Come cambia il lavoro, settori in ripresa!

Il mondo del lavoro registra una accelerata. In arrivo nuovi ristori, i settori in crisi attendono. A disposizioni 500mila posti di lavoro.

Il mondo del lavoro registra una decisa accelerata. In procinto di arrivare nuovi ristori, i settori in crisi attendono. 

Il comparto attualmente meglio assortito è quello delle costruzioni. Nel corso del 2021 sono stati messi a disposizioni 500mila posti di lavoro. 150mila sono toccati all’edilizia. A perdere colpi, nella fattispecie 19mila posizioni, il settore degli alloggi e quello della ristorazione. 

Valerio Villani, in un video caricato sul suo canale Youtube, indica i 5 settori del futuro:

Lavoro, i nuovi ristori e la situazione attuale

Arriva nuova linfa per i settori in crisi. A poter contare sulle risorse messe a disposizione dal governo saranno turismo, cultura, discoteche e locali. Versamenti a fondo perduto riguarderanno il settore delle cerimonie nuziali e il mondo dei ristoranti e dei bar. 

Cassa integrazione scontata per i prossimi due mesi per agenzie e tour operator, alberghi, ristoranti, bar e mense, parchi divertimento, musei. Il decreto Ristori-ter approvato dall’Esecutivo si rivolge ai comparti che tutt’ora fanno fatica ad agguantare una qualsiasi forma di rilancio. Ad aggravare la situazione vi è senz’altro stata la nuova offensiva della crisi pandemica.  

Il quadro generale è quello di una sostanziale ripresa del tasso di occupazione. Malgrado ciò, vi sarebbero ancora settori ben lontani dal recuperare i numeri registrati negli anni precedenti l’attuale pandemia. Le ragioni sono differenti.

Ma la pandemia non ha fatto altro che acuire situazioni già complesse. Si consideri il settore tessile, il quale ha visto una crescita dell’impiego dei sostegni sociali già durante il 2019. Altre per motivi congiunturali. Su tutti l’esiguo standard di consumi figlio del presente contesto sanitario. Il riferimento è al turismo, alla ristorazione, allo spettacolo, all’intrattenimento. 

Gli stimoli al lavoro provengono da altre realtà. Si pensi all’edilizia, al terziario professionale e al commercio.

Lavoro, i dati settore per settore, cosa cambia

Proviamo ad analizzare nel dettaglio le circostanze del rilancio e quelle relative ai settori in crisi. Innazitutto occhio ai dati del ministero del Lavoro e della Banca d’Italia con la nota 7 del 17 gennaio 2022. Sebbene siano ancora piuttosto incerti, attesterebbero come nel 2021 siano stati messi a disposizione 597mila nuovi posti di lavoro

Si tratta del saldo fra i contratti siglati e quelli interrotti nei precedenti 365 giorni. 

A partire da giugno 2021, la somma dei contratti siglati, come è possibile leggere nella nota, è rientrata sugli standard preponderanti prima del divampare dei fuochi pandemici. Senz’altro a prevalere sono i rapporti di lavoro a scadenza, si contano la bellezza di 363mila nuovi posti, sebbene non manchino anche i contratti a tempo indeterminato, i quali segnalano un saldo ben augurante di 277mila

A perdere il passo invece l’apprendistato: la differenza tra stage attivati e interruzioni dei rapporti è in rosso di 43mila posti.

Lavoro, tra chi sigla i contratti e chi no 

Simile il trend ravvisabile nell’istantanea dell’Inps. I dati forniti dall’ente restituiscono uno scenario alquanto particolareggiato della diversificazione delle posizioni di lavoro dipendente nei molteplici comparti dell’economia. Un contesto vigente a conti fatti fino a settembre del 2021. 

Ora un confronto tra settembre 2021 e settembre 2019. Il maggiore apporto alla ripresa, rapportandosi al contesto pre-pandemico, giunge dal settore delle costruzioni. L’edilizia si aggiudica la bellezza di 150mila posti di lavoro

L’exploit dei contratti si deve al fondamentale contribuito dei bonus riservati all’edilizia. La partita per il mercato del lavoro si giocherà intorno alla tutela e alla garanzia di questi posti. Augurandosi che questa sia duratura nel tempo. 

Il terziario porfessionale segna un altro trend rincuorante (con un attivo di 107mila posti). Medesimo il discorso per il commercio (con un attivo del 91.500 posti).

Lavoro, i settori che faticano a riprendersi

Dando un’occhiata a quei settori in affanno si noterà come alberghi e ristorazione facciano purtroppo registrare un tracollo dei contratti a tempo indeterminato (si contano ben 73mila posti mancanti). Non bastasse, la discreta evoluzione delle altre tipologie contrattuali non è sufficiente a generare un utile che possa dirsi positivo. Nel giro di due anni, settembre 2019/settembre 2021, sono andati perduti ben più di 19mila posti.

A pagare un prezzo piuttosto alto è il comparto del tessile-abbigliamento e  calzature. Il settore deve rinunciare a 12mila posti. Per quel che riguarda finanza e assicurazioni la situazione non può dirsi migliore, qui si conta la perdita di 10mila (per il restringimento dei contratti stabili). Il mondo dell’intrattenimento e del culturale conta un passivo di ben 3.500 posti. 

Queste indicazioni, tra le tante, immortalano solamente il contesto dell’occupazione dipendente, non prendendo in considerazione, per forza di cose, delle probabilità di lavoro a nero, che pure avrà patito qualche ripercussione in confronto al contesto pre covid. 

Il decreto Ristori-ter non ha riabilitato la Cassa Covid. Sebbene il provvedimento autorizzi talvolta all’avvalersi della cassa integrazione e del Fondo di integrazione salariale senza versamento supplementare (quello immaginato a spese delle imprese qualora fosse stato utilizzato) fino al prossimo 31 marzo.

Lavoro, le problematiche di alberghi e ristorazione

Il mese che verrà si rivelerà decisivo per le sorti della ripresa. Saranno 30 giorni di fuoco. L’agguanto della ripresa passa da qui. 

Sono le vittime per eccellenza della pandemia, il settore del turismo, gli alberghi e la ristorazione fanno ancora i conti con il dilungarsi della crisi pandemica. 

Un barlume di speranza era stato acceso dalle riaperture delle estati 2020 e 2021, con una parziale limitazione dei danni. La recente stangata a viaggi e partenze autunnali e la sempre più carente frequentazione dei ristoranti, si presentano come autentici rischi: lo standard di occupazione potrebbe scendere sotto il livello del 2019. 

Nel periodo precedente la crisi epidemica a lavorare in questi settori, di primaria importanza per il nostro Paese, erano in 3,5 milioni.

Importanti le parole di Marina Lalli, presidente di Federturismo. Il prossimo mese sarà cruciale, se non si andrà oltre la quarta ondata della pandemia non si potrà imboccare la strada del rilancio nemmeno nel 2022. Per tutelare nelle aziende italiane i dipendenti, tutti piuttosto formati, quindi per non far sì che perdano il loro posto, saranno necessari esoneri contributivi notevoli anche per gli assunti. 

In affanno la ristorazione collettiva. Se da un lato ha proseguito il lavoro nella sanità e nella scuola, dall’altro è stata ridimensionata nelle mense aziendali per il ricorso allo smart working. Su 96mila addetti (l’82% donne), 8mila sono stati in cassa integrazione fino a dicembre 2021 e ora rischiano il posto. Come ha chiarito Carlo Scarsciotti, presidente di Angem, l’associazione della ristorazione collettiva 

Lavoro, la crisi del tessile, l’intervento della moda 

Il tessile deve far fronte a problematiche che provengono da lontano congiunte alla crisi pandemica dell’ultimo biennio. Occorre una specifica. Da un lato vi è il passo stabile della struttura moda, dall’altro quello spossato della filiera del tessile. 

Un settore, quello del tessile-abbigliamento-calzature, che nel biennio 2019-2021 ha pagato un prezzo amaro, perdendo 11.651 posti di lavoro. 

A sorpresa, in effetti, si registra però un calo in fin dei conti tollerabile. La temuta implosione, per una fortunata coincidenza, non si è registrata. Lo stesso timore aveva comunque convinto l’Esecutivo a predisporre azioni di sussidio. Una circostanza che ci fa riflettere: al termine della quarta ondata le società italiane potranno dirsi pronte per agguantare nel migliore dei modi il treno della ripresa. 

Il settore nel corso del 2017, siglando il primo sviluppo positivo +0,1%, metteva la parola fine alla serie negativa originata dalle delocalizzazioni e dai competitor asiatici sulle produzioni di livello ridotto. 

Ma proprio sul più bello ecco la pandemia. Stavolta l’interruzione ha avuto un carattere differente. Vi è una discrepanza tra gli standard positivi società multinazionali del lusso e le enormi problematiche del tessile causa la lunga serratura dei negozi e la conseguente diminuzione dei consumi. 

Questo ha fatto sì che l’approccio delle aziende si sia rivelato prudente, dal versante della produzione e dei finanziamenti e dal versante dell’occupazione. 

Lavoro, il settore della cultura e dello spettacolo

Le restrizioni che hanno coinvolto in questi due anni il mondo del cinema, i teatri, le librerie, presentano il conto. La flessione degli standard occupazionali era a dir poco prevedibile. 

Lo ha ben spiegato Andrea Cancellato, presidente di Federculture. La struttura nel complesso somma 800mila dipendenti, un parterre piuttosto composito: vi è sia una leggera percentuale di lavoratori con contratti a tempo indeterminato, dipendenti di enti e istituzioni, ma vi sono anche lavoratori che contano circostanze contrattuali maggiormente provvisorie, oltre a un importante bacino di liberi professionisti. 

Di sicuro i ristori non hanno compiuto un miracolo. Un cambiamento passerà da azioni decise su domanda e offerta. 

Inoltre ricorda le tante proposte del governo: l’introduzione della detraibilità dei costi inerenti alla cultura, all’Iva al 4 per cento per ogni settore sino al rifinanziamento del fondo della cultura.

Fino ad arrivare all’estensione del mecenatismo culturale

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