Opzione Donna: in pensione a 58 anni, conviene sul serio?

Il futuro di Opzione Donna, che permette alle lavoratrici con 35 anni di contributi alle spalle di andare in pensione a 58 anni sembra essere segnato.

Opzione Donna non convince ne il Governo che ha prorogato la misura fino a fine 2022 ne tantomeno alle donne lavoratrici.

La prestazione che garantisce l’uscita dal lavoro-nel caso si soddisfino determinati requisiti-a donne di età compresa tra 58-59 anni infatti oltre che essere eccessivamente penalizzante per chi ne beneficia (previsti tagli sull’assegno pensionistico fino al 30%) risulterebbe anche onerosa per le casse dello Stato.

Opzione Donna va eliminata, questo è il parere dell’Ocse, ne vedremo successivamente i motivi, ma anche lo stesso Governo Draghi che cambia idea facendo un passo indietro rispetto al pensiero di 6 mesi fa in cui sarebbe dovuta diventare strutturale e quindi introdotta in via definitiva. 

Tutte quelle prestazioni che permettono ad oggi di ottenere la pensione anticipata per lavoratori di età inferiore ai 60 anni con molta probabilità spariranno a partire dal 2023.

E’ Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, a chiedere non l’eliminazione, ma un adeguamento al testo normativo che regola Opzione Donna.

Brambilla chiede una modifica dei requisiti in linea con l’aumento dell’aspettativa di vita che negli ultimi decenni si è allungata, alla luce di ciò è evidente che rimanere con un requisito anagrafico di 58 o 59  rappresenterebbe un eccessivo costo per le casse dello Stato.

Inoltre Opzione Donna, trattamento riservato alla sola platea femminile,  se vista da un certo punto di vista, potrebbe essere definita una prestazione discriminatoria nei confronti degli uomini.

Insomma, fortemente penalizzante per le lavoratrici, onerosa per lo Stato e discriminatoria nei confronti della platea maschile. Il futuro di opzione Donna sembra ormai scontato.

Opzione Donna: forti le critiche dell’OCSE

Facciamo un passo indietro e torniamo all’Economic Outlook dell’Italia pubblicato a settembre di quest’anno dall’OCSE.

In quella pubblicazione tra i vari punti ce ne uno che affronta il tema pensioni con chiarezza e severità.

L’OCSE infatti oltre che dare per irrevocabile la cancellazione di Quota 100 raggiunti i termini di scadenza del 31 dicembre 2021, opinione appoggiata in pieno dal Governo Draghi, ha espresso parere negativo anche su Opzione Donna, capiamo il perchè.

L’organizzazione si è pronunciata in modo duro su Opzione Donna, misura che verso la metà del 2021 veniva giudicata dal Governo Draghi un tassello fondamentale nella tanto auspicata ma mai realizzata riforma delle pensioni.

Questo fondamentalmente perchè O.D. avrebbe contribuito a dare un’ alternativa al ritorno dello scalone e quindi di quanto previsto dalla Legge Fornero. 

Di diverso parere l’OCSE che sostiene ci siano criticità in una misura come Opzione Donna, non tanto in relazione ai costi per lo Stato, come invece accadeva per Quota 100, ma a causa dei forti tagli all’assegno pensionistico alle quali si dovevano sottoporre le donne lavoratrici che avrebbero deciso di accettare questa modalità di pensione anticipata.

Secondo gli analisti dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico infatti il rischio che una proroga di opzione donna comporta è più quello di povertà in età avanzata per chi la sceglie piuttosto che l’impatto sulla casse dello stato. 

Opzione Donna, in pensione con meno di 1.000 euro

Opzione Donna non piace alle lavoratrici, nonostante il vantaggioso requisito anagrafico di 58 o nel caso di lavoratrici autonome 59 di età quello che fa storcere il muso è il pesante taglio sull’assegno pensionistico.

Come in tanti sapranno il meccanismo che ne determina l’importo è totalmente contributivo.

I contributi versati prima del 1996 vengono considerati come se fossero stati pagati dopo.

Ne consegue che in linea di massima andare in pensione con O.D. significa rinunciare mediamente ad un 20% circa rispetto al sistema di calcolo misto.

Percentuale che aumenta se si considera che il coefficiente di trasformazione applicato per una pensione liquidata prima dei 60 anni è molto basso rispetto alle pensioni di vecchiaia.

In pratica tutto questo tradotto in soldoni significa che chi deciderà di andare in pensione con Opzione Donna nella maggior parte dei casi accetterà una pensione inferiore ai 1.000 euro al mese.

Non solo, scendendo nel dettaglio dei dati disponibili ci accorgiamo che il 50% di chi ha già beneficiato di tale misura ha un assegno mensile addirittura inferiore ai 790 euro. 

Dati pubblicati dall’INPS relativi al biennio 2020-21.

A chi conviene andare in pensione con Opzione Donna?

Alla luce di quanto scritto dunque la domanda è quante sono le la lavoratrici che possono concedersi la possibilità di aderire ad una misura fortemente penalizzante, almeno sul lato economico, come Opzione Donna? 

E già perchè gli importi garantiti da O.D. rischiano di non garantire uno stile di vita dignitoso spingendo i beneficiari verso la soglia della povertà.

E’ ben infatti riportare quanto già scritto, e cioè l’analisi dei dati messi a disposizione dall’INPS che indicano il 90% degli assegni percepiti da chi ha aderito al trattamento pensionistico Opzione Donna attestarsi al di sotto dei 1.000 euro.

E’ chiaro che il target che potrà permettersi di aderire a questa misura sono donne che dopo la pensione potranno garantirsi comunque un reddito integrativo o ancora donne il cui coniuge lavora garantendo un secondo stipendio.

Da ribadire inoltre la disparita di trattamento tra uomo e donna, con l’uomo costretto a lavorare 5 anni in più prima di poter uscire dal lavoro, questo rende Opzione Donna decisamente discriminatorio.

Opzione Donna: forti tagli all’assegno e costosa per lo Stato, il futuro è segnato

Per riprendere le parole di Brambilla scritte nella parte di introduzione all’articolo, Opzione Donna tra le tante criticità ha quello di risultare una misura decisamente costosa per lo Stato.

Problema non da poco viste le enormi difficoltà per reperire risorse che garantiscano una riforma delle pensioni giusta e che dia sostenibilità all’intero sistema previdenziale in forte crisi.

Il Governo infatti sta cercando di  contenere e tagliare la spesa delle pensioni.

Ecco Opzione Donna naviga esattamente nella direzione opposta, la misura garantisce un’uscita dal lavoro alle donne di età compresa tra i 58 e i 59 anni con alle spalle almeno 35 anni di contributi. 

Il calcolo viene effettuato interamente con il sistema contributivo ciò significa tagli dell’assegno pensionistico che possono raggiungere il 30%.

Da considerare in ultimo che ad un allungamento dell’aspettativa di vita fin’ ora non è mai stato corrisposto un adeguamento del requisito anagrafico, ciò comporta un eccessivo costo per le casse dello Stato che si troverà a dover pagare pensioni mediamente per molti più anni.

Opzione Donna: come effettuare la domanda

Se tra il pubblico di Trend online ci sono lavoratrici che volessero beneficiare del trattamento di pensione anticipato opzione Donna ecco come fare la domanda.

Nel 2022 la domanda per ottenere O.D. potrà essere eseguiti direttamente sul sito INPS attraverso l’apposita area dedicata.

Per i meno avvezzi alla tecnologia l’alternativa è quella di contattare il Contact center dell’Istituto di Previdenza Sociale ai numeri 803 164 (gratuito da rete fissa), 06 164 164 da rete mobile.

Come ultima alternativa ci si può far assistere da un patronato di zona.

Una volta inviata la domanda, il diritto alla decorrenza della pensione anticipata si ottiene trascorsi 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti.

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