Partita IVA falsa o errata? Sanzioni salate per i furbetti!

Cosa prevedere la legge nei casi di partita IVA falsa o errata? Quali sono le sanzioni? Occhio ai rischi che corrono i contribuenti che vogliono fare i furbetti!

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Parlare di partita IVA falsa o errata significa chiamare in causa dei soggetti che spesso – pur essendo a conoscenza della legge fiscale – decidono di eluderla per avere delle agevolazioni a livello tributario.

Soprattutto in materia di partita IVA falsa, spesso i datori di lavoro che decidono di assumere un soggetto alle proprie dipendenze, nascondono un effettivo accordo di lavoro subordinato con l’illecita dichiarazione di un rapporto lavorativo autonomo a partita IVA. Tale fenomeno è conosciuto come "presunzione di lavoro autonomo" o di "subordinazione".

Per converso, quando si parla di partita IVA errata ci può essere da un lato una reale trascrizione erronea del numero di partita IVA (soprattutto quando si emettono le fatture); dall’altro sono numerosi i casi in cui i "furbetti" compiano consapevolmente l’illecito per avere un tornaconto economico. Ma cerchiamo di dare una panoramica delle due casistiche e delle sanzioni amministrative previste.

Partita IVA falsa: come si configura la presunzione di lavoro autonomo a "falsa partita IVA"

La cosiddetta presunzione di lavoro autonomo è stata introdotta dall’ordinamento italiano con la legge n. 92 del 28 giugno 2012 e prevedeva che, nel caso in cui sussistessero determinate condizioni, un titolare di partita IVA potesse svolgere una prestazione di lavoro che "ufficialmente" fosse di dipendenza ma "ufficiosamente" venisse registrata come collaborazione di lavoro a partita IVA.

Queste attività, infatti, si configurano "esclusivamente personali, continuative, ripetitive e organizzate dal committente rispetto al luogo e all’orario di lavoro" – come le tipiche prestazioni dei liberi professionisti a partita IVA – ma, in realtà, celano un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente!

Partita IVA falsa: le condizioni di sussistenza per la presunzione di lavoro subordinato e le attività escluse

Come già anticipato, solo in presenza di determinati prerequisiti, una collaborazione può configurarsi come presunzione di subordinazione da "falsa partita IVA". Tali condizioni sono riportante nell’articolo 69-bis del d.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 e sono le seguenti:

  • Criterio temporale, ovvero la durata del rapporto di lavoro con lo stesso titolare sia superiore a otto mesi in due anni.
  • Criterio del fatturato, ovvero il fatturato del lavoratore autonomo a partita IVA derivi per un buon 80% dalla prestazione effettuata per lo stesso committente in due esercizi ininterrotti.
  • Criterio organizzativo, il lavoratore a partita IVA deve esercitare la propria collaborazione in un posto fisso stabilito dal titolare dell’attività.

Le attività lavorative che sono, invece, escluse dai casi di falsa partita IVA sono quelle che:

  • Sono svolte da lavoratori a partita IVA iscritti in appositi albi professionali.
  • Sono prestate per associazioni sportive dilettantistiche.
  • Sono effettuate da componenti di enti amministrativi e di controllo di società o per collaborazioni previste dal CCNL e dall’articolo 2 comma 1 del d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015. 

Partita IVA falsa: le sanzioni previste dall’autorità amministrativa

In caso di ispezioni da parte dell’autorità, che vada a rilevare degli illeciti nel contratto di collaborazione a partita IVA (falsa), è prevista una sanzione amministrativa, fiscale e contributiva nei riguardi del committente. Inoltre, il lavoratore autonomo verrà di conseguenza considerato un impiegato a tempo indeterminato a tutti gli effetti.

Tuttavia, con l’emanazione del Jobs Act 2016 (d. lgs. n. 185 del 24 settembre 2016), dal gennaio 2016 i datori di lavoro che decidono di stipulare un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato coi collaborati autonomi a partita IVA – che precedentemente avevano svolto prestazioni di presunzione subordinato – hanno la possibilità di estinguere l’illecito.

L’unico requisito necessario è che il titolare dell’attività di assunzione porti avanti il rapporto lavorativo con l’ex libero professionista a partita IVA per almeno 12 mesi – a meno che non si manifestino degli episodi che comportino il licenziamento per giusta causa.

Per avere maggiore chiarezza sull’istituto della presunzione di lavoro subordinato e sul fenomeno della "falsa partita IVA", si consiglia la visione del video YouTube realizzato dal tributarista e fondatore del sito regime-fofettario.it Giampiero Teresi.

Partita IVA errata: come accorgersi dell’erronea compilazione della partita IVA in fattura

La fattura è uno strumento molto importante per le imprese, i liberi professionisti e gli esercenti commerciali a partita IVA sia dal punto di vista fiscale che amministrativo. Quando essa viene emessa, l’attenzione deve essere massima perché i rischi di un errore nella sua compilazione sono sempre dietro l’angolo.

Se, nel momento in cui ci si avvia alla compilazione della fattura con il numero di partita IVA dell’esercente, si commette un errore di trascrizione, quali sono le conseguenze sul titolare della stessa? E quali rimedi sono previsti dall’ordinamento giuridico per evitare le sanzioni amministrative? Vediamole nel dettaglio.

Partita IVA errata: gli errori numerici e gli errori descrittivi

È bene specificare che nel caso in cui una fattura venga compilata inserendo un numero di partita IVA non corretto e l’esercente si accorga dell’errore prima di consegnare la fattura al cliente, naturalmente non si incorrerà in nessun tipo di sanzione in quanto il soggetto è ancora in tempo per correggere la mancanza.

La situazione si complica quando la fattura con il numero di partita IVA sbagliato è già stata consegnata all’acquirente. Comunemente i principali errori nella trascrizione di una fattura si suddividono in due categorie:

  1. Errori numerici, relativi a quella parte della fattura dove vengono indicati i prezzi dei beni venduti o dei servizi erogati e dove viene concretamente calcolato l’importo finale (comprensivo di tassa sull’IVA e imponibile) che dovrà essere pagato dal cliente.
  2. Errori descrittivi, inerenti alla sezione della fattura che riporta i dati riguardanti: la società che emette la ricevuta, le informazioni sul cliente, la partita IVA, la data e il numero di emissione della fattura.

Partita IVA errata: le sanzioni previste in caso di fatturazione con partita IVA erronea

Nei casi in cui venga emessa una fattura che riporta un numero di partita IVA errato, le conseguenze a livello giuridico portano l’esercente ad essere soggetto a sanzioni amministrative poiché ufficialmente "viene meno l’obbligo della corretta fatturazione dell’operazione".

Le disposizioni sanzionatorie sono quelle indicate nell’articolo 6 del d.lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997 e si distinguono in tre tipologie:

  1. Fatturazione con dati inesatti riguardanti l’indicazione delle parti.
  2. Fatturazione omessa o infedele per operazioni imponibili.
  3. Fatturazione omessa o infedele per operazioni non imponibili o esenti.

Partita IVA errata: le sanzioni relative alla recidività

Se il contribuente è stato colpevole di diverse e ripetute emissioni di fatture con numero di partita IVA sbagliato, allora la legge tributaria applica la disciplina della "continuazione" che prevede una sanzione amministrativa il cui importo si calcola sulla fattura di importo più alto che viene rincarato da un quarto al doppio del suo valore.

Quindi se si verificano ripetute violazioni, dovute a numeri di partita IVA riportati erroneamente in fattura o omissioni di registrazione delle stesse, la penale si applica in qualsiasi caso; sia in seguito a falsa dichiarazione che in mancanza di essa.

Partita IVA errata: cosa accade con la fattura elettronica?

La fatturazione elettronica è l’unica modalità di emissione di fatture ammessa dalla Pubblica Amministrazione; essa consta di un organismo di verifica della corretta compilazione della partita IVA e degli altri dati in ricevuta, ovvero il Sistema di Interscambio (SdI). Tale sistema consente di ridurre di molto il rischio di commettere errori nella compilazione della fattura.

Come per le fatture normali, una prima supervisione può essere eseguita dal soggetto che emette la ricevuta tramite il servizio "Controlla fattura PA" – reperibile nella specifica sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate – e che consente di assicurarsi che il codice relativo alla partita IVA inserita in fattura e gli altri dati siano corretti.

Partita IVA errata: il processo di validazione della fattura elettronica col Sistema di Interscambio

Successivamente alla supervisione dell’emittente, il Sistema di Interscambio va ad effettuare un nuovo controllo sui dati della partita IVA presenti nella fattura elettronica. Se tutti le informazioni sono state inserite correttamente, allora il SdI emetterà una ricevuta di "esito positivo" e la fattura potrà essere mandata al suo destinatario.

Nel caso in cui, invece, il controllo del Sistema di Interscambio sulla fattura dia un esito negativo (per compilazione erronea del numero di partita IVA o degli altri dati), la stessa verrà inviata – con tanto di codice di errore – all’esercente che dovrà correggerla e trasmetterla nuovamente al SdI.

Se neanche questo sistema risultasse efficace nell’individuazione dell’errore sulla fattura o sul codice della partita IVA inserita, l’ufficio della PA ha l’autorità di sollecitare l’emittente a correggere la ricevuta di fatturazione e, di conseguenza, ad emettere la relativa nota di debito o di credito nei suoi confronti.