Inps, aumento pensione a marzo. Novità pensione di garanzia

Pensione di marzo e riforma pensioni, Inps fa la sua parte con una proposta di riforma pensioni e con l'aumento del cedolino a marzo.

Il tema pensione è sempre spinoso perchè tocca la vita di chi per anni ha lavorato ed ha tutto il diritto di potersi godere il meritato riposo. 

Eppure di pensioni si parla sempre quando c’è da tagliare o riformare. Ma questa volta, potremo scrivere sia di quello che sta accadendo sul fronte della riforma delle pensioni, che sul pagamento della pensione di marzo.

Su quest’ultimo punto un articolo ben dettagliato illustra i nuovi importi della pensione di marzo Pensione marzo: doppio aumento da Inps! Ecco i nuovi importi

La riforma delle pensioni è ancora tutta in salita, anche se l’ipotesi di una pensione di garanzia si sta facendo largo, fermo restando l’obbligo di andare in pensione a 67 anni, quindi con la riforma Fornero.

A marzo invece, il cedolino della pensione godrà di ben due componenti di aumento: quello legato alla perequazione, ossia al riparametrare il valore nominale della pensione con l’indice di “inflazione” e quello legato ai nuovi scaglioni Irpef.

Due facce di una stessa medaglia. Lacrime e sorrisi. Speranza e delusioni.

Per chi è in pensione, fortunatamente, potrà godersi a marzo il doppio aumento.

Per chi invece sta ancora lavorando e sta pianificando come andare in pensione, la riforma è ancora tutta da scrivere anche se fino a fine anno prevarrà Quota 102, ossia 38 anni di contributi e 64 anni di età. Dal 2023 invece l’ipotesi che sta avanzando è una conferma dei 67 anni, come richiesto dalla Legge Fornero, ma applicando alcune flessibilità sia in uscita che in conservazione del lavoro e facendo per la priva volta riferimento alla pensione di garanzia.

Pensione Inps: a marzo aumenta per nuove aliquote Irpef

Tempo di pagamento della pensione di marzo, con l’anticipo del calendario come avviene ormai da due anni, per garantire la riscossione dell’importo in totale sicurezza a causa dell’emergenza sanitaria. Come ormai si sta profilando, forse la pensione di marzo potrebbe essere l’ultima ad essere riscossa presso le Poste con anticipo.

Ma è anche la prima pensione con le nuove aliquote Irpef, che sono entrate in vigore con la legge di bilancio 2022. Una delle riforme auspicate dall’Unione Europea per concedere sia i finanziamenti che i contributi a fondo perduto per il PNRR, piano nazionale di resilienza e ripartenza, è proprio quella fiscale. Partita con la rivoluzione sull‘assegno universale unico ai figli, è sfociata poi nella nuova struttura di aliquote fiscali.

Si passa da cinque a quattro aliquote, con una novità anche negli scaglio di reddito.

Per i pensionati, poi c’è anche l’incremento di 500 euro della no tax area, che passa da 8.000 a 8.500 euro. Cosa significa ciò? Che per pensioni, il cui imponibile fiscale non superi 8.500 euro, non ci sarà alcuna tassazione.

Le nuove aliquote che si applicheranno dal cedolino di marzo, sono quattro:

  • per redditi fino a 15.000 euro l’Irpef è del 23%;
  • per redditi tra 15.000 e 28.000 euro l’aliquota passa al 25% (dal 27%);
  • per redditi compresi tra 28.000 euro e 50.000 euro la nuova Irpef è del 35% (cambia sia lo scaglione che l’aliquota);
  • per redditi oltre 50.000 euro, l’aliquota è del 43%.

Scompare l’aliquota del 41%. 

La nuova Irpef quindi modificherà il cedolino della pensione di marzo, anche se in maniera differenziata tra pensionato e pensionato. A beneficiarne maggiormente della nuova Irpef, è il pensionato con un reddito da pensione compreso tra 15.000 e 50.000 euro.

Pensione Inps marzo: i nuovi importi

Il cedolino di marzo sarà disponibile nel portale Inps, nella sezione myInps, nei prossimi giorni. Nel cedolino della pensione di marzo sarà visibile l’effetto della nuova Irpef. Basterà confrontare il nuovo cedolino di pensione con quello del mese precedente per verificare se c’è e qual’è l’ammontare della differenza, dovuta all’Irpef.

Alcuni calcoli semplici possono però già illustrare quali effetti si potranno apprezzare nel pagamento della pensione di marzo.

Fino a 8.500 euro non c’è alcuna applicazione di Irpef, ma il pensionato godrà di 500 euro in più all’anno senza tassazione. Significa all’incirca 41 euro al mese in più netti.

Ma se la pensione supera gli 8.500 euro, sull’intero importo della pensione si applica l’Irpef. Rispetto alla versione dell’Irpef del 2021, fino a 15.000 euro, non ci sarà alcuna differenza in termini di aliquota e relativa trattenuta fiscale.

Per una pensione di 30.000 euro invece, l’intera Irpef che si pagherà nel 2022, è di 7.400 euro.

La stessa pensione a marzo 2021 invece scontava un Irpef di 7.720 euro.

La pensione di marzo quindi guadagnerà nel 2022 circa 27 euro al mese su 12 mensilità. 

Riforma pensione: Quota 102 fino a fine 2022

Il tema riforma pensioni è ritornato sul tavolo del dibattito politico con l’incontro tra il ministro del lavoro, Andrea Orlando e le rappresentanze sindacali, il 15 febbraio. Il terreno di confronto è come superare la legge Fornero a partire dal 2023, anno in cui Quota 102 non si applicherà più.

Con il termine di Quota 100, avvenuto a fine 2021, per un anno è stato deciso che per andare in pensione, senza applicare lo scalone di 5 anni previsti dalla Fornero, è stata introdotta Quota 102. Solo per un anno come mediazione per poter nel 2023, arrivare ad una vera riforma delle pensioni.

Quota 102, di fatto non è altro che una trasformazione di Quota 100, per la quale restano validi gli anni di contribuzione pari a 38, ma aumenta l‘età anagrafica passando da 62 a 64 anni.

Chi maturerà entro il 31 dicembre 2022 le due condizioni di contributi versati ed entà anagrafica, potrà andare in pensione con 3 anni di anticipo rispetto alla legge Fornero, senza alcuna penalizzazione.

Riforma pensione: a 67 anni ma con pensione di garanzia

La partita della riforma delle pensioni, si gioca sulla flessibilità. Questo chiedono i sindacati, CGIL, CISL e UIL. E lo hanno chiesto anche nell’ultimo incontro avuto con il ministro Andrea Orlando, proprio il 15 febbraio. Incontro positivo in cui il governo ha mostrato apertura alla richiesta della flessibilità. Ma non è ancora stata confezionata come vorrebbero le sigle sindacali. Il segretario confederale della CGIL, Roberto Ghiselli, così ha dichiarato

La flessibilità è un elemento rispetto al quale il governo ha dichiarato di essere intenzionato a dare delle risposte. Attendiamo di conoscerne il merito.

Ma l’ipotesi del Governo è quello di accettare la flessibilità ma a scapito della quantificazione della pensione che passerebbe completamente al sistema contributivo. E su questo punto lo stesso segretario Roberto Ghiselli tuona:

Se comporta un taglio del 30% come in Opzione Donna è inaccettabile.

Una strada, insomma, sembra essere stata intrapresa, ma la soluzione è ancora lontana. Il punto certo è che l’età anagrafica per andare in pensione è di 67 anni, ma il lavoratore potrà decidere se uscire prima. In che modo e con quanto? Questi sono i punti essenziali.

Per il 2022 sono state riconfermate Opzione Donna e APE sociale allargato. Ma cosa succederà nel 2023?

Inoltre ci sono anche casi in cui, pur raggiungendo l’età pensionabile di 67 anni, non si abbiano i contributi necessari a maturare una pensione di almeno 1,5 volte superiore all’assegno sociale. Così, il Governo sta pensando ad una sorta di pensione di garanzia, ossia di un assegno sociale integrato con un importo legato ai contributi versati.

Pensione Inps: ipotesi riforma con uscita a 62 anni e riduzione importo

In un’intervista a Mauro Marino su PensionperTutti, si fa riferimento alla proposta che aveva avanzato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ma anch l’ex presidente dello steso istituto, Tito Boeri.

Partire da 67 anni di età, come requisito anagrafico di pensionamento, ma permettere al lavoratore di anticipare l’uscita a 62 o 63 anni, sostenendo però una riduzione dell’importo dell’assegno di 1.5% all’anno fino al compimento di 67 anni. In pratica una riduzione complessiva del 6% a fronte della decisione di ritirarsi prima dal lavoro. 

Ma nello stesso tempo, riconoscere un 6% in più nel caso in cui il lavatore invece decida di lavorare fino a 70 anni. 

Questa proposta sembra trovare accoglimento tra i lavoratori, ma non sembra invece ancora essere del tutto considerata dai tecnici del ministero dell’Economia e del ministero del Lavoro. 

Ma secondo l’esperto dei pensioni Mauro Marino, una pensione tagliata e basata solo sul sistema contributivo provocherebbe poi un necessario intervento dello Stato per aiutare le pensioni più basse con dispendio quindi di risorse. 

E’ impensabile che si parli del contributivo puro perché vorrebbe dire impoverire ulteriormente i lavoratori con assegni previdenziali decurtati fino anche al 30%. Già ora la media delle retribuzioni delle pensioni è di appena 1.200 € lorde. Non si può e non si deve scendere troppo riguardo alle retribuzioni delle pensioni perché poi comunque lo Stato deve intervenire con altre forme di aiuto. 

La strada per la nuova pensione è ancora in salita.

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