Lavorare senza vaccino, ecco le possibili conseguenze!

Lavorare senza essersi vaccinati è una scelta che potrebbe comportare problemi. Un dipendente che ha rifiutato la somministrazione del vaccino contro il coronavirus potrebbe essere esonerato dalle sue mansioni e dalla sua retribuzione mensile. Vediamo le ultime e anche i riferimenti legislativi.

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Lavorare senza essere vaccinati, una scelta che può comportare problemi? Un lavoratore che ha deciso di non aderire alla campagna vaccinale potrebbe rischiare la sospensione dalle sue mansioni lavorative? Sono domande lecite e che con il trascorrere dei giorni incalzano fortemente. E allora, come ci istruiscono a riguardo codici e sentenze, quale la normativa?

Oggi il tanto ambito lavorare si connette più che mai ai temi della salute e della prevenzione. Un dipendente che ha rifiutato la somministrazione del vaccino contro il coronavirus potrebbe essere esonerato dalle sue mansioni e dalla sua retribuzione mensile (?).

Un dilemma più che un quesito, un dubbio mosso anche da una dichiarazione del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, una questione che sta divenendo cuore di numerosi dibattiti anche in conseguenza del rincalzo di contagi causati dal diffondersi della variante Delta e del rilancio economico preannunciato da tutta una gamma di indicatori: più vigore conterà la ripresa, più costanti diverranno le relazioni dirette e interpersonali con consequenziale innalzamento del rischio all’interno dei diversi contesti lavorativi.

Intanto, in un video caricato sul suo canale youtube, Andrea Acconcia ci consiglia come affrontare questo periodo di green pass e vaccini.

Lavorare senza vaccino, c'è chi sospende dalle mansioni

I provvedimenti giurisdizionali intrapresi dai giudici hanno, fino a questo momento, in svariate circostanze concesso la ragione ai datori di lavoro che avevano deciso di sospendere quei lavoratori privi, per ragioni e posizioni differenti, di vaccino anticovid

Qualche settimana fa è stato il giudice del lavoro di Modena a ribadire il pensiero a riguardo: il giudice in questione ha deciso di respingere il ricorso avanzato da alcune lavoratrici facenti parte di una cooperativa di servizi, attive all’interno di una rsa per anziani, che erano state esonerate dal lavoro per aver scelto di rifiutare la somministrazione del vaccino. Mascherine e distanziamenti vari non sono più vagliate come alternative percorribili e sufficienti.

Ma non è il primo episodio, ve ne sono altri: alcuni mesi fa dell’identico parere erano stati il tribunale di Belluno e quello di Verona, entrambi ci tennero a ribadire l’esonero di diversi lavoratori privi volontariamente di vaccino in episodi non differenti da quello modenese.

Lavorare senza vaccino, i rischi a norma di legge

Sono avvenimenti che poggiano tutti su almeno due elementi: in primis si consideri l’articolo 2087 del codice civile, che indica l’imprenditore come garante della salute negli ambienti di lavoro; in seconda battuta si tenga presente la direttiva Ue del 2020 che ha inserito il Covid tra le patologie contro cui è doveroso attivare misure dal carattere preventivo. 

Gli episodi ai quali si fa riferimento riportano i casi di due complessi sanitari. Una buona dose di senno, senza neanche badare a qualsivoglia normativa, potrebbe suggerire che non sarebbe appropriato avvicinare pazienti dalle precarie condizioni di salute a dottori e infermieri non al riparo da una possibile infezione da Covid. Del resto finanche un provvedimento dello scorso maggio ha fatto sì che si rendesse vincolante la somministrazione del vaccino per i dipendenti della sanità.

Lavorare senza vaccino, come comportarsi sui luoghi di lavoro

Ma quando andiamo a spostarci in fabbriche, uffici o scuole, cosa accade? Quali sono gli iter da seguire? Con riferimento all’articolo 2087, inerente alla «tutela delle condizioni di lavoro», si vedrà come da questo punto di vista non vi è alcuna differenza. Riportiamo le sue esatte parole: 

L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Se si prendesse alla lettera, varrebbe a dire che, si pensi a una corsia di ospedale o a una catena di assemblaggio, il rischio di un focolaio dovrà a ogni modo essere scansato.

Permane l’ipotesi, ad esempio nella circostanza di una azienda manifatturiera, l’eventualità di indirizzare il dipendente non vaccinato a incarichi che lo pongano in una posizione che non possa nuocere ad altri colleghi. Salvo che il contesto lavorativo e i propositi dell’impresa concedano questa alternativa finalizzata al compromesso.

Green Pass per lavorare, le aziende hanno il diritto di imporlo?

Stando a Pietro Ichino, giuslavorista, ex parlamentare, ex sindacalista, le aziende potrebbero imporre il green pass ai propri dipendenti per andare a lavorare.

Confindustria avrebbe richiesto al governo un provvedimento che permetta l’accesso agli ambienti lavorativi solo a quei dipendenti che si siano vaccinati contro il covid. Come ben sappiamo è arrivato un secco e corale no sia dalla politica sia dai sindacati. Inoltre, decisa anche la risposta del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che ribadisce il suo «no a proposte unilaterali».

Il Professore Pietro Ichino sembra schierarsi con Confindustria, ribadendo la legittimità delle idee avanzate dall’associazione degli industriali. L’ex parlamentare ribadisce le ragioni di Credo Confindustria. Accesso in azienda consentito solo a vaccinazione effettuata.

Siccome il vaccino è una risorsa ormai alla portata di tutti, questa si rivela una soluzione funzionale e non contestabile al fine di eludere una malaugurata quarta ondata di coronavirus, un trauma che risulterebbe senz’altro indigesto per l’intero Paese.

Stando sempre a Ichino questa potrebbe rivelarsi, a giochi fatti, la mossa migliore e più intelligente, arrivando a osservare come gli imprenditori dovrebbero già metterla in pratica di personale iniziativa. Il tutto potrebbe essere anche avviato senza restare in attesa di una norma legislativa specifica, in quanto potrebbero avvalersi di quanto sancito dall’articolo 2087 del Codice civile, e anche dagli articoli 15 e 20 del Testo Unico per la sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs. n. 81/2008).

Lavorare con green pass, le norme in questione cosa dicono?

Per quel che riguarda l’articolo 2087 del Codice, questo vincola il datore di lavoro ad adoperare ogni misura suggerita dalla scienza, dalla tecnica e dall’esperienza possibilmente idonea a limitare ai minimi termini, se non addirittura eliminare, qualsiasi rischio per la sicurezza e il benessere fisico e psichico del dei dipendenti. 

Per quel che concerne invece l’art. 15 del Testo Unico sulla sicurezza, questo impone al datore, quando ipotizzabile, a non attenersi esclusivamente a provvedimenti volti alla tutela, ma prendere le norme migliori al fine di sradicare radicalmente il rischio per la sicurezza e la salute del lavoratore. L’art. 20, altresì, vincola il dipendente a adeguarsi a quanto stabilito in materia di sicurezza dal datore sulla scia delle due prime norme.

Da considerare anche l’articolo 32 della Costituzione che tratta della libertà nello scegliere i servizi medico-sanitari, a meno che la norma non disponga un obbligo. Il medesimo tassello costituzionale conta come oggetto primario proprio la salvaguardia della sicurezza e della salute di ciascuno.

E allora, ogni cittadino è libero di non sottoporsi a vaccino, fintanto una norma non attenda questo vincolo, sebbene non debba mettere a repentaglio la salute di tutti gli altri. Altrettanto libero sarebbe qualunque imprenditore, laddove la somministrazione del vaccino si presenti come l’alternativa più funzionale alla sicurezza dei propri lavoratori, di farne richiesta in nome dei suddetti provvedimenti costituzionali, che, d’altronde, rappresentano pur sempre norme figlie dello Stato. 

I rischi per chi lavorerà senza vaccino

Ma ci sono dei rischi per tutti quei lavoratori che rifiuteranno o hanno rifiutato di ricevere il vaccino o per chi si asterrà dal presentare nei contesti appositi il celebre green pass? Vi è un reale rischio di essere licenziati, il datore di lavoro può arrivare davvero arrivare a questo o a sospendere lo stipendio mensile?

Occorrerà analizzare il decreto-legge n. 44/2021, questa norma predispone di suo il vincolo della vaccinazione per l’intero personale medico-sanitario. In più presume che i riluttanti abbiano la possibilità di essere trasferiti su incarichi, talvolta di prestigio minore, che non implichino relazioni dirette con altri operatori o pazienti, o invece, qualora questo non fosse attuabile, ecco la fatidica interruzione (momentanea) del rapporto di lavoro e delle mensilità. Il mood ricorda quella della sospensione della patente di guida per guidatori scapestrati. 

Tale si presenterebbe come un approccio meno severo rispetto alla norma consueta, la quale andrebbe a consentire il licenziamento del dipendente che, privo di una valida ragione, si fosse rifiutato di conformarsi alle norme di sicurezza predisposte dai suoi superiori. 

Lavorare senza vaccino, la questione della privacy

Altro nodo da sciogliere sarebbe poi accertarsi dell’effettuata vaccinazione dei propri lavoratori senza ledere quanto voluto dal Garante della Privacy che preclude l’istanza di presentazione del documento di vaccinazione e del green pass. 

L’argomentazione del Garante della Privacy fa riferimento al complesso dei cittadini italiani, all’interno di un contesto nel quale un vincolo universale alla vaccinazione non è attualmente predisposto dalla legge.

È il medesimo Garante a riconoscere che il diritto al riserbo sia un diritto eminentemente fruibile: per intenderci, ciascuno può ritenersi libero di avvalersi del personale diritto all’immagine, o alla riservatezza sulle intime vicende esistenziali. Parimenti, anche in assenza di una legge che vincoli a una vaccinazione, ciascuno potrebbe essere libero di andare a siglare e firmare un contratto che abbracci tale obbligo. 

E allora, che si tratti di un proprietario d'albergo, di un ristoratore, o di un amministratore di un servizio di trasporto, ognuna di queste figure potrebbe con tutta legittimità assoggettare la fruizione dei propri servizi alla presentazione dell’attestazione di vaccinazione

Quindi, il succo potrebbe essere questo:

libertà a ciascun individuo di sottoporsi a vaccino, ma libertà pure alla struttura alberghiera o al servizio di trasporti di non siglare con il medesimo, qualora non fosse vaccinato, il contratto inerente. 

Stesso iter potrebbe valere per un contratto lavorativo, sempre seguendo la legislazione appena citata:

il datore di lavoro che riterrà occorrente la vaccinazione per assicurare l’assoluta sicurezza negli ambienti di lavoro, riparandosi così da rivendicazioni risarcitorie con ogni probabilità piuttosto salate, potrebbe fruire dei poteri disposti dall’articolo 2087 del Codice civile, andando a chiedere l’obbligo di vaccinarsi ai propri lavoratori.

Il massimo, naturalmente, sarebbe se questo avvenisse accordandosi con i sindacati, sebbene non sia misura inderogabile. 

Il vento contrario, il parere dei sindacati

Le posizioni che si attestano tra i diversi sindacati confederali sono piuttosto differenti. Si contano anche, specie tra i ranghi di Cisl e Uil, e qualche personalità anche in Cgil, sindacalisti che hanno deciso di non allinearsi alle idee della destra, condividendo le posizioni pro vaccinazione.

Ovviamente accorgendosi della dissonanza che c’è tra esigere a voce alta una più meticolosa tutela della sicurezza dei lavoratori contro incidenti e patologie legate alla professione, e parimenti obiettare l’obbligo alla vaccinazione, ai punti l’alternativa migliore nella lotta al virus e al pericolo di divampare di pericolosi focolai.