Lavoro agile, i cambiamenti della legge!

Cosa sta cambiando quando si parla di lavoro agile? Cosa bolle in pentola per quel che riguarda il settore privato? Domande alle quali proveremo a dare una risposta. Il protocollo emanato lo scorso 7 dicembre si pone come la prima intesa interconfederale che identifica in maniera esplicita l’assoluta importanza e imprescindibilità della negoziazione tra società e i suoi dipendenti.

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Cosa sta cambiando quando si parla di lavoro agile? Cosa bolle in pentola per quel che riguarda il settore privato? Domande alle quali proveremo a dare una risposta. 

Il protocollo emanato lo scorso 7 dicembre si pone come la prima intesa interconfederale che identifica in maniera esplicita l’assoluta importanza e imprescindibilità della negoziazione tra società e i suoi dipendenti. Proviamo a capirne di più tramite la seguente disamina. 

Gli addetti ai lavori si stanno ponendo molti interrogativi sul valore che dovrà essere conferito al protocollo approvato e firmato solo qualche giorno fa, lo scorso 7 dicembre, tra le istituzioni sindacali e gli enti imprenditoriali e il ministro del Lavoro, per tratteggiare il nascente contesto legislativo normativo all’interno del quale andrà a strutturarsi il così chiamato lavoro agile dall’attimo in cui – ci si augura ormai a breve – avrà termine lo stato emergenziale cominciato nel marzo del 2020 per tenere testa alla terribile pandemia da Covid. 

Lavoro agile, i vuoti del protocollo

I quesiti si moltiplicano soprattutto in quanto non vi è articolo tra i 15 che compongono il protocollo che rimandi a qualsivoglia provvedimento che conti un notevole contenuto funzionale supplementare rispetto a quanto atteso dalla normativa (n. 81/2017), che da quattro anni regolamenta integralmente la questione, o in ogni caso dalla legislazione del lavoro corrente.

Anche per quel che riguarda una tematica attuale come quella della disconnessione e della reperibilità, in una ottica della garanzia alla sospensione giornaliera e al riposo settimanale, l’intesa si conferma alquanto vaga:

gli articoli 2 e 3 non vanno oltre la menzione della presenza del diritto alla disconnessione, rimandando alla potenziale negoziazione societaria e comunque alla contrattazione a livello privato tra dipendente e datore di lavoro la determinazione delle sue diverse prassi di praticabilità. 

Lavoro agile, disconnessione e reperibilità

Ma per quel che concerne le tematiche inerenti la disconnessione e la questione della reperibilità, gli articoli in questione non definiscono nessuna regolamentazione di default. Tali testi non spiegano, in definitiva, cosa accadrebbe in assenza di una intesa a riguardo.

Difatti farlo sarebbe stato piuttosto complesso in una prospettiva generale, vista l’incredibile moltitudine delle circostanze entro le quali tale diritto potrebbe essere posto in essere. 

Inoltre lascia perplessi il fatto che la congiuntura di questo protocollo non sia stata percepita nemmeno per un “avviso comune” delle fazioni al legislatore al fine di una correzione di un paio di deformazioni contemplate dalla disposizione. 

Vi è qualcosa però di assodato che vale la pena ricordare. Il vincolo onere di chi concede il lavoro di comunicare per iscritto con cadenza quantomeno annua e  in duplice copia, una per il lavoratore e l’altra destinata all’amministratore dei dipendenti per la sicurezza, includente l’avvertenza sui pericoli complessivi e caratteristici relativi proprio al lavoro in remoto

Il lavoro agile e l'allargamento dell’assicurazione Inail 

Si tratta del solito mare magnum burocratico la cui poca funzionalità è ben chiara a chi si approcci a queste cose nel mondo di oggi. L’ennesima assurdità, questa di gran lunga peggiore, è rappresentata dall’allargamento dell’assicurazione Inail agli incidenti che possono avere luogo al lavoratore nel percorso tra il proprio domicilio e il luogo da esso stesso prescelto per portare a termine la sue attività lavorative. 

Quello a cui si fa riferimento è il tradizionale “rischio elettivo”, ovvero volontariamente valutato, verso il quale non avrebbe senso allargare l’assicurazione obbligatoria. D’altra parte, è piuttosto papabile la circostanza che col diramarsi del lavoro agile l’allargamento della misura possa andare a stimolare innumerevoli illeciti, con consequenziale sovraccarico illegittimo del conguaglio assicurativo sulle aziende interessate.

E dal momento in cui le stime statistiche dicono che presumibilmente gli illeciti saranno maggiormente diffusi al Sud, questo nuocerà all’espansione del lavoro in remoto nel Mezzogiorno del nostro Paese. Nelle regioni del sud allora le società proveranno senz’altro ad arginare in ogni modo il propagarsi del lavoro agile. 

Promozione del progresso post-pandemico del lavoro agile

Il protocollo emanato lo scorso 7 dicembre si presenta, malgrado ciò, come sensibilmente sintomatico poiché dimostra una determinazione collettiva delle parti in una prospettiva non ostruttiva, ma viceversa in un’ottica di promozione del progresso post-pandemico del lavoro agile. 

Le associazioni imprenditorialiConfindustria su tutte – non hanno considerato l’accordo indispensabile e avrebbero con piacere evitato di intavolare ogni trattativa;

ciò nonostante, non hanno manifestato riluttanza di fronte al ministro del Lavoro, il quale era intenzionato a esibire una indicazione propensa al potenziarsi di questa metodologia organizzativa del mondo del lavoro, anche tenendo conto del suo importante appeal favorevole sulla presenza femminile all’interno delle maglie dell’iter produttivo.

D’altronde, è volontà del medesimo ministro aver non vagliato l’istanza giunta invece dai sindacati affinché si valutasse un nuovo provvedimento legislativo, arrivando alla conclusione che vi fosse scarsa sostanza per la realizzazione di una nuova disposizione a supplemento di quella che già da un quadriennio regolamenta con precisione tale tipologia di organizzazione del mondo del lavoro. 

La sovranità negoziale

In ultimo andrebbe evidenziato un altro dettaglio del protocollo che, sebbene la mancanza di provvedimenti in un certo senso all’avanguardia, fa del medesimo uno stadio considerevole nel progredire dell’apparato italiano dei rapporti industriali.

Non era mai successo, a dirla tutta, che all’interno di una intesa interconfederale venisse riservato un articolo appropriato a decretare l’assoluta indipendenza dell’autonomia negoziale individuale su un elemento della relazione lavorativa. Una sovranità che viene a più riprese riaffermata in più ritagli del documento, per poi esprimere obbligatoriamente persino l’esigenza di salvaguardare la libertà concreta degli individui nell’avvalersi di questa opportunità legislativa.

La sovranità negoziale individuale, cioè la potenziale circostanza per il singolo dipendente di prendere accordi in maniera valida con la società un dettaglio della relazione lavorativa, in un certo senso è sempre stata vigente. 

I protagonisti, per così dire, della pattuizione individuale sono stati, per citarne alcuni, il patto di prova, quello di non concorrenza, o quello di reperibilità fuori orario di lavoro. E la libertà individuale del prestatore su una sezione quanto mai importante del contratto di lavoro conta una sottoscrizione lampante nel 1984 con l’individuazione legislativa del lavoro a tempo limitato.

L'assoluta libertà del lavoratore

Malgrado proprio in quella circostanza si verificò una decisa resistenza della sinistra nel periodo di preparazione della disposizione, e in seguito un esperimento di “contenimento” della sua capacità per mezzo di disciplinamenti severi in sede pubblica delle metodologie potenziali del tempo parziale o di un suo inflessibile contingentamento, anche in previsione del probabile suo contatto diversificato a scapito del lavoro delle donne. 

Attualmente, andando a considerare il lavoro agile queste apprensioni sono capitolate: un protocollo interconfederale individua e tutela l’assoluta libertà del lavoratore che vive del proprio lavoro di contrattarne con la società un elemento logistico di enorme importanza.

A prescindere dal tradizionale atto di ossequio alla negoziazione collettiva incluso nell’introduzione del protocollo, nella sua sezione effettivamente dispositiva la libertà negoziale di ciascun lavoratore impegna un compito fondamentale e le parti si prestano a preservare l’autonomia concreta occorrente alla persona per metterla in atto. 

La diminuzione dei diritti del lavoratore, ossia la sua assoluta giuridica insufficienza di amministrare fortemente i propri interessi, pare rappresentare oggi come oggi soltanto un ricordo del passato. 

La Firma sul patto, il lavoro agile in sintesi 

I contenuti allora sono stati quelli ai quali si faceva cenno ormai da settimane. Il Ministero vi ha scommesso per realizzare una iniziale piattaforma sulla quale edificare il lavoro agile del domani. Stando a quanto venuto alla luce, il piano propositivo del ministro Orlando è stato afferrato in primis da Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal e Usb.

I sindacati voce dei lavoratori hanno pertanto approvato all’unanimità.  in massa. Ma estesa è persino la sinergia delle parti datoriali. In questo senso è fissato il beneplacito di  Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Alleanza delle cooperative, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri, Abi, Ania, Confprofessioni, Confservizi, Federdistribuzione, Confimi e Confetra.

Un testo articolato in 16 punti, costruito sulla volontarietà della partecipazione al protocollo nella tipologia di una relazione fiduciaria tra le parti che prevede in tale prassi il fondamento per la stipulazione di un contratto di cooperazione professionale. 

Lavoro agile, caratteristiche

Il lavoro in remoto si contraddistingue per una abbondante autonomia nelle tempistiche, negli spazi e nelle forme. Ovviamente al lavoratore toccherà portare a termine le mansioni incaricate dalla sua società di riferimento. Si garantisce una fascia oraria durante il giorno di disconnessione – per la salvaguardia dei diritti del lavoratore.

Il testo sancisce i tratti i entro i quali l’accordo tra le parti potrà attuarsi: una cattedra predisposta sulla quale le parti in causa potranno pian piano incontrarsi per definire la cooperazione basandosi su standard predefiniti. 

Quello che accadrà nel nostro Paese d’ora in avanti è ancora da vedere, ma siamo di fronte a una vera e propria svolta, un’occasione per tutte le parti in causa, a prescindere da metabolizzazioni e reazioni varie che si seguiranno nei mesi che verranno. La ripresa dell’economia del nostro Paese nei momenti che succederanno alla pandemia passerà anche da qui, cercando di sfruttare vantaggi che prima nessuno avrebbe mai potuto immaginare.