Partita IVA: quali tasse e costi comporta gestirne una?

Aprire una partita IVA non comporta la fine degli oneri del suo titolare. Ci sono una serie di tasse e costi annuali che questi deve corrispondere. Vediamo nello specifico quali sono.

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Nel momento in cui un lavoratore libero professionista decide di aprire una partita IVA i suoi doveri nei confronti dell’istituto fiscale non si esauriscono con l’attribuzione alla propria attività del codice ATECO e la scelta del regime fiscale, ma ci sono una serie di tasse e contributi che dovranno essere erogati annualmente dal soggetto titolare dell’IVA. 

In questo articolo andremo ad analizzare i dati relativi alle tasse e ai costi che devono essere corrisposti dal titolare di un esercizio commerciale o da un libero professionista che ha deciso di aprire una partita IVA, anche in relazione al regime fiscale adottato.

Partita IVA e costi: la differenza tra costi di tenuta e costi di gestione

Prima di avviare una nuova attività commerciale o una carriera da libero professionista a partita IVA, uno dei passi più importanti da fare per il soggetto interessato è l’analisi di costi e spese della propria futura attività per pianificarne la gestione nel migliore dei modi.

Con specifico riferimento alla partita IVA, i costi ad essa relativi si dividono in due grandi macrocategorie:

  1. Costi di tenuta che concernono le spese riguardanti l’apertura della partita IVA in generale come il compenso del commercialista, l’iscrizione alla Camera di Commercio o il pagamento dei bolli.
  2. Costi gestione che fanno riferimento a tutte le spese che devono essere effettuate durante lo svolgimento dell’attività commerciale. Questi ultimi si suddividono a loro volta in costi fissi e variabili.

Partita IVA e costi di tenuta: dall’apertura della partita IVA alla consulenza affidata al commercialista 

Come abbiamo spiegato nel precedente articolo dedicato all’apertura della partita IVA, ottenerne una è molto semplice e soprattutto gratuito. Da un punto di vista burocratico, però, la procedura comporta una serie di passaggi come la scelta del regime fiscale, l’iscrizione al giusto ente e molti altri oneri che è consigliabile delegare ad una figura professionista del settore: il commercialista.

Questa figura è iscritta ad un albo professionale dello Stato che può aiutare il titolare della partita IVA nel disbrigo di tutte le pratiche burocratiche, compresa l’apertura della posizione IVA stessa e l’iscrizione alla Camera di Commercio.

Con riferimento a quest’ultimo punto, l’iscrizione al Registro delle Imprese è obbligatoria se l’attività a partita IVA avviata è una ditta individuale; mentre se si tratta di un lavoro autonomo o di una libera professione non lo è. I costi relativi a questa iscrizione sono annuali, ma si differenziano in base alla tipologia di esercizio economico.

Partita IVA e costi di tenuta: a quanto ammonta la parcella del consulente commerciale?

Chiaramente tutte le operazioni effettuate dal commercialista come prestazione verso il possessore di partita IVA, dovranno essergli corrisposte da un punto di vista economico. Ma quanto costa la parcella del commercialista?

Se il soggetto si affida al consulente commerciale per avviare la procedura di ottenimento (o anche di chiusura) della partita IVA, orientativamente la sua parcella sarà compresa tra i 200 e i 400 euro.

Oltre a queste operazioni, il commercialista si occupa anche della gestione di altre pratiche quali:

  • Le fatture relative alla partita IVA e le rilevazioni annuali sui registri contabili.
  • La redazione di situazioni contabili (a richiesta del titolare di partita IVA).
  • La stesura di rendiconti periodici richiesti da specifici entri controllati.

Il costo delle prestazioni del commercialista varia da una figura ad un'altra e chiaramente dipende dalla mole di lavoro che il possessore di partita IVA gli affiderà. Generalmente, per un’attività a partita IVA agli inizi e quindi con poche fatture da disbrigare, l’erario da corrispondere all’esperto sarà compreso tra i 500 e i 1000 euro.

Partita IVA e costi di gestione fissi e variabili

I costi di gestione, in seguito all’apertura della partita IVA, riguardano tutte le spese che vengono effettuate nel corso della vita dell’esercizio economico come: l’acquisto di attrezzature, di materie prime e servizi o il pagamento delle tasse. Come anticipato, queste spese possono essere fisse o variabili.

I costi fissi non sono collegati alla capacità dell’attività a partita IVA di produrre. Fanno parte di questa famiglia di pagamenti:

  • L’acquisto e la gestione dei macchinari.
  • L’affitto del magazzino o del punto vendita.
  • Le spese relative al personale.
  • I premi INAIL relativi alle specifiche dell’attività a partita IVA o degli eventuali suoi sottoposti. 

I costi variabili, invece, possono aumentare o diminuire in relazione alla produttività dell’esercizio a partita IVA e comprendono:

  • Le materie prime fondamentali per creare il prodotto o il servizio da vendere.
  • I servizi commerciali, come le sponsorizzazioni o le attività di marketing.
  • Le bollette. 
  • La retribuzione dovuta al Fisco.

Partita IVA e tasse: quali sono quelle obbligatorie?

La questione del pagamento dei tributi è quella che incide maggiormente sui guadagni netti delle attività a partita IVA avviate dagli imprenditori. Le principali tasse che titolari di imprese o liberi professionisti sono tenuti a versare sono:

  • IRPEF, ovvero l’imposta sul reddito per le persone fisiche. A questa si aggiungono anche le quote addizionali comunali e regionali.
  • IVA, la tassa sul valore aggiunto.
  • IRAP, il tributo regionale sulle attività produttive.

È bene precisare che l’importo da versare dipende e varia in base al regime fiscale adottato dal titolare della partita IVA per la propria attività. Il sistema fiscale italiano ne prevede principalmente due:

  1. Regime forfettario, più conveniente per quanti vogliano avviare una nuova attività a partita IVA.
  2. Regime ordinario, più costoso ma maggiormente indicato per le imprese che realizzano ricavi aziendali più corposi.

Entrambi gli istituti necessitano di specifici requisiti – definiti dall’Agenzia delle Entrate – che gli esercizi a partita IVA devono possedere per potervi rientrare e operare. Ma vediamo più nel dettaglio la disciplina tributaria relativa ai due regimi fiscali.

La tassazione imposta sulla partita IVA a regime forfettario agevolato

Il regime forfettario (di cui si è ampiamente parlato nel precedente articolo) è un sistema fiscale agevolato che prevede per l’esercizio a partita IVA il pagamento di un’unica tassa con una percentuale stabilita al 15% (la cosiddetta "imposta sostitutiva") in sostituzione di IVA, IRPEF, addizionali e IRAP. 

Questa "tassa" sostitutiva si calcola non sul guadagno annuo ma su una percentuale di esso – in modo, appunto, "forfettario" – che varia in base al codice ATECO, ovvero la categoria a cui l’Agenzia delle Entrate ha assegnato l’attività a partita IVA.

Per accedere al sistema forfettario l’impresa o l’esercizio a partita IVA dovrà possedere specifiche prerogative, tra cui quella di avere ricavi aziendali lordi non superiori a 65mila euro annui. Inoltre – a differenza del passato regime fiscale dei minimi – l’accesso è consentito per tutti gli imprenditori di qualsiasi età (e non più col limite dei 35 anni) e per tutta la durata dell’attività economica.

Il regime forfettario, quindi, presenta tutta una serie di agevolazioni sulle spese per le imprese a partita IVA che possono aderirvi anche se consta di una nota negativa, ovverosia non è possibile scaricare nessun costo inerente alla gestione dell’attività nella dichiarazione dei redditi annuale, se non quelli relativi ai contributi INPS.

Le tasse previste per la partita IVA a regime ordinario

Per le imprese a partita IVA che non possiedono i prerequisiti per accedere al regime agevolato, vi è il regime ordinario che presenta dei costi più elevati in relazione ai tributi da versare ma è adatto a tutte quelle aziende i cui valori del fatturato annuo superano i 400mila euro.

Le percentuali sulla tassazione da versare, infatti, si stabiliscono in base alle aliquote IRPEF e non su una imposta sostitutiva (come avviene nel regime forfettario); ciononostante per gli esercizi a partita IVA che aderiscono a questo istituto fiscale i costi (sia fissi che variabili) relativi all’attività commerciale sono deducibili, ovvero vanno ad influire sul reddito imponibile e conseguentemente sulla percentuale di tasse da versare. 

Per avere una panoramica più dettagliata sui costi di gestione e sulla tassazione relativa ai soggetti che decidono di avviare un’attività a partita IVA, si consiglia la visione del video YouTube realizzato da Marcello Ascani insieme all’avvocato e dottore commercialista Carlo Alberto Micheli.