Ex Ilva, salta l’intesa! Cassa Integrazione per 3mila operai

La notizia è fresca. Ieri 28 marzo 2022 è saltata l’intesa per la cassa integrazione straordinaria nelle Acciaierie d’Italia, ex Ilva.

La notizia è fresca. Ieri 28 marzo 2022 è saltata l’intesa per la cassa integrazione straordinaria nelle Acciaierie d’Italia, ex Ilva. 

La trattativa al Ministero del Lavoro si è conclusa con un nulla di fatto e, con la giornata di ieri, è stata sancita la cassa integrazione per 3 mila operai, dei quali, 2.500 risiedono nella città di Taranto

Questa Cassa Integrazione durerà un anno. Andiamo a vedere nel dettaglio cosa è accaduto e cosa succederà ora, ma prima ecco un video del canale ufficiale YouTube di trmh24 che ci illustra la situazione:

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Ex Ilva, nessun accordo con i sindacati e l’azienda: 3mila operai in cassa integrazione

L’incontro tra sindacati e l’impresa, oltre che tra gli stessi sindacati, era già stato tenuto lo scorso venerdì 25 marzo 2022 al ministero. Le parti, però, si erano riaggiornate per avvicinare le posizioni, troppo in contrasto. 

E, così, si è tenuto l’incontro di ieri, 28 marzo 2022, al Ministero del Lavoro per attuare la CIGS, la Cassa Integrazione Straordinaria all’Ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia. 

Nessun accordo, però, è stato preso al termine dell’incontro tra le parti tenutosi ieri, e tremila dipendenti sono entrati ufficialmente in Cassa Integrazione, di questi 2.500 sono residenti a Taranto. La CIG durerà un anno.

Dopo alcune ore di trattative Acciaierie d’Italia, Ex Ilva, ha fatto una proposta all’altra pare: una diminuzione della cassa arrivando a 2750 unità, anche se già con la giornata di venerdì era scesa a 2800 soggetti coinvolti. Inoltre, questa, chiedeva ai sindacati il riconoscimento di un’aggiunta economica alla stessa CIG con il rateo della tredicesima mensilità.

I sindacati, dall’altra parte hanno bocciato la proposta, ritenendola non sufficiente, ma non solo, poiché hanno poi chiesto una progressiva diminuzione della cassa via via che la produzione dell’acciaio avesse iniziato ad aumentare, inserendo anche degli strumenti per gestire il tutto.

Ecco perché non si è giunti ad un accordo tra Ex Ilva e Sindacati

I negoziati tra le parti non sono andati a buon fine per una contestazione dei sindacati ad Acciaierie d’Italia. Questi, infatti, avrebbero confutato all’Ex Ilva il fatto che la Cassa Integrazione – Straordinaria non riguardasse solamente l’anno 2022-2023, da marzo a marzo, ma che avesse anche una proroga per il biennio successivo al 2023, arrivando di fatto a marzo 2025.

Proprio al 2025, infatti, è stato fissato il completamento del piano industriale e la successiva attuazione dello stesso.

Ma questo non è stato l’unico punto contestato dai sindacati, infatti, si legge dal Sole 24 Ore che questi hanno contestato anche:

“Il fatto che l’azienda abbia subordinato la piena occupazione non ai sei milioni di tonnellate di acciaio, che sono quanto previsto dall’accordo al Mise di settembre 2018, quando ArcelorMittal subentrò a Ilva in amministrazione straordinaria, nonché quanto stabilito dall’Autorizzazione integrata ambientale, ma agli otto milioni di tonnellate.”

I sei milioni, infatti, si riferiscono all’Ilva e al suo vecchio piano di produzione, non al nuovo la cui partenza è stata fissata al 2025.

Tutto ciò, però secondo Ex Ilva, era già stato esplicitato nella lettera attraverso cui era stata avviata, nelle scorse settimane, la procedura legata agli ammortizzatori sociali. 

Ma per i sindacati, invece, Acciaierie d’Italia non può avere la pretesa che quanto inserito in una lettera debba diventare realtà, anche perché, stando a quando detto dagli stessi, in questo caso non avrebbe alcun senso prevedere delle negoziazioni.

Ieri, inoltre, nella città di Taranto è stato indetto, dai sindacati Uilm e Usb, uno sciopero del primo turno proprio contro la Cassa Integrazione. 

Ex Ilva parte la Cassa Integrazione Guadagni per 3 mila operai, le reazioni dei sindacati

Il segretario nazionale Fim Cisl, Valerio D’Aló, ha dichiarato di aver fatto tutto il possibile per cercare di avvicinare le due posizioni, quelle dell’azienda Ex Ilva e quella dei sindacati, sulle tematiche riguardanti:

  • il numero totale di operai interessati alla Cassa Integrazione;
  • le modalità della gestione della Cassa Integrazione, 
  • le modalità del trattamento dei ratei per gli operai in cassa perché i loro stipendi sono stati, col tempo, ridotti notevolmente dai “troppi ammortizzatori sociali”.

Sempre secondo le parole del segretario nazionale Fim Cisl, Acciaierie d’Italia avrebbe voluto, inoltre, aumentare di due milioni di tonnellate la produzione, spostandola da 6 milioni a 8 milioni di tonnellate di acciaio in più, ma senza aumentare il personale

Secondo D’Al’ò, infatti, l’incremento della produzione, per i sindacati stava a significare una netta diminuzione degli operai in cassa integrazione e, dunque un utilizzo di meno ammortizzatori sociali. Non tutto l’opposto. 

Anche il segretario generale Uilm Rocco Palombella ha parlato di una sorta di piano dell’azienda in cui è previsto il licenziamento di questi 3 mila operai, ai quali, però, vanno aggiunti tutti i 1.700 operai che si trovano in Amministrazione Straordinaria

Palombella ha definito tutto ciò: “Un disastro occupazionale inaccettabile”.

Lo stesso ha poi parlato di un’azione del tutto incomprensibile da parte dell’Ex Ilva, dichiarando poi di attendere solamente dal Governo indicazioni sulla strada che dovrà essere percorsa ora, ma soprattutto si è chiesto se l’esecutivo davvero permetterà tutto ciò.

Infine, hanno dato il loro punto di vista anche il segretario generale e il segretario nazionale Fiom Cgil, Francesca Re David e Gianni Venturi, che hanno parlato di una piena disponibilità del sindacato ad un’intesa transitoria, per dodici mensilità, soprattutto considerata “la straordinarietà e l’incertezza del contesto” e senza discutere dei patti del 2018 e la piena occupazione. 

Per la Fiom la gestione unilaterale della cassa Integrazione Straordinaria avrebbe come normale conseguenza una verifica stringente sul corretto uso dello strumento, partendo proprio da tutte le rotazioni, oltre che dal rapporto tra la crescita produttiva e gli operai impiegati. 

“Diventa sempre più urgente l’avvio del tavolo con il Governo sui futuri assetti societari e sui contenuti e sui tempi del piano industriale e ambientale. Resta per noi punto fermo la piena occupazione e la salvaguardia dei lavoratori in amministrazione straordinaria”.

Ex Ilva crisi di materie prime, ma nessuno lavora

La scorsa settimana sull’ex Ilva ha dato il suo parere anche il segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici Roberto Benaglia, secondo cui l’Ilva dovrebbe diventare un punto di forza del sistema produttivo italiano, producendo molto più acciaio.

Sappiamo, infatti, che acciaio, grano, benzina, mangimi e fertilizzanti, scarseggiano nel nostro Paese, soprattutto a causa della guerra tra Russia e Ucraina, che ha danneggiato l’economia mondiale.

Secondo Benaglia, infatti, la Cassa Integrazione e gli ammortizzatori non fanno mai bene né alle imprese né agli operai. Non facendo lavorare la fabbrica si danneggia solo l’economia dello Stivale.

Il gigante d’acciaio, però, ha causato danni alla popolazione tarantina, soprattutto in termini di salute. E, a proposito di ciò, la portavoce di Europa Verde-Verdi di Taranto, Eliana Baldo ha dichiarato nei giorni scorsi che:

“’La guerra giustifica’ tutto è il refrain che sta circolando per giustificare scelte sconsiderate, come quella di aumentare la capacità produttiva di Acciaierie d’Italia (ex Ilva) o di stanziare somme per una decarbonizzazione che non avrà mai luogo. Quello che ci propina Draghi nel decreto-legge Energia è l’ennesimo sacrificio per la comunità tarantina.”

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