Il mondo del lavoro è ormai cambiato, con l’implementarsi delle nuove tecnologie sono salite alla ribalta nuove figure professionali (solitamente collaboratori occasionali o freelance a partita IVA) le cui competenze sono completamente incentrate sul web che ha modificato le dinamiche e gli spazi lavorativi, non necessariamente legati ad un luogo fisso.
Complice anche l’avvento della pandemia da covid-19, molti lavoratori – soprattutto se specializzati nelle professioni digitali – si sono pienamente adattati a dinamiche di lavoro più flessibili e al cosiddetto smart working.
Questi lavoratori "fluidi", senza rapporti di lavoro continuativi, esercitano spesso prestazioni autonome che vanno comunque disciplinate dal Fisco italiano, ma come? Anche loro sono tenuti ad aprire la partita IVA? Cerchiamo di far chiarezza sulle dinamiche delle nuove realtà lavorative 4.0.
Partita IVA e professioni digitali: chi sono i nomadi digitali?
Per "nomade digitale" si fa riferimento ad una categoria di lavoratori che non sono legati in maniera stabile ad un unico datore di lavoro e che molto spesso fanno della Rete il loro strumento di lavoro principale. Avendo questa figura dei rapporti di lavoro non continuativi, essa si può categorizzare come lavoratore autonomo e quindi obbligato ad avere una partita IVA.
Ovviamente tale obbligo viene meno se il rapporto di lavoro si configura come occasionale, in questo caso la partita IVA non sarà necessariamente richiesta e la prestazione verrà disciplinata fiscalmente tramite lo strumento della ritenuta d’acconto mensile.
Un’altra caratteristica che distingue i nomadi digitali (titolari di partita IVA o non) è il non essere vincolati nemmeno ad un luogo di lavoro fisso (come un ufficio), ma di poter lavorare ovunque: da casa, dall’azienda con la quale si sta collaborando o da un coworking. Gli unici strumenti di cui necessitano saranno: una connessione internet e un personal computer.
Partita IVA e professioni digitali: quali sono le figure più ricercate?
Le professioni digitali si sono ormai quasi imposte in tutti i settori. Diverse sono le figure che vengono maggiormente ricercate dalle aziende che però preferiscono non assumere stabilmente questi professionisti che figureranno come collaboratori o consulenti esterni a prestazione occasionale (in caso di rapporto non duraturo) o a partita IVA (se l’attività si protrarrà oltre i 30 giorni).
Ma quali sono i lavoratori del digitale più richiesti? I loro settori di impiego rientrano in queste categorie:
Partita IVA e professioni digitali: quali sono gli obblighi nei confronti del Fisco?
Dal punto di vista fiscale, gli specialisti del web ricevono lo stesso trattamento degli altri lavoratori, ovvero sono soggetti alla normale tassazione sulla partita IVA. Vige, però, una piccola differenza:
- I professionisti digitali che esercitano in Italia (o che lavorano all’estero per meno di 183 giorni l’anno) sono normalmente soggetti al sistema fiscale italiano.
- I lavoratori del web che non lavorano in Italia per più di 183 giorni all’anno hanno la possibilità di decidere se trasferire la loro tassazione all’estero.
È bene specificare che, se il professionista digitale a partita IVA decide di pagare i tributi all’estero dovrà rifarsi alla legislazione fiscale del Paese straniero. In più dovrà accertarsi che la Nazione prescelta abbia delle convenzioni con l’Italia non rischiare di dover pagare due volte le tasse.
Partita IVA e professioni digitali: cosa prevede la tassazione del sistema fiscale italiano
Nella caso in cui i nomadi digitali decidano di restare in Italia e quindi di pagar lì tasse e contributi, le opzioni per essere in regola col Fisco sono due:
- Effettuare prestazioni di lavoro occasionali come freelance che saranno retribuite con ritenuta d’acconto alla fine di ogni mese.
- Aprire una partita IVA come imprenditore o libero professionista.
Partita IVA e professioni digitali: la scelta della prestazione occasionale con ritenuta d’acconto
Per quei professionisti del digitale che svolgono effettivamente delle prestazioni lavorative da freelance, quindi sporadiche e non continuative nel tempo (meno di 30 giorni all’anno), la scelta della ritenuta d’acconto è certamente la soluzione più conveniente – rispetto all’apertura di una partita IVA. Ma come si configura questo istituto?
In base all’ordinamento fiscale italiano, presentare la ritenuta fiscale d’acconto a fine mese comporta riscuotere un pagamento sulla prestazione finale con un 20% detratto (appunto "ritenuto") dallo Stato. Nel caso in cui, però, il guadagno finale superi la soglia minima di 5000 euro, allora il lavoratore occasionale sarà obbligato ad aprire una partita IVA.
Partita IVA e professioni digitali: i passaggi necessari ai professionisti del web per aprire una partita IVA
Nel caso in cui il professionista digitale volesse avviare un rapporto di lavoro più duraturo – seppur come libero professionista – allora dovrà richiedere la partita IVA. Per far ciò dovrà compilare e inviare, anche telematicamente, all’Agenzia delle entrate la modulistica AA9/12 ("Partita IVA per Persone Fisiche").
Prima di effettuare questo passaggio, il lavoratore digitale a partita IVA è tenuto ad una serie di decisioni importanti che metteranno il Fisco nella posizione di calcolare la giusta quota di tasse e contributi da versare. Queste riguarderanno:
- Optare per un regime fiscale adatto alla prestazione di lavoro che il soggetto vuole intraprendere. Attualmente il regime fiscale più indicato, perché con tassi di imposte vantaggiosi, è il regime forfettario; questo prevede, infatti, il pagamento di un’aliquota fissa al 15% (5% in caso di startup) su un ricavo annuo lordo di massimo 65mila euro.
- La scelta del corretto codice ATECO, che andrà a classificare il tipo di attività per la quale il professionista vuole aprire la partita IVA.
- L’adesione ad una posizione previdenziale, che prevede il pagamento dei contributi INPS relativi all’accumulo del credito pensionistico personale. Per i professionisti a partita IVA che non appartengono ad uno specifico ordine professionale (o albo) – quindi non possono far riferimento ad una cassa di categoria – è prevista l’iscrizione alla Gestione Separata INPS.
Partita IVA e professioni digitali: i corretti codici ATECO da utilizzare per il settore digitale
Tornando alla scelta dei codici ATECO da indicare nella modulistica da compilare per l’ottenimento della partita IVA, è bene indicare quali sono quelli che possono essere utilizzati dai professionisti perché relativi alle professioni del digitale:
70.21.00 – Pubbliche relazioni e comunicazione.
73.11.02 – Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari.
73.11.01 – Ideazione di campagne pubblicitarie.
Partita IVA e professioni digitali: le politiche delle aziende nel 2021
Nonostante nel 2021 le professioni in ambito strettamente digitale siano ormai riconosciuti, apprezzati e fortemente richiesti, spesso le politiche gestionali delle aziende non prevedono la concreta assunzione dell’esperto, che verrà richiesto per effettuare esclusivamente delle consulenze esterne (più o meno continuate nel tempo e che determineranno la scelta di aprire o meno una partita IVA).
Seguendo questa policy l’azienda non andrà ad appesantire la propria struttura interna e il collaboratore freelance potrà essere libero di gestirsi. Ciò non toglie, però, che questi abbia l’obbligo di aprire una partita IVA in quanto la prestazione – seppur come libero professionista – prevede la tassazione da parte dello Stato.
Per avere maggiori informazioni e chiarificazioni sulla tema dell’utilità della partita IVA per lo svolgimento di attività imprenditoriali digitali o più semplicemente online, si rimanda al video YouTube realizzato dall’avvocato Giammarco Di Battista.