Indennità di accompagnamento: scopri chi ne ha diritto

L'indennità di accompagnamento è una prestazione economica, erogata dopo presentazione di domanda, a mutilati o invalidi totali per i quali è stata accertata l'impossibilità di deambulare senza il costante aiuto di un accompagnatore o incapaci di compiere anche i più semplici gesti quotidiani. Scopriamo chi può fare domanda, a quanto ammonta l'indennità e quando può essere revocata.

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L'Inps nella sua pagina ufficiale, spiega esattamente cos'è l'indennità di accompagnamento.

L'indennità di accompagnamento è una prestazione economica, erogata dopo presentazione di domanda, a mutilati o invalidi totali per i quali è stata accertata l'impossibilità di deambulare senza il costante aiuto di un accompagnatore o incapaci di compiere anche i più semplici gesti quotidiani.

Per dirla in parole povere, hanno diritto a questa indennità coloro che hanno bisogno di un'assistenza continua. 

Le persone anziane possono richiedere l'indennità di accompagnamento?

Le persone anziane possono richiedere l'indennità di accompagnamento, certo, ma non in quanto "anziani" di età, ma solo se non sono autosufficienti, e cioè solo nel caso in cui le loro condizioni siano tali da richiedere un'assistenza costante. 

Nel caso di cittadini con più di 65 anni di età, infatti, il diritto all’indennità di accompagnamento si concretizza quando si ha difficoltà a svolgere semplici azioni quotidiane che dovrebbe essere normale compiere a quella età. 

Se i tuoi genitori, anziani o non anziani, a prescindere dal loro reddito, si ritrovano in condizioni difficili e di minorazione psicofisica, potete fare domanda di accompagnamento. 

Chi altro può fare domanda di indennità di accompagnamento?

A prescindere dalla propria età e dalla propria situazione reddituale ed economica, chiunque si trovi in condizioni accertabili di minorazione psico-fisica e di bisogno di costante assistenza, può fare domanda di indennità di accompagnamento. 

Questa indennità viene riconosciuta ai cittadini italiani, ma anche agli stranieri comunitari ed extracomunitari, purché siano muniti di regolare permesso di soggiorno e con residenza stabile nel nostro paese.

Cos'è la minorazione psicofisica, condizione essenziale per richiedere l'accompagnamento? 

Viene generalmente ritenuta minorazione psicofisica quella condizione di difficoltà che impedisce al soggetto richiedente di compiere le quotidiane azioni senza una dovuta assistenza, azioni che chiunque altro, della stessa età, svolgerebbe senza problemi. 

Le azioni quotidiane tenute presenti sono: la propria igiene personale, cibarsi, fare spostamenti semplici come scendere dal letto e andare in bagno, riuscire ad orientarsi nel tempo e nello spazio, eccetera.

Anche i minorenni possono ricevere l'indennità di accompagnamento?

Sì, anche i minorenni possono ricevere l'indennità di accompagnamento, quando siano affetti da un’invalidità totale che non gli permette di deambulare o semplicemente di svolgere le normali azioni quotidiane che i coetanei svolgono. 

L'indennità non si perde con il raggiungimento della maggiore età e non dipende dai requisiti del reddito familiare.

L'indennità di accompagnamento è cumulabile con i redditi di lavoro?

Sì certo, l'indennità di accompagnamento è totalmente compatibile e cumulabile con il reddito derivante da un'attività lavorativa, sia essa autonoma o dipendente.

Non solo, è anche totalmente cumulabile con altri tipi di indennità (per esempio di cecità totale o parziale) o di pensione.

Incompatibili con l’indennità di accompagnamento, invece, altri tipi di indennità  erogate per cause di servizio, di guerra o lavoro. Il soggetto richiedente avrà il diritto di scegliere quale indennità è più favorevole.  

Come si fa domanda di indennità di accompagnamento?

Il primo essenziale passo per richiedere questa indennità, è il certificato medico rilasciato dal proprio medico di base che dichiara la sussistenza dei requisiti sanitari essenziali per vedersi riconoscere l'indennità. 

Una volta ottenuto questo certificato, si potrà inoltrare la richiesta all'INPS, per via telematica, a questo indirizzo tramite il servizio apposito sul portale ufficiale con il proprio SPID, o naturalmente rivolgendosi a un patronato o a un'associazione per disabili che sia autorizzata a fare da intermediario.  

Naturalmente non basta solo il certificato del medico di famiglia per dare seguito all'accettazione della domanda. L'Inps, infatti, stabilisce che venga effettuata un'ulteriore visita presso una Commissione istituita alle Asl di appartenenza, che vada ad accertare la situazione di disabilità in essere. Nel caso il soggetto richiedente non possa essere trasportato nella sede Asl, la visita sarà fatta a domicilio. 

Una volta esaminata la domanda e accertati i requisiti sanitari e amministrativi, l'INPS provvederà ha emettere il proprio parere e, sia in caso di accettazione che di diniego, verrà inviata una risposta al soggetto tramite Pec o raccomandata. 

Per quanto tempo si può ricevere l'indennità di accompagnamento?

L'indennità sarà corrisposta per dodici mesi e inizierà a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della domandaPer il 2021 l'importo dell'indennità è pari a 522,1 euro.

E' un importo esente da tassazione e da dichiarazione dei redditi e non può essere reversibile sugli eredi, in quanto strettamente collegata ad una situazione di difficoltà personale del richiedente.

Casi in cui l'indennità di accompagnamento può essere revocata

Il pagamento dell’indennità di accompagnamento può essere sospeso, e non revocato,  nel caso di ricovero ospedaliero per un periodo superiore a 29 giorni a carico totale del servizio sanitario nazionale. Una volta terminato il ricovero, l'indennità ripartirà come prima.

Si può avere la revoca dell'indennità di accompagnamento, invece, solo ed esclusivamente nel caso in cui le condizioni di salute del ricevente siano migliorate. Questa è l'attuale giurisprudenza desunta da una recente sentenza dei supremi giudici della Corte di Cassazione.  

Il caso che ha portato alla sentenza riguardava una donna a cui era stata riconosciuta l'indennità di accompagnamento, oltre alla pensione di inabilità. 

A seguito di una visita di revisione, (la visita che serve per verificare il sussistere delle condizioni sanitarie e di salute alla base dell'indennità)  dopo 5 anni, alla donna viene viene revocata l'indennità di accompagnamento. La donna aveva fatto ricorso e la Corte d’Appello che invece le aveva riconosciuto non un miglioramento delle condizioni, bensì un aggravamento.

La sentenza, però, faceva ripartire l'indennità da quel momento in poi, ed ecco l'intervento della Cassazione che ha stabilito che l'indennità doveva essere versata dal momento in cui era stata interrotta, cioè da fine 2011.

Nella sentenza i supremi giudici hanno stabilito che nelle visite di revisione l'Inps deve provare se realmente c'è stato un miglioramento nelle condizioni di salute del ricevente l'indennità, tale da riportare il soggetto a poter percepire nuovamente un guadagno derivante da riadattamento lavorativo".

Grazie a questa sentenza si è dunque stabilito che l'onere della prova spetta all'inps , il quale deve dimostrare l'avvenuto miglioramento delle condizioni di salute del ricevente l'indennità e il suo possibile reinserimento nel mondo del lavoro.

In quali casi si ha diritto all'esonero delle visite di revisione

Ci sono alcuni tipi di handicap e di disabilità  che danno diritto all’esonero dalle visite di revisione da parte delle Asl.

I percettori di indennità di accompagnamento piagati da una disabilità stabilizzata o che tende ad aggravarsi, degenerativa, hanno diritto di essere esonerati da ogni visita ulteriore volta alla revisione e all'accertamento delle condizioni di salute.

C'è infatti un elenco di patologie escluse dalle visite di controllo, ma spesso, purtroppo, queste normative vengono disattese e i portatori di tali patologie vengono puntualmente chiamati per la visita di revisione nonostante la loro malattia non possa in alcun modo migliorare o addirittura è degenerativa.

Vediamo quali sono i requisiti per essere esonerati dalla visita. 

  1. Sono esonerate tutte le persone affette da una disabilità stabilizzata o tendente all'aggravamento e alla degenerazione ingravescente, anche se non titolari di indennità di accompagnamento o di comunicazione.  Questo stabilisce la legge 114/2014
  2. Il secondo requisito è avere una patologia rientrate tra quelle elencate dal Decreto Ministeriale 2 agosto 2007.

Le patologie individuate dal decreto sono dodici e  danno il diritto di non essere più sottoposti a visite di revisione. Eccole di seguito elencate:

  1. Insufficienza cardiaca refrattaria a terapia.
  2. Insufficienza respiratoria in trattamento continuo di ossigenoterapia o ventilazione meccanica.
  3. Essere in dialisi
  4. Perdita anatomica o funzionale di entrambi gli arti superiori o inferiori
  5. Menomazioni dell’apparato osteo-articolare, non emendabili
  6. Epatopatie con compromissione persistente del sistema nervoso centrale e/o periferico, non curabile
  7. Patologia oncologica con compromissione secondaria di organi o apparati.
  8. Patologie e sindromi neurologiche di origine centrale o periferica, refrattarie al trattamento.
  9. Patologie cromosomiche e/o genetiche dalle quali conseguono menomazioni riportate in elenco.
  10. Patologie mentali con gravi deficit neuropsichici.
  11. Deficit totale visivo.
  12. Deficit totale dell’udito.

Le visite in questi casi specifici, sono inutili e bisogna evitarle. Nonostante ciò, ancora oggi accade fin troppo spesso che si disattenda a questa norma.

Dunque cosa può fare il cittadino che rientra in questo elenco ma che viene comunque chiamato a visita di revisione? Non presentarsi?

No, deve presentarsi, perché se non si presenta l'indennità viene immediatamente sospesa. 

Ma una volta presenti alla visita, bisogna chiedere alla commissione, attraverso  l’esibizione di certificazione sanitaria adeguata, che sia annotato l'esonero da ulteriori visite di revisione.  Se questo diritto non sarà rispettato, ci si dovrà rivolgere ad un legale e fare ricorso.