Il lavoro e il gap retributivo di genere: ecco le soluzioni!

Il Lavoro e il cosiddetto gender pay gap, un binomio lungo una storia. Sono molteplici le ragioni alla base della disparità di genere. Il gender pay gap allora altro non è che la differenza retributiva tra uomo e donna. Una pratica comune non solo in Italia ma anche in Europa e oltre.

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Il Lavoro e il cosiddetto gender pay gap, un binomio lungo una storia. Sono molteplici le ragioni alla base della disparità di genere, di quella inconcepibile discrepanza di retribuzione salariale tra uomini e donne. Capiamone di più.

Il gender pay gap allora altro non è che la differenza retributiva tra uomo e donna. Una pratica comune non solo in Italia ma anche in Europa e oltre. L’Istat documenta come in Italia le donne siano maggiormente istruite dei colleghi uomini ma, a dispetto dell’evidenza dei dati, l’avanzamento professionale femminile si rivela più lungo e tormentato.  

Salari al di sotto degli standard maschili, percentuali minori di possibilità d’impiego, anche quando vi siano equivalenza di titolo di studio e di professionalità. La mancanza di equilibrio tra uomini e donne all’interno del mercato del lavoro presenta una innumerevole quantità di aspetti. Proviamo ad elencarne alcuni, si pensi solo ai percorsi di laurea o alle strategie di welfare per la famiglia.

Marco Crepaldi ci parla di gender pay gap e occupazione femminile in un video caricato sul suo canale youtube: 

Il lavoro pagato diversamente e il percorso di studi

Stando alle informazioni messe insieme dall’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica, sotto la direzione dell’economista Carlo Cottarelli, il cosiddetto gap nella retribuzione netta mensile a cinque anni dalle celebrazioni della Laurea Magistrale supera i 500 euro tra uomini e donne: 1.969 per i primi, 1.403 euro per le donne. 

Tra le ragioni che potrebbero essere alle radici di tale squilibrio vi sono le scelte degli itinerari di studio. Nell’annata 2020, tra coloro che hanno conseguito una laurea in discipline STEM (fisica e matematica, scienze, tecnologie informatiche), gli uomini contano una percentuale del 36,8% del complessivo, mentre la statistica delle donne si arresta a una su sei, e cioè il 17% (indagine Istat). 

Il lavoro meglio pagato, l’ambito scientifico

Le migliori retribuzioni sono per quanti riescano a lavorare nel settore scientifico. In ambito umanistico, invece, cresce il numero delle donne che lo prediligono come percorso di formazione. 

Ciò nonostante, la percentuale più esigua di donne che sono andate a formarsi in ambito scientifico non può sola dare spiegazioni ragionevoli sulle discrepanze retributive tra i due generi.

Anche solo considerando compiti equivalenti all’interno di un contesto lavorativo, stando ai risultati del Anche Gender Gap Report 2021 di JobPricing, il compenso lordo annuale delle donne si presenta come inferiore dell'11,5% in confronto  a quello più lauto dei colleghi uomini.

Più alto è il grado di istruzione maggiore sarà il gap

Ha davvero del paradossale il fatto che la disuguaglianza tra stipendi vada crescendo con l’innalzarsi del livello formativo conseguito dai dipendenti. 

La forbice salariale si attesta intorno al 5,4% tra i chi ha conseguito il diploma presso istituti professionali, svetta al 10,4% tra chi non ha conseguito titoli di laurea ed esplode al 30,4% tra i laureati, per spingersi sino al 46,7% tra coloro che hanno conseguito un titolo di Master di secondo livello 

Il lavoro, le retribuzioni e la questione del welfare

Ci sarebbe poi da affrontare la questione del sistema di welfare. Nel corso del 2019, stando alle statistiche fornite dall’Istat, i posti a disposizione all’interno degli asili nido includevano solamente il 25,5% del somma complessiva dei bambini al di sotto dei tre anni nel nostro Paese. 

Numeri che spingerebbero a chiedersi se l’evidente minore standard occupazionale delle donne non sia da attribuire alla scelta inevitabile tra l’andare a lavoro o prendersi cura delle faccende familiari, più che un bivio.  

Un responso dal sapore di conferma sembrerebbe provenire dal raffronto tra la percentuale di uomini e donne che svolgono le loro attività lavorative secondo una modalità part-time: i numeri si ribaltano, il 7,9% dei primi contro il 31,8% delle seconde. 

Altra risposta sembrerebbero darla anche le cifre relative alle dimissioni intenzionali dei genitori di bambini dai 0 ai tre anni sottoscritte all’Ispettorato nazionale del lavoro. Su una base di più di 42mila licenziati, una percentuale prossima al 77,2% equivale a dimissioni di donne.

Venire a capo del gender pay gap, un percorso da accelerare

Se solo si provasse a venire a capo della problematica, così radicata, del gap retributivo di genere, l’intero Paese ne potrebbe trarre giovamento. È calcolato che l’uguaglianza retributiva e di soglia occupazionale tra uomini e donne concepirebbe uno sviluppo del Pil prossimo o pari a 110 miliardi in più ogni anno.

La questione non è nuova. Le sollecitazioni affinché ci si batta per uscirne si presentano all’ordine del giorno. Con tutto ciò, il Gender Gap Report del World Economic Forum tratteggia un contesto alquanto allarmante.  Per riuscire a sanare il dislivello su scala mondiale nella compartecipazione economica delle donne dovranno ancora trascorrere 267 anni.

Un tragitto lento e che procede a ancor più lentamente. Basti pensare che già nell’ormai distante 1791, nel corso della Rivoluzione francese, l’attivista e drammaturga Olympe de Gouges fece appello all’uguaglianza tra uomini e donne nei diritti sociali, economici e politici, redigendo la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.

In Senato è stata approvata la legge contro il gender pay gap tra uomo e donna. In Italia arriva finalmente la parità salariale.

Corrispondenza salariale: il Senato approva la mozione contro il gender pay gap

Dal Senato giunge il lasciapassare al Ddl rivolto alla parità salariale.

In seguito all’approvazione unanime concessa della Camera, Palazzo Madama ha consegnato il progetto legislativo nelle mani della Commissione Lavoro del Senato. Il procedimento riservato all’uguaglianza retributiva è stato accettato nella sua completezza con l’approvazione di ciascuna delle forze politiche in campo. 

Tra gli obiettivi del Ddl non vi è solamente quello di riuscire a riempire il gender pay gap nello stipendiare gli uomini e le donne, ma altro scopo sarebbe quello di portare a galla ogni discriminazione in atto all’interno dei contesti lavorativi.

Significative le dichiarazioni della deputata Chiara Gribaudo sulle pagine di Fanpage.it., dove sostiene che la problematica che affligge le donne non è solamente quella dell’accesso nel mondo del lavoro, ma soprattutto quella, una volta ottenuto, di riuscire nell’impresa di serbarlo. 

Stando alla deputata si dovrebbe agevolare nel nostro Paese una visione culturale diversa, e cioè quella di una impresa che si ponga in maniera ben differente.

La norma procede proprio lungo questa direzione. Bisognerà ricordare che si deve ragionare sui diritti in un momento post Covid durante il quale, sebbene il blocco dei licenziamenti, malgrado il fondo Covid, a pagare con i propri posti di lavoro sono stati fondamentalmente giovani e donne.

Lavoro e uguaglianza retributiva: le repliche seguite all’approvazione

Una volta approvata la norma non sono mancati numerosi opinioni e commenti a riguardo. Il Partito Democratico ha manifestato immediatamente tutto il suo entusiasmo. Stando ai suoi esponenti finalmente si è di fronte a una normativa riservata all’uguaglianza salariale fra uomo e donna. 

Gli sforzi degli addetti ai lavori allora dovranno rendere al massimo al fine di agevolarne la piena applicazione.

Significative le parole scritte dalla deputata dem Anna Ascani che si dichiara orgogliosa della campagna portata avanti dal suo partito.

Stando alle dichiarazioni della senatrice Anna Rossomando siamo di fronte a un vero e proprio cambio di marcia per quel che riguarda le pari opportunità negli ambienti di lavoro e la battaglia al gender pay gap. Simona Malpezzi ha fatto riferimento a un primordio di civiltà e di equità che porrà il nostro Paese tra le avanguardie europee.

Perentorio anche il commento dell’ex premier Giuseppe Conte che sostiene quanto l’Italia si sia dotata di una forte tutela posta a difesa dalle frequenti discriminazioni tra uomo e donna all’interno di contesti lavorativi. 

La normativa sulla parità retributiva, alcune indicazioni

Questo progetto di legge si appresta a modificare il Codice delle Pari opportunità datato 2006. Dal disegno normativo vengono fuori considerevoli elementi di novità, si pensi solo a una esplicitazione più incalzante del concetto e dell’espressione di discriminazione di genere. 

L’articolo 2 va a sommare tra le discriminazioni “indirette” quelle aventi una tipologia legata alle questioni organizzative e agli infortuni durante l’orario di lavoro e 

ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti.

Ci si riferisce a ogni sorta di circostanza che possa porre il dipendente in una posizione sfavorevole rispetto alle qualità generali dei suoi colleghi. Si fa anche riferimento alle limitazioni delle possibilità di prendere parte alle attività e decisioni nel contesto societario e alle limitazioni del coinvolgimento in strategie e iter legati all’avanzamento e allo sviluppo della propria carriera.

Per di più, questa rinnovata normativa include anche il vincolo per le società aventi 50 dipendenti di fornire e garantire una relazione biennale sulla condizione dei suoi stipendiati, uomini e donne.  

Un quadro che vede una ulteriore aggiunta e cioè quella di una osservazione sulla disuguaglianza di genere

Viene anche inserito l’articolo 46-bis che mette in piedi una vera e propria attestazione sull’uguaglianza di genere con esenzioni fiscali riservate alle imprese. 

Siamo di fronte a una documentazione che certifica le strategie e le norme concrete messe in campo dai datori di lavoro al fine di assottigliare la forbice di genere in merito alle possibilità di sviluppo in azienda, alla parità retributiva a parità di compiti e ruoli, alle politiche di amministrazione delle discrepanze di genere e alla garanzia della maternità.