Guerra ed economia italiana, facciamo il punto!

I venti di guerra cominciano, e siamo solo all’inizio, a sortire i loro effetti anche nel nostro Paese. Quale il prezzo pagato dall'economia italiana?.

I venti di guerra cominciano, e siamo solo all’inizio, a sortire i loro effetti anche nel nostro Paese. Il prezzo e le stime del grano sono a standard che non si sfioravano da almeno 14 anni. I costi relativi a pane e paste sono destinati ad lievitare. Dove siamo diretti?

Le disamine sono diverse e provengono da più fonti. La Coldiretti parla di una crescita del 30 per cento rispetto all’anno precedente. Anche Filiera Italia esprime la sua, dichiarando che allo stato attuale delle cose, è quanto mai prossimo un rincaro che oscilli tra il 10 e il 20 per cento

La guerra in Ucraina non è poi così distante. Per gli increduli basterà confrontarsi con i prezzi relativi al grano. Sarà necessario acquistare pasta o pane. 

Jacopo Tartaglia, in un video caricato sul suo canale Youtube, ci spiega le questioni dell’impatto della guerra sull’economia italiana:

Guerra ed economia italiana, il punto della Coldiretti

Ma i suddetti rincari a quanto ammonterebbero? In che direzione ci muoviamo, quali le prospettive future? Ovviamente molto dipenderà dall’evolversi degli eventi. 

L’istantanea in presa diretta proviene dalla Coldiretti. Come annota l’istituto, attualmente nel nostro Paese, il grano viene acquistato a 30,8 centesimi al chilo. Il rincaro è evidente: si tratta del 31% in più rispetto ai 23,5 centesimi dei precedenti 365 giorni. 

Ogni chilo di pane vede il confezionamento di un chilo di pane. Sappiamo come il pane abbia costi assai differente a seconda di località e tipologie di lavorazione. L’impatto del grano sulla spesa finale nelle stime dell’istituto non oltrepassa il valore del 10%.

Guerra ed economia italiana, dove si registrano i rincari 

Anche da Filiera Italia giungono pareri e stime. Una realtà che equivale e supera il 50% del tasso di produzione agricola e industriale, una capacità maggiore di cento milioni. A prendere la parola è stato il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia.

Avendo osservato l’evolversi della situazione attuale ha varato delle ipotesi. Con il protrarsi delle condizioni che stanno segnando drammaticamente questa congiuntura storica, ulteriori rincari e aumenti dei prezzi saranno inevitabili. 

Il rincaro peggiore, quindi il più cospicuo, riguarderà la pasta, si immagina un aumento che oscilli tra il 10 e il 20%. Leggermente più contenuti i rincari che si abbatteranno sul pane, aumenti che graviteranno tra il 5% e il 10%.

Guerra ed economia italiana, la questione degli scaffali

Di conseguenza, un altro dilemma viene ad attanagliare la mente dei cittadini/consumatori. Rischieremo di dover fare i conti con problematiche di scorte sugli scaffali in stile pandemia? Risposte sono fornite sempre da Luigi Scordamaglia.

Questioni di questo tipo abbracciano già l’olio di girasole. Un fattore che mette a repentaglio e spinge verso la crisi svariati comparti della produzione. Poiché sebbene Russia e Ucraina siano garanti di un terzo dell’iter produttivo globale di grano, nelle loro mani è invece il girasole per una percentuale prossima all’80%. 

Attualmente l’olio di girasole viene a mancare in ogni angolo del globo. Si devono segnalare costanti problematicità logistiche per l’isolamento delle imbarcazioni lungo il Mar Nero. Lo spostamento dei container a livello mondiale diviene un’operazione man mano sempre più delicata. Se li fermi da una parte, conseguenze se ne pagano dall’altra.

Guerra ed economia italiana, il grano alla stregua del petrolio

Rifacendoci all’indagine portata avanti da Coldiretti si possono rintracciare anche altre indicazioni utili. Ad esempio vien fuori come il prezzo del grano abbia registrato un guizzo raggiungendo così standard che non venivano sfiorati da almeno 14 anni. Si fa riferimento a una stima di 33,3 centesimi al chilo, evento che non aveva luogo dal lontano 2008. 

Il grano non è solo. A fargli compagnia sono anche le pur alte quotazioni di mais e soia. Materie prime indispensabili per l’iter nutritivo degli animali all’interno degli allevamenti.

L’Ucraina assieme alla Russia eguaglia anche il 19% delle forniture mondiali di mais per l’allevamento animale.

Guerra ed economia italiana, quali le alternative 

Filiera Italia sottolinea anche l’intricato parallelismo tra fattori e circostanze riguardanti l’energia e la produzione agricola. Considerando ambedue le situazioni si comprende facilmente come non si possa venire a capo della complessità della soggezione dall’estero da un momento all’altro. 

Ovviamente occorrerebbero strategie a lunga gittata. Sempre Filiera accusa la miopia dell’Ue nello smantellare alcune produzioni. Una scelta di cui attualmente ne starebbe pagando gli esiti. In questa direzione arrivano le istanze alla politica. L’alternativa sarebbe quella di pervenire a una più cospicua produzione nostrana di grano, cereali come del resto di latte e carni. 

Intorno a queste materie prime e derivati la questione non dovrebbe essere presa sottogamba basandosi su strategie e iter dal sapore pseudo-ambientaliste. Le capacità e le competenze per darsi a una produzione sostenibile ci sono e occorre procedere su quell’itinerario. In modo diverso si ripeterà il copione dell’energia.

Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha una convinzione. Il nostro Paese avrebbe i mezzi, sia primari che tercnologici, e le capacità per porsi in una prospettiva autosufficiente nella produzione del grano come di altri generei alimentari.

Guerra ed economia italiana, l’aridità dei terreni

Altro elemento da considerare è la siccità. A chiarire la situazione un portavoce della Coldiretti, Lorenzo Bazzana. Non si tratta solo della guerra, i prezzi sono dilatati prima e anche a causa di altre ragioni. Si pensi alla crescita delle spese energetiche e quelle dei fertilizzanti e delle materie prime, su tutte cartone e di lì imballaggi. 

Poi è arrivata la guerra, e come previsto ecco ulteriori aumenti dovuti proprio al conflitto. Uno stato di cose che sta generando una nuova onda d’urto sui mercati globali. Non bastasse questo quadro già claudicante, in gran parte del Paese la pioggia sono mesi che non batte. Le difficoltà vertono introno al Po e alla neve in montagna. 

A chiudere il cerchio il rialzo delle temperature di questo periodo e il  risveglio dell’attività vegetativa nel contesto delle aree coltivate. Le alternative quindi quali sarebbero? Per l’aridità del terreno in diverse circostanze si dovrà far ricorso a innaffiamenti di soccorso. Indispensabile allora in questa prospettiva una ricca disposizione di acqua. Ma non basta, visto che l’acqua poi dovrà essere sollevata.

Il tutto farà sì che accrescano ancor di più le spese relative alla produzione. Anche se non è automatico si debba arrivare a una dilatazione dei costi alla vendita.

Guerra ed economia italiana, a quanto è quotato il grano

Una spiegazione la dispensa Lorenzo Bazzana. Attualmente il grano duro è stimato 455 euro a tonnellata, in altri termini, 45 centesimi al chilo.

Mentre per quel che concerne il grano tenero la stima si aggira sui 299-300 euro a tonnellata, il che varrebbe a dire 30 centesimi al chilo. Ragion per cui, va specificato, negli ultimi tempi si son perse superfici di semina. 

Del resto sul mais potevamo dirci all’incirca autosufficienti. Ebbene, a oggi ci tocca importarne il 50%.

Guerra ed economia italiana, il conflitto della pasta

Il conflitto tra Russia e Ucraina non mette a repentaglio il mercato della pasta made in Italy, non incidendo in questo modo sui costi del piatto per antonomasia della cucina del nostro Paese. 

Ad affermarlo sono i pastai di Unione Italiana Food, rammentando quanto l’impatto di questi due Stati sia assolutamente secondario in confronto a quanto occorra al settore di grano duro, elemento primario indispensabile per la realizzazione della pasta. 

Dall’Ucraina nel corso del 2021 non vi è stata alcuna importazione di grano duro. Prendendo in esame quello giunto dalla Russia nel medesimo periodo la stima ammonterebbe a meno del 3% delle importazioni e meno dell’1% sull’indispensabile complessivo necessario ai pastai. 

D’altro canto, l’Ucraina si pone come uno dei maggiori Stati produttori di grano tenero, materia prima necessaria ai fini della produzione della farina adoperata come componente sostanziale di pane, dolci, pizza o mangimi per animali.

Il comparto, che conta al suo interno circa 120 imprese che offrono un impiego a ben più di 10 mila persone, vive del resto uno stato di crisi che non ha eguali nella storia recente.

Il costo del grano duro si mantiene costante da alcune settimane, sebbene giunga da una crescita dell’80% registrata nell’ultimo anno. Le ragioni di tale aumento sono differenti: il prodotto connesso dei cambiamenti climatici, della speculazione a livello globale e della ricerca affannosa all’accumulazione di beni primari da parte di alcuni Paesi. 

Non bastasse il rincaro delle materie prime, sono andati inseguendosi nel corso dell’ultimo semestre anche le dilatazioni delle spese energetiche, petrolio e materiali da imballaggio

Guerra ed economia italiana, la preoccupazione degli italiani

Il conflitto che sta avendo luogo in Ucraina preoccupa e non poco i cittadini italiani. Il 94% dei nostri concittadini manifesta i suoi timori e le proprie ansie

A illuminarci sulla portata di questa preoccupazione è l’indagine Ipsos-Legacoop. Dal sondaggio cine fuori che la quasi interezza dei cittadini italiani (la bellezza del 94%) si confessa decisamente o abbastanza impensierito per il conflitto tra Russia e Ucraina.

La percentuale media di chi afferma di provare un allarme piuttosto importante (50%) accresce con imponenza tra coloro che hanno meno di 30 anni (si tratta del 62%).

Tra gli indicatori che producono maggiore trepidazione vi sarebbe la potenzialità di una seconda guerra fredda (83%), di un danneggiamento delle centrali nucleari ucraine (81%), il pericolo che qualcuna delle parti in causa della guerra smarrisca la lucidità ed si avvalga di armi chimiche o atomiche per annientare gli avversari (80%).

In conclusione, più della metà degli italiani (55%) è preoccupata dall’idea di rappresaglie missilistiche russe nei confronti del nostro Paese e un terzo di dover mandare sul campo di battaglia militari italiani.

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