Difficoltà nel fare i tamponi, datori di lavoro che non denunciano e controlli poco stringenti: questo e altro dietro le quinte del famigerato green pass, che a oggi, oltre all’incoerenza del suo utilizzo e alla carenza di monitoraggio, non sembra registrare altro tipo di risultati.
Tra l’altro, un milione di lavoratori occupa regolarmente il proprio posto di lavoro, pur senza certificazione verde. Sono questi i dati che provengono dalla Cgia, la Confartigianato Imprese ovvero la più rappresentativa organizzazione italiana dell'artigianato e della micro e piccola impresa.
La sensazione è che molti dipendenti senza Green pass abbiano "aggirato" le disposizioni previste dal decreto legge, recandosi comunque in fabbrica o in ufficio. I controlli, così come previsti dalla norma, non sarebbero particolarmente stringenti.
Un fenomeno che potrebbe destare qualche allarme, dal momento che, questo milione di lavoratori che continua a lavorare senza green pass, non ha diritto a una esenzione né si sottopone a controllo con tampone.
Infatti, come riporta lo studio, su una forza lavoro di 2,7 milioni di persone non vaccinate, gli occupati che hanno diritto a esenzione da vaccino sono circa 350 mila persone, a cui va ad aggiungersi oltre un milione di lavoratori che invece, per recarsi sul posto di lavoro, si sottopone a tampone.
L’obiettivo principale dell’obbligatorietà del green pass, (a questo punto, si può dirsi certi di affermarlo), sta proprio nel fatto di raggiungere, il più velocemente possibile, la soglia del 90% di popolazione vaccinata (over 12, a oggi autorizzati a farlo).
Purtroppo però, l’incoerenza che ne consegue nell'applicarlo, non permette di essere d’accordo su questa tipologia di strumento. E i fatti che stanno venendo a galla, sembrano proprio andare in questa direzione.
Green pass, ultime notizie
Il punto della questione è: se tutti questi lavoratori sono privi di green pass per recarsi sul posto di lavoro, si deduce che siano assenti. Per quale motivo allora, i datori di lavoro non hanno denunciato questo tipo di emergenza?
Ebbene, sembrerebbe proprio per il fatto che, in realtà, le cose si sono svolte in maniera differente. Infatti, i lavoratori occupano regolarmente il loro posto, motivo per cui si deduce che abbiamo semplicemente aggirato le norme previste dal decreto legge.
Probabilmente, perché non proprio stringenti.
Secondo quanto stimato dalla Cgia, il problema risiede a monte ovvero nel fatto che non ci sono tamponi sufficienti per tutti. Al di là della reperibilità degli stessi, il problema si pone nel momento in cui ci si reca in farmacia, per eseguire il test, creando file chilometriche.
A tal proposito, e per arginare l'inconveniente, il generale Figliuolo ha ritenuto opportuno intervenire, ipotizzando che le farmacie possano effettuare i tamponi anche oltre l’orario regolare di apertura nonché nei giorni di chiusura delle varie attività. Ed è probabile che nelle prossime settimane, è quello che accadrà.
Green pass da vaccino e da tampone: i primi emarginati!
Sempre restando nell’incoerenza del green pass e della sua applicazione, ecco una testimonianza choc da parte di un’azienda che ha inviato ai propri dipendenti questa comunicazione:
la presente per ribadire ai sigg.dipendenti che l’accesso in sede è consentito ai soli dipendenti muniti da green pass da vaccino. Pertanto i lavoratori sprovvisti di tale certificazione, potranno accedere all’altra sede, presentando green pass da tampone.
L’azienda tiene a sottolineare il fatto che non possono esserci assolutamente contatti tra i lavoratori di una sede e quella dell’altra, e che tutti i disobbedienti finiranno in sanzione disciplinare al cospetto della Direzione.
Peccato che la sede riservata ai possessori di green pass da tampone, sia stata allestita in tutta fretta, in un vecchio magazzino di rottami, con servizi sanitari inservibili ed escrementi di animali sugli interruttori della luce e sui muri della struttura.
Ecco l'articolo con video proposto da La Stampa
Quando verrà tolto il green pass
Ormai le dichiarazioni in questa direzione sembrano moltiplicarsi giorno dopo giorno, ma le condizioni per cui si arrivi all’abolizione del green pass, sono stringenti.
Ciò che si prospetta all’orizzonte, ripercorrendo le dichiarazioni del generale Figliuolo, è che appunto, finito lo stato di emergenza al 31 dicembre e raggiungendo il quorum del 90%, si potrà arrivare ad abolire il green pass.
In altri termini, soltanto se la quasi totalità della popolazione italiana risulterà vaccinata, allora si potrà pensare a un’eliminazione della certificazione verde per circolare, lavorare o semplicemente andare a fare sport.
Allo stato attuale della situazione, la percentuale di vaccinazioni raggiunta è pari a circa 85.7% della popolazione autorizzata a farlo, ovvero a partire dai 12 anni in su. La fascia che invece, allo stato attuale della situazione, risulta essere la più scoperta di tutte, è quella comprendente i cittadini tra 40 e 49 anni.
Più o meno 8 milioni di persone ancora mancanti all’appello, per intenderci.
Restiamo dunque nell’attesa della fine dell’anno, per poter procedere man mano con gli opportuni aggiornamenti.
Il green pass non è obbligatorio per tutti
Chi sono dunque i lavoratori che a oggi occupano, in maniera regolare, il proprio posto di lavoro senza avere il green pass?
Innanzitutto, a seguito dell’entrata in vigore del green pass obbligatorio a partire dal 15 ottobre 2021, abbiamo assistito a un vero e proprio boom di richieste di certificati medici da inviare all’Inps. Nella sola giornata di venerdì 15 ottobre infatti, la richiesta è aumentata nella percentuale di oltre l’11%.
A oggi ci sono in Italia circa 2,7 milioni di lavoratori ancora non vaccinati. Di questi, quelli che regolarmente possono occupare il posto sono senza dubbio gli esenti da vaccino ovvero 350 mila persone.
Sono esonerati dall’esibire la certificazione verde anche coloro che lavorano in modalità smart working, fatta eccezione per la giornata in cui, eventualmente, devono recarsi in ufficio.
Sono esenti dal possesso di green pass sul posto di lavoro, anche le donne in gravidanza, se il parere del ginecologo è contrario.
Infine, come attesta questa circolare del Ministero della Salute
in alcuni casi particolari, si ha diritto a una certificazione per la quale è possibile non sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid-19 e, di conseguenza, a non aver bisogno della certificazione verde, né per circolare né per recarsi sul posto di lavoro.
Questo sta a significare che, se qualcuno a seguito della prima dose di vaccino, ha manifestato reazioni particolarmente avverse, allora è esente dal completare il ciclo vaccinale. Se il medico esprime il proprio parere favorevole, viste le condizioni specifiche del paziente e il suo personale caso clinico, allora può valutare l’opportunità di somministrare la seconda dose ma con un vaccino differente, rispetto a quanto utilizzato per la prima.
Gli emendamenti proposti per il green pass
Tante criticità dunque, dubbi e incongruenze ruotano intorno all’utilizzo del green pass che, al di là di valutazioni in merito alla sua efficacia, non appare applicabile in virtù del fatto che non è coerente né tantomeno equo nei confronti di tutti, lavoratori o no.
Tra i principali emendamenti proposti dalle forze politiche, ci sono a oggi:
- la proposta di eliminare la certificazione verde per tutti quei lavoratori che lavorano all’aperto o si trovano in smart working o che comunque esercitano la propria attività in autonomia, come ad esempio nel caso di un camionista oppure di un libero professionista che ha il proprio studio in casa e non ha contatti con il pubblico
- allo stato attuale della situazione, ottenere un green pass è possibile soltanto grazie al vaccino anti-Covid-19 oppure al tampone molecolare o antigenico. La proposta invece è di consentire ai lavoratori, che si sono prima ammalati e poi sono guariti dal virus, di poter effettuare un test sierologico per monitorare il livello di anticorpi ed eventualmente, ottenere la certificazione verde
- infine, il terzo emendamento avanzato riguarda l’abbattimento dei costi di un tampone, volendo portare quello rapido da 15 minuti al prezzo di 5 euro, permettendo così ai lavoratori di affrontare la spesa a cuor più leggero
Lavoratori senza green pass: sanzioni e multe!
Esonerati ed esenti a parte, cosa potrebbe succedere a chi continua a presentarsi sul posto di lavoro senza green pass e ai datori di lavoro che chiudono un occhio sui controlli?
Purtroppo è proprio di queste ore la notizia che molte attività ristorative hanno già chiuso i battenti, a causa della leggerezza con la quale hanno applicato le norme di prevenzione anti-Covid-19 e in particolare, attinenti al possesso del green pass, per poter lavorare.
Chi non va al lavoro, non rischia il posto, nel senso che non si espone al licenziamento. La sua assenza risulta ingiustificata, con conseguente perdita di stipendio ma anche di maturazione delle ferie e di anzianità sul posto di lavoro.
Il lavoratore che accede al luogo di lavoro senza green pass va incontro ad una multa che va da 600 a 1.500 euro. ... Il datore di lavoro che non controlla il rispetto delle regole sul green pass rischia una sanzione amministrativa che va da 400 a 1.000 euro.
Il più grande problema da fronteggiare per un datore di lavoro, in questo momento, è proprio la necessità di reperire personale, per non bloccare la filiera produttiva e le attività in genere. In molti hanno deciso di pagare in prima persona i tamponi ai propri dipendenti, offrendoli in maniera gratuita. Altri invece, a giudicare dalle ultime notizie riportate in questo articolo, hanno addirittura deciso di chiudere un occhio sui controlli della certificazione verde al personale, pur di averli ancora con sé a lavorare.
In attesa di altri sviluppi e aggiornamenti sul tema, non resta che adeguarsi alla normativa vigente e ottenere un green pass, scegliendo di sottoporsi al vaccino oppure a un tampone in maniera regolare, considerando che quello rapido ha una validità di 48 ore.