Il confronto tra gli ultimi dati disponibili ci dice quanto guadagnano in Europa gli insegnanti.
Una domanda che spesso si pongono anche i giovani che stanno vagliando la possibilità di intraprendere una carriera professionale nella scuola nel nostro Paese e che, ancor prima di inserirsi in questo mondo, sanno che dovranno lottare, e non poco.
Se è vero che gli stipendi scuola in Italia non sono i più bassi in assoluto se confrontati con quelli di altri paesi in Europa, è pur vero che continuano a esserci differenze significative, anche nei contratti dei docenti italiani rispetto a quelli di altri paesi.
In linea generale, come evidenziato dal report Eurydice, il livello stipendiale è strettamente legato al PIL pro capite di un paese, il che significa che maggiore è il PIL pro capite, maggiore diventa lo stipendio annuale.
Quanto guadagnano gli insegnanti in Europa
Come per molti altri settori, anche per la scuola ci sono docenti che vengono pagati di più in alcuni paesi d’Europa rispetto ad altri.
Differenze che si registrano anche quando si analizzano le principali differenze tra i diversi paesi europei sugli stipendi degli insegnanti all’inizio della carriera. Differenze che non sono esigue, ma che anzi possono variare, a seconda del paese, da circa 4.000 euro a 92.000 euro annui. Per esempio, in paesi come Bulgaria, Ungheria, Polonia e Romania per gli insegnanti, all’inizio della carriera, lo stipendio medio base è al di sotto dei 9.000 euro annui.
In particolare, sono 12 i paesi europei in cui i docenti neoassunti percepiscono lo stesso stipendio base, a prescindere dal livello di istruzione in cui insegnano come accade, tra gli altri, in Portogallo, in Irlanda e in Slovenia. Nei paesi restanti, invece, l’entità dello stipendio varia in base ai livelli di istruzione e ai requisiti minimi di qualifica che vengono richiesti per accedere alla professione.
Differenze, tra paese e paese, ci sono anche se si guarda all’aumento degli stipendi nel corso della carriera. In alcuni paesi (per esempio, in Danimarca) questi possono crescere del 16%, in altri possono crescere fino al 143% (per esempio, a Cipro).
Stipendi docenti in Europa: chi guadagna di più e chi guadagna di meno
A godere degli stipendi più alti in Europa ci sono i docenti che lavorano in Danimarca, Germania, Lussemburgo, Svizzera e Liechtenstein con retribuzioni che superano i 50.000 euro l’anno (si tratta di paesi con un PIL pro capite alto).
Nella fascia 30.000-49.000 euro, invece, troviamo gli insegnanti di Belgio, Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia.
L’Italia si posiziona, invece, nella fascia tra i 22.000 e i 29.000 euro all’anno assieme ai docenti in Francia e in Portogallo. Lo stipendio di un insegnante di scuola superiore in Italia è di 33.811 euro lordi annui, più basso se rapportato a quello di un collega francese (45.505) e di molto inferiore rispetto a quello di un insegnante tedesco (73.557).
Ma il nostro Paese presenta anche altre problematiche in merito agli stipendi dei docenti, per esempio il fatto che le retribuzioni iniziali possono aumentare di circa il 50% solo dopo aver raggiunto i 35 anni di attività.
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Quanto guadagnano gli insegnanti in Italia: un confronto con gli stipendi europei
Una volta analizzati alcuni dei dati a disposizione riguardo agli stipendi dei docenti in Europa, sorge spontanea la domanda: è vero che gli stipendi degli insegnanti italiani sono tra i più bassi in Europa?
A rispondere a questa domanda è un ulteriore studio, quello della fondazione Agnelli, il quale evidenzia non solo che effettivamente gli stipendi dei docenti italiani siano più bassi rispetto a quelli di altri paesi europei, ma che questi siano anche molto meno dinamici nel tempo.
Come evidenziato dallo studio, nei primi anni di professione la forbice a sfavore degli insegnanti in Italia non è enorme (25mila euro circa in Italia, con Francia, Portogallo e Finlandia sotto i 30mila euro, ma la Germania sopra i 50mila euro).
Forbice che, però, si accentua con il passare degli anni. Gli stipendi dei docenti italiani, infatti, non si dimostrano dinamici, in quanto legati molto più al meccanismo dell’anzianità rispetto al “meccanismo di carriera” che, al contrario, negli altri paesi, determina massimi retributivi talvolta elevati.
Non solo, perché lo studio rileva anche un fattore che rende i contratti dei docenti italiani unici rispetto a quelli di altri paesi europei: quest’ultimo, infatti, quantifica solo le ore di lezione alle quali si aggiungono circa altre 2 ore a settimana per le attività di programmazione, per l’aggiornamento e per il ricevimento dei genitori.
Vengono, dunque, escluse tutte le altre ore di lavoro (per esempio, di preparazione delle lezioni o per altre attività non strettamente di lezione), cosa che invece non avviene negli altri paesi.
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