Partita IVA per lavoratori dipendenti: si può o non si può?

Anche per i lavoratori dipendenti è possibile aprire una partita IVA? Sì, se si seguono determinati accorgimenti. Ecco alcune precisazioni in materia.

Image

Solitamente quando si fa riferimento alla partita IVA si pensa esclusivamente ad una categoria di lavoratori, ovvero i liberi professionisti o i lavatori indipendenti quali titolari di imprese, aziende private o ditte. Altresì, possono essere compresi anche i lavoratori dipendenti da soggetti privati, ma si escludono a priori gli impieganti dipendenti del settore pubblico-statale (ad esempio gli impiegati della Pubblica Amministrazione).

La disciplina che regolamenta la partita IVA e i soggetti che ne possono usufruire, però, non è così rigida. Anzi, approfondendo un po’ la dottrina, ci sono dei margini di ampliamento per poterne usufruire anche se si è impiegati nel settore pubblico. Vediamo più nel dettaglio.

Partita IVA per i liberi professionisti e i lavoratori indipendenti

Tradizionalmente tutti i liberi professionisti o i titolari di attività economiche sono tenuti ad aprire la partita IVA per poter dichiarare legalmente i propri incassi e le spese che poi saranno presentate all’Agenzia delle Entrate nell’annuale dichiarazione dei redditi.

Nello specifico, sono tenuti ad aprire la partita IVA (o almeno è consigliabile farlo) tutti quei lavoratori autonomi che svolgono un lavoro fisso, ovvero un’attività lavorativa continuativa (cioè per più di 30 giorni) e percepiscono un incasso lordo annuale superiore a 5000 euro.

Per tutti coloro che invece svolgono prestazioni di lavoro occasionali e non sono dipendenti stabili, non è necessario aprire una partita IVA. In questo specifico caso si tratta di attività lavorative inferiori ai 30 giorni e che comportano un fatturato annuo lordo che non arriva a 5000 euro il quale può essere registrato tramite il meccanismo della ritenuta d’acconto mensile – come riportato nel precedente articolo al riguardo.

Partita IVA per i lavoratori dipendenti: tutti i dettagli e le distinzioni nei diversi settori di lavoro dipendente

Per i lavoratori dipendenti la situazione risulta differente e maggiormente articolata. In linea generale, i dipendenti del settore pubblico impiegati nella Pubblica Amministrazione o anche chi lavora stabilmente presso un’azienda privata, non è tenuto a possedere una partita IVA.

Ciononostante, la disciplina non è così rigida e presenta delle eccezioni che riguardano quanti vogliano affiancare al lavoro dipendente una seconda attività lavorativa autonoma che può comportare l’apertura di una partita IVA. Per la categoria, però, vigono degli specifici accorgimenti che vanno presi in considerazione e che riguardano per lo più due aspetti:

  1. Il tempo che l’impiegato dedica alla seconda attività a partita IVA in relazione ai suoi orari di lavoro dipendente.
  2. L’obbligo di comunicazione della seconda attività lavorativa autonoma al datore di lavoro.

Ma vediamo nello specifico tutti i dettagli per le varie categorie di lavoratori dipendenti.

Partita IVA e lavoratori dipendenti nel settore privato: tra accordo di riservatezza e patto di non concorrenza

Per tutti gli impiegati che svolgono un lavoro alle dipendenze di un’impresa o azienda privata, ma che hanno intenzione di intraprendere una seconda attività lavorativa in autonomia, la normativa in materia di apertura della partita IVA prevede una serie di limitazioni attinenti al cosiddetto Patto di Fedeltà all’Azienda (disciplinato dall’articolo 2105 del Codice civile) e che fa riferimento a due obblighi specifici:

  1. Patto di non concorrenza: all’impiegato dipendente è vietato svolgere un’attività lavorativa in proprio o per conto di terzi che sia in diretta concorrenza con quella svolta dal suo datore di lavoro principale. Tale obbligo resta valido fino a quando il lavoratore resterà alle dipendenze del proprio titolare, ma in certi casi esso potrà essere esteso anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro o in caso di licenziamento.
  2. Accordo di riservatezza (o di non divulgazione): l’impiegato, anche dopo la chiusura del rapporto lavorativo, è obbligato a non divulgare a terzi informazioni inerenti o acquisite sul posto di lavoro; ciò per evitare fughe di notizie che possano danneggiare l’azienda.

Partita IVA e lavoratori dipendenti del settore privato: conseguenze del Patto di Fedeltà e notifica dell’apertura della partita IVA al datore di lavoro

Entrambi gli aspetti attinenti al Patto di Fedeltà all’Azienda sono normalmente inseriti nei contratti di lavoro e un loro non adempimento da parte del dipendente può comportare sia il licenziamento per giusta causa sia la richiesta di risarcimento per i danni subiti dal datore di lavoro.

Questo oneroso aspetto porta, di conseguenza, a porsi un importante quesito: l’impiegato dipendente da un privato è tenuto a comunicare le sue intenzioni ad intraprendere una seconda attività lavorativa con conseguente apertura di partita IVA

Da un punto di vista legale non vige nessun obbligo di comunicazione al proprio titolare dell’apertura di una partita IVA attinente all’inizio di una nuova attività lavorativa in proprio. Ciononostante, è consigliabile dar comunicazione delle proprie intenzioni sia che si tatti di un’attività di tipo imprenditoriale sia di un lavoro occasionale o di acquisizioni di royalties.

Partita IVA e obblighi fiscali: quali le differenze a livello di imposte da versare all’Agenzia delle Entrate

A livello strettamente fiscale, il reddito da lavoratore dipendente e quello da autonomo con partita IVA possono perfettamente coesistere. L’unico accorgimento consiste nel fatto che, se possessore di partita IVA, il contribuente dovrà dichiarare i guadagni "extra" percepiti grazie al suo lavoro da libero professionista e versare le imposte in proporzione alla sua aliquota IRPEF.

In parole semplici, per ciò che concerne la percezione del reddito derivante dal lavoro fisso tutto resta immutato, mentre per i proventi derivanti dall’impiego a partita IVA questi dipenderanno dal regime fiscale adottato. Anche il modulo per la dichiarazione dei redditi da compilare sarà diverso: non si dovrà più utilizzare il tradizionale 730 ma il modello dei redditi per Persone Fisiche.

Partita IVA e lavoratori dipendenti del settore pubblico

Nel settore dell’impiego pubblico vigono regolamentazioni un po’ più articolate per quanti vogliano affiancare al lavoro statale un’attività lavorativa autonoma a partita IVA. Innanzitutto, bisogna partire dal principio generale che per tutti gli impiegati della Pubblica Amministrazione è vietato svolgere un’attività lavorativa prolungata nel tempo alternativa e conseguentemente è esclusa la possibilità di apertura di una partita IVA.

Tutti gli impiegati del settore pubblico, infatti, devono sottostare – oltre al già citato Patto di Fedeltà – anche al vincolante Obbligo di Esclusività che comporta che l’impiegato sia tenuto a svolgere in maniera esclusiva la propria attività lavorativa verso l’Amministrazione cui appartiene; ciò esclude a priori sia la possibilità di intraprendere un ulteriore impiego continuativo sia, di conseguenza, l’apertura di una partita IVA.

Partita IVA e lavoratori dipendenti del settore pubblico: le eccezioni alle direttive ufficiali

Esistono, però, delle eccezioni alla normativa appena citata e che riguardano alcune categorie di aziende e di lavoratori quali:

  • I dipendenti di imprese partecipate dallo Stato (ad esempio Poste Italiane), le quali – essendo delle società che hanno semplicemente nel loro assetto lo Stato tra i soci – si comportano come delle normali aziende private. I loro impiegati potranno, quindi, agire come i dipendenti dei privati e associare un secondo impiego a partita IVA.
  • I docenti statali possono affiancare, all’attività di insegnamento pubblica, la pratica della libera professione regolamentata e quindi decidere (in totale libertà) se aprire o meno una partita IVA. 
  • I lavoratori della Pubblica Amministrazione con un contratto part-time, ovvero con un orario di lavoro che copra almeno il 50% di quello prestabilito dalla legge (circa 18 ore). Tale concessione viene a mancare nel momento in cui il dipendente passa da un impiego part-time ad uno full-time col conseguente obbligo di interruzione della seconda attività e chiusura dell’eventuale partita IVA.

Partita IVA e lavoratori dipendenti del settore pubblico: l’obbligo di comunicazione del secondo impiego all’Ente statale

Per tutte queste categorie del settore pubblico è, inoltre, obbligatorio dar comunicazione alla propria Amministrazione circa la volontà di intraprendere un secondo impiego e l’intenzione di aprire una partita IVA.

I dipendenti statali, inoltre, dovranno ricevere una sorta di "nullaosta" dal proprio Ente pubblico di riferimento per essere autorizzati a svolgere l’attività lavorativa alternativa, anche nel caso si tratti di una prestazione di lavoro occasionale senza partita IVA.

L’Amministrazione concederà o meno al proprio dipendente l’autorizzazione ad intraprendere questo nuovo lavoro autonomo (con o senza partita IVA) solo se questo si configurerà come:

  • Temporaneo e occasionale.
  • Privo di interferenze con l’impiego statale.
  • Assente da conflitto di interesse.
  • Svolto fuori dall’orario di lavoro principale nella Pubblica Amministrazione.

Per avere un riassunto dettagliato e chiarificatore circa la normativa che disciplina il regime della partita IVA in relazione al lavoro dipendente si consiglia la visione del video sottostante, realizzato dalla dott.ssa Alessandra Mugnetti per il canale YouTube "L’imprenditore in-formato" e curato dallo studio commercialista Russo&Partners.