Vivere per lavorare o lavorare per vivere? E' questo il grande dilemma di quest'ultimo periodo, soprattutto dall'era post Covid in poi e soprattutto guardando ad un fenomeno che sta riguardando soprattutto gli under 40: vengono chiamate le “grandi dimissioni”. Entriamo nei dettagli di questo argomento di cui non si sa molto.
La giornalista Michela Marzano ne parla su La stampa Michela Marzano e scrive chiaro e tondo che gli under 40 non sono più disposti a sacrificare la loro vita privata e familiare, per il lavoro!
Ma cosa c'entra in questa decisione (quasi di massa) la pandemia e il Covid? C'entra perché essere rimasti bloccati, chiusi in casa, aver visto le proprie libertà messe a repentaglio da misure governative scellerate, aver portato il lavoro "a casa" con lo smart working e l'home office, ha fatto ripensare alle priorità della vita.
Pare che la pandemia abbia talmente tanto cambiato le carte in tavola che sembra siano passati secoli da quando si pensava che la carriera lavorativa fosse l'aspetto più importante della vita di una persona, che l'ambizione negli affari potesse dimostrare il proprio lavoro e non importa quanto questo abbia significato sacrificare la propria vita familiare e privata.
Le grandi dimissioni degli under 40 sono aumentate dopo la pandemia, perché?
Perché la pandemia ha cambiato definitivamente la lista delle priorità della vita della maggior parte delle persone.
La maggior parte delle persone è stata costretta a fare i conti con sé stessa, ha cambiare, appunto, la lista delle proprie priorità di vita e ha deciso di mettere al primo posto i figli, la famiglia, anche gli hobby e il riposo, piuttosto che il lavoro!
Anthony Klotz, professore di Management all'Università del Texas, solo un anno fa, a maggio 2021 ha chiamato questo fenomeno di massa "grandi dimissioni".
I lockdown, le forti limitazioni della libertà che abbiamo subìto (e in un certo senso stiamo ancora subendo) ci hanno fatto riflettere maggiormente sulla nostra vita, su quello che occupa maggiormente le nostre giornate. Tanto è vero che durante i lockdown hanno anche aumentato i problemi di salute mentale, soprattutto tra i giovani. Ecco perché è tornato prepotentemente alla ribalta il tema di "cosa è veramente importante" nella vita di una persona e di una famiglia.
Chi di noi in questo periodo non si è chiesto "Cosa mi rende davvero felice? Cosa mi soddisfa?", è ovvio che le risposte siano molto personali.
Le grandi dimissioni sono una conseguenza anche dell'ansia vissuta durante la pandemia
Una recente ricerca condotta online su 1000 persone da Human Highway for Assosalute ha dimostrato che otto persone su dieci in Italia hanno sofferto, durante la pandemia, di mal di testa, forte ansia, nervosismo e insonnia. Questi problemi riguardanti la salute mentale delle persone non hanno potuto fare altro che intervenire anche sulle loro professioni lavorative.
Nel periodo appena trascorso, una profonda auto-analisi sui propri obbiettivi di vita, ha portato, maggiormente le persone al di sotto dei 40 anni, a scelte di vita impopolari e impensabili in passato.
In Europa e nel mondo milioni di persone stanno lasciando il lavoro
Come afferma ancora la giornalista Marzano su La Stama, sia negli USA che in Europa, milioni di persone si stanno dimettendo dai loro lavori, accelerando un fenomeno che alcuni analisti avevano già cominciato a notare qualche mese prima.
Ma è solo un momento transitorio o un vero e proprio cambio di rotta? Un modo diverso di vedere la vita, un modo nuovo di ristabilire i propri obbiettivi e le proprie priorità? Solo il tempo potrà dirlo; una cosa è certa: le grandi dimissioni sono già realtà da parecchio tempo!
Cosa desiderano i dipendenti per non dare seguito alle dimissioni?
I dipendenti sono stanchi di vivere per lavorare, è questa la verità. E già dopo il primo lockdown, molti lavoratori hanno maturato la voglia di lavorare con una retribuzione equa e senza orari stringenti, proprio per avere più spazio per vivere la propria vita privata e familiare.
Per esempio, negli USA il numero di lavoratori americani che si sono dimessi nell'ultimo anno, ha raggiunto livelli record a novembre, con 4,5 milioni di persone che hanno lasciato il lavoro, secondo l'ultimo rapporto del Bureau of Labor Statistics pubblicato la settimana scorsa.
Le grandi dimissioni non accennano a diminuire!
Lungi dall'essere un fenomeno transitorio, le grandi dimissioni degli under 40, sembrano essere un fenomeno a medio e lungo termine che sta riguardando tutti i settori lavorativi, anche se alcuni sono stati più colpiti di altri.
Per esempio la maggior parte delle dimissioni ha riguardato i lavoratori di hotel e ristorazione, i dipendenti agricoli, nel commercio al dettaglio (colpiti maggiormente dalla pandemia e da bassi salari) mentre solo una piccolissima percentuale di coloro che lavorano nella finanza ha lasciato il lavoro.
Le grandi dimissioni guidate dalla voglia di cambiare la propria vita e il proprio lavoro
La gente, dopo la pandemia e dopo aver cambiare la propria lista di priorità, sembra non avere più la paura di lasciare il proprio lavoro per timore di non trovare un altro. Soprattutto gli under 40 hanno voglia di cambiare, sperimentare e trovare nuove opportunità in nuovi settori, in cerca di lavori migliori, meglio retribuiti, con più tempo libero da dedicare alla propria vita.
Le grandi dimissioni, economicamente, sono un buon segno o un cattivo segno?
All'apparenza avere un gran numero di lavoratori che scelgono di abbandonare volontariamente il proprio lavoro, potrebbe sembrare un cattivo segno per l'economia di un paese, ma non è affatto così.
La possibilità che i lavoratori si concedono di lasciare volontariamente il precedente lavoro per cercare un'occupazione migliore, dimostra un sano dinamismo del mercato, secondo il presidente dell'Economic Policy Institute Heidi Shierholz. "La dinamica che stiamo vedendo, collegata ad un alto tasso di dimissioni combinato con una forte crescita del lavoro è assolutamente qualcosa da festeggiare".
Basta sacrificare la propria vita per il lavoro! Come afferma la giornalista Michela Marzano su La Stampa, gli under 40 non ne vogliono più sapere e non sono più disposti a sacrificare la loro vita in nome del lavoro.
Come abbiamo accennato prima, è cambiata la scala delle priorità!
Fino a qualche anno prima della pandemia, era radicata la credenza secondo la quale solo facendo carriera, si avrebbe potuto dimostrare il proprio vero valore.
Ma l’arrivo della pandemia ha rivoluzionato tutto!
«Sono stati numerosi coloro che hanno deciso di cambiare vita. Costretti a fare i conti con se stessi, hanno messo in fila le priorità e hanno scelto i figli, la famiglia, il riposo e gli hobby», afferma Anthony Klotz, professore di Management all’Università del Texas, colui che ha chiamato questo fenomeno “great resignation“, ovvero “grandi dimissioni“.
La pandemia ci ha costretto a fermarci e a chiederci: "Cosa ci rende davvero felici? Cosa ci soddisfa davvero? Cosa siamo disposti a sacrificare per il lavoro?".
La salute mentale che è stata purtroppo molto intaccata durante il periodo pandemico, ha avuto effetti e conseguenze anche sul proprio lavoro, inevitabilmente. Se sei stressato, hai ansia, nervosismo, panico e insonnia, di conseguenza sei meno produttivo sul lavoro.
Ecco perché molti si sono ritrovati a farsi delle auto-analisi che li hanno portati a prendere decisioni, solo un anno fa, impensabili.
Ed è per questo ed altri motivi che milioni di under 40, scevri da ogni timore e paura, hanno lasciato il loro posto di lavoro, per dare una svolta alla propria vita e riprendere a concentrarsi sui propri affetti, su se stessi, piuttosto che sulla carriera lavorativa.
Lo studio What employees expect del 2021 già stabiliva quella che sarebbe diventata a breve una realtà: ovvero la necessità di avere maggiore flessibilità sul lavoro, la possibilità di scegliere il luogo dal quale lavorare, il desiderio di non avere orari fissi e, infine, ottenere una retribuzione molto più equa.
Cosa dovrebbero fare i datori di lavoro per trattenere i propri dipendenti ed evitare le dimissioni in massa?
Per attrarre e trattenere i lavoratori, i datori di lavoro dovrebbero abbracciare la flessibilità, affrontare il burnout e creare uno spazio sicuro per i propri lavoratori.
Dovrebbero concedere flessibilità oraria e retribuzioni molto più eque. I datori di lavoro dicono di non riuscire a trovare risorse umane adatte, mentre i lavoratori si lamentano di ricevere proposte di retribuzioni imbarazzanti.
I datori di lavoro, infine, dovrebbero ri-considerare come hanno organizzato il lavoro, i turni, i compiti, le mansioni dei propri dipendenti. Questo potrà fare la differenza e far scegliere ai dipendenti di restare, piuttosto che dimettersi.