’argomento vaccini potrebbe essere oggetto di discussione nei prossimi giorni tra Draghi e Ursula Von Der Leyen, la presidentessa della commissione Europea, in previsione del Consiglio Europeo Straordinario previsto per il 25 e il 26 febbraio in materia proprio di contenimento del COVID-19.

Particolarmente sentito anche il tema delle chiusure e degli indennizzi, che secondo i governatori regionali devono, da questo momento in poi, procedere di pari passo, in modo tale da non gravare sulle spalle degli esercenti. A tal proposito nel documento si legge chiaramente:

In via strutturale, lo stesso provvedimento che introduce restrizioni per il Paese e poi restrizioni particolari per singoli territori deve anche attivare gli indennizzi e salvaguardare le responsabilità, garantendo la contestualità a prescindere da chi adotta il provvedimento”.

Particolarmente sonore anche le voci di Franceschini e Salvini, il primo che propone l’Italia come primo paese europeo a riaprire cinema e teatri e il secondo che sottolinea l’importa di un “ritorno alla vita”, ovviamente dando per scontato tutte le misure di sicurezza del caso. Secondo il leader della Lega:

C'è bisogno di un ritorno alla vita, con serenità, prudenza e attenzione. Serve trovare delle soluzioni per ripartire. Il virus con le varianti e' cambiato, zone arancioni e rosse nazionali non hanno senso, si deve intervenire puntualmente a livello comunale o provinciale, senza penalizzare 60 milioni di italiani”.

Secondo Salvini i tempi sarebbero maturi anche per le aperture di centri sportivi e piscine, dato che hanno da sempre attuato tuttel le norme di sicurezza del caso per poter esercitare il proprio servizio in sicurezza. Ma anche a Teatri e Cinema dovrebbero avere il via libera secondo il leader della lega, onde evitare un danno mentale oltre che pratico agli italiani. Sempre Salvini ha chiesto l’allontanamento definitivo del commissario Domenico Arcuri, il quale a suo dire avrebbe completamente fallito nella sua missione:

“Mi aspetto un piano vaccinale serio e rapido, con il licenziamento di Arcuri che ha fallito, e un progressivo ritorno alla vita, con la riapertura nelle prossime settimane di tante attività. Basta con gli annunci che seminano paura, rimettiamo al centro salute e lavoro, libertà e vita”.

Draghi e il cambio di paradigma

Sì può definire del tutto abbandonata l’idea di istituire quindi una zona arancione unica in un tutta la penisola e sembra che fino a alla fine di marzo l’Italia rimarrà divisa per colori, con chiusure mirate nei punti più critici. Quello che cambia però è il metodo d’azione; Draghi infatti sembra preferire misure adottate con largo anticipo, che siano approvate sia dalle regioni che dal parlamento. Rimangono invece ancora da sbrogliare le restrizioni legate agli indennizzi e i problemi riguardanti l’ampliamento della cabina di regia, mentre si discute sull’istituzione di una scala di rischio da applicare alle varie attività scolastiche in merito alla loro, eventuale, chiusura.

I governatori delle regioni, in ogni modo, non sembrano soddisfatti di quanto fatto finora per contenere la pandemia, iconiche in questo senso le parole di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni:

“Occorre cambiare schema. Al governo chiediamo un confronto sulla revisione dei parametri e delle misure, per dare maggiori certezze a cittadini e imprese e rendere più efficace l'azione di contrasto al virus (…) dobbiamo evitare che dopo l'anno dell'unità e della solidarietà, segua l'anno della rabbia sociale e della frustrazione. Chiediamo al Cts indicazioni più chiare e al governo di riconsiderare l'impianto dei provvedimenti.”  

Bonaccini chiede in particolare che il Recovery Plan sia partecipato dalle regioni, per permettere alle varie realtà di progettare in modo più capillare le azioni sul territorio, meno favorevole invece al licenziamento di Arcuri, con cui il governatore ha sempre collaborato positivamente. Più radicale l’opinione del governatore della regione Liguria, che dichiara senza mezzi termini:

Basta mettere in contrapposizione la vita delle persone e l'apertura di una palestra o di un ristorante. Sempre di vita si parla. Quella che porta lavoro. Quella vissuta (…) Chi ha il compito di decidere abbia il coraggio di non fare più queste distinzioni, e valuti con la stessa attenzione le conseguenze delle decisioni prese sia per la nostra salute che per la nostra economia. Il Governo Draghi ha tutto il nostro appoggio ma da oggi non ci possiamo più permettere di sbagliare”.

La voce dei comuni

Anche i sindaci dei singoli comuni hanno fatto sentire le loro ragioni, tramite quattro richieste espresse dal presidente dell’Anci Antonio Decaro nell’ambito del vertice tra governi ed autonomie. Prima di tutto i comuni chiedono che il sistema dei parametri per stabilire le limitazioni rimanga in vigore, con i dovuti aggiornamenti derivanti dalle varianti del COVID-19, dato che ha permesso di tenere sotto controllo la curva dei contagi durante gli scorsi mesi, scongiurando contemporaneamente la possibilità di un nuovo lockdown totale. 

In seconda battuta per i sindaci è fondamentale che i ristoranti e i bar possano aprire nuovamente anche nelle ore serali, ovviamente in conformità e nel rispetto delle vigenti norme in materia di distanziamento sociale. Secondo i comuni, infatti, la consumazione al tavolo garantirebbe una formazione meno incisiva di assembramenti, che al momento si formano frequentemente fuori dai locali che offrono un servizio di asporto in loco di cibi o bevande, problematica che risulterebbe particolarmente accentuata con l’arrivo delle stagioni più calde. 

Il terzo punto su cui i comuni pongono l’attenzione è, ancora una volta, la necessità di un piano vaccinale in grado di rendere possibile la vaccinazione di massa prevista per i prossimi mesi, che si combina con la quarta richiesta, ovvero una maggiore velocità nel finanziare i ristori previsti per le attività in difficoltà. 

I sottosegretari del Governo Draghi

Per quanto concerne la scelta dei 42 sottosegretari, infine, attualmente non c’è ancora nulla di certo. I partiti hanno portato a Palazzo Chigi le loro proposte, comunque, e la decisione finale è attesa entro la fine della giornata odierna. Il nodo sulle presenze femminili del PD e sulla quota del Movimento 5 Stelle intanto rimane tale.

In ogni caso, al momento la zona più critica d’Italia sembra essere l’Emilia-Romagna, dove si registra la più alta incidenza di contagi per le ultime due settimane; particolarmente preoccupanti sono le zone di Imola, Cesena e Forlì. La scorsa settimana i contagiati a livello regionale erano 231 ogni 100.000 abitanti, in sensibile aumento rispetto alla settimana precedente, quando invece erano soltanto 198. Tuttavia, se prendiamo in considerazione le singole provincie scopriamo un’incidenza di 340 casi nell’area bolognese e di 461 in quella di Imola.

Preoccupante la situazione anche in Lombardia, soprattutto in provincia di Brescia, dove i casi sono in drastico e costante aumento.