Pensione anticipata, non ne posso più! Ecco cosa si perde

Presi dalla foga del momento, nulla sembra poter ostacolare tale decisione: voglio la pensione anticipata, via dritti verso il traguardo! Ma a mente fredda, è doveroso soffermarsi un attimo a fare due calcoli. In questo articolo, le attuali proposte o possibilità per lasciare in anticipo il mondo del lavoro e i calcoli che danno l’idea del “tagli” sull’assegno pensionistico.

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Sarà l’età che avanza, le preoccupazioni legate al Coronavirus sul posto di lavoro o il desiderio di un po’ di relax e meritato riposo, ma la voglia di pensione anticipata spesso compare all’improvviso e non va più via.  

Resta un pensiero fisso, che è talmente forte che spinge a volere fermamente lasciare il posto di lavoro, rendendo ogni giorno più faticoso e insopportabile da passare. L’unico desiderio è poter andare in pensione in anticipo e dedicarsi finalmente alle proprie passioni più vere. 

Presi dalla foga del momento, nulla sembra poter ostacolare tale decisione: si va dritti verso il traguardo!  

Ma a mente fredda, è doveroso soffermarsi un attimo a fare due calcoli

È Progetica, Società indipendente di consulenza, specializzata nell'educazione e nella pianificazione finanziaria personale, ad abbozzare una prima stima. Ipotizzando uno stipendio netto di 2 mila euro al mese, uscendo dal mondo del lavoro con 5 anni di anticipo si arriva a perdere fino al 22%. In seguito, la decurtazione si assesta sul 10-15%.  

Sostenibile? Dipende dai punti di vista: tenendo conto della durata della vita media di 82 euro, ci aggiriamo all’incirca intorno a una perdita di 80 mila euro. 

E insomma.  

Forse è il caso di mettere tutto sul piatto della bilancia e ponderare con cognizione di causa i differenti pro e contro. 

Come sottolinea idealista.it, per capire quanto si perde con la pensione anticipata, bisogna tenere in considerazione diversi fattori: ad esempio l’età anagrafica al momento in cui si esce dal mercato del lavoro e il montante contributivo accumulato fino a quel momento.  

Inoltre, ai fini di tale calcolo, va tenuto in considerazione anche il fatto che si sia lavorato oppure no, nell’ultimo anno prima di accedere alla pensione. 

Magari è il caso di fare bene i propri conti, anche in base a necessità e progetti per il futuro e analizzare le diverse alternative possibili per poter godere di una pensione anticipata. 

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta. 

Calcolo della pensione anticipata: quanto si perde sull’assegno? 

Precisiamo innanzitutto la regola generale: in caso di pensione anticipata, per ogni anno in cui non si lavora più, si perde, da un punto di vista economico, un valore pari a un coefficiente di trasformazione. Quest’ultimo, con il passare degli anni, cresce sempre di più.  

In sostanza, per poter capire quanto si perde con la pensione anticipata, va calcolata la differenza tra il coefficiente contributivo (previsto per l’età in cui si vuole andare in pensione) e quello per l’anno successivo. 

La media della perdita sull’assegno pensionistico è dell’8,5%, considerando un 21% sull’ultima busta paga. 

La proposta Tridico per la pensione anticipata 

Il tema è caldo e sulla cresta dell’onda, alla luce della riforma pensioni 2021 che a oggi tiene sulle spine milioni di lavoratori italiani. 

Infatti tutti i lavoratori in procinto di raggiungere i requisiti per andare in pensione, vedono svanire la possibilità di godersi il meritato riposo, con l’abolizione di Quota 100.  

Ecco allora che avanzano le varie proposte per permettere ai contribuenti di poter comunque beneficiare di una pensione anticipata. In questo modo non si ha più la preoccupazione di dover lavorare cinque anni in più, rispetto a chi invece riesce ad evitare lo “scalone” e rientra a pieno titolo nei requisiti previsti per la pensione, entro dicembre 2021. 

Tar le più recenti, troviamo la proposta del presidente Inps Tridico, che ipotizza una pensione anticipata con l’uscita dal mercato del lavoro, che resta fissata comunque all’età di 62 o 63 anni, ma rinunciando temporaneamente a una parte dell’assegno. Si va a perdere dunque ma in maniera “calibrata”, perché comunque si matura il diritto a ricevere la quota mancante dell’assegno, una volta compiuti i 67 anni. 

Come lo stesso presidente Tridico afferma:  

Dopo Quota 100 non c’è la fine del mondo, ci sono diverse misure di flessibilità da ampliare: l’Ape sociale, i precoci, gli usuranti. 

La ratio è fornire ai lavoratori una possibilità concreta di poter andare in pensione a 62 o 63 anni non perdendo nulla nel lungo periodo, subendo un taglio dell’assegno pensionistico solo fino al raggiungimento della soglia di età dei 67 anni. 

Il presidente inoltre anticipa le obiezioni e sancisce: 

Se pagassimo subito tutta la pensione, indipendentemente dai contributi, a 62-63 anni, verrebbe meno la sostenibilità finanziaria.   

I rinnovi salvi con la Riforma pensioni 2021 

Tra i rinnovi, che resteranno in vigore, ricordiamo anche i contratti di espansione, i fondi esubero o di solidarietà e Opzione Donna. Quest'ultima prevede che tutte le donne lavoratrici con 35 anni di contributi possono andare in pensione, all’età di 58 anni, nel caso di dipendenti, e a 59 se autonome. 

Con “Quota mamma” invece c’è la possibilità per le donne di poter beneficiare di una pensione anticipata, dal momento che non dovrebbero esserci cause ostative all’approvazione delle proposte avanzate. Innanzitutto, quella di contare un anno di lavoro in meno per ogni figlio avuto. 

Inoltre, si ipotizza di aumentare il coefficiente di trasformazione, così da accelerare l’uscita dal mondo del lavoro. Nella fattispecie si vuole tenere conto dell’aspettativa di vita e del Pil annuale, per poter calcolare a quanto ammonta la pensione di vecchiaia su base contributiva. 

Le altre opzioni sempre valide, per poter beneficiare di una pensione anticipata, restano quelle a vantaggio di chi è impegnato in lavori usuranti o gravosi, la pensione anticipata per i lavoratori fragili e l’allargamento dell’Ape sociale

Ape Sociale 

A proposito di quest’ultima, si chiude il 15 luglio la seconda finestra (è prevista anche una terza) che permette agli aventi diritto di smettere di lavorare e andare in pensione anticipata.  

Si tratta di un’indennità a carico dello Stato erogata dall’Inps, di cui possono beneficiare alcuni lavoratori che sono soggetti a determinate condizioni. Innanzitutto, che abbiano compiuto almeno 63 anni di età, in secondo luogo che non beneficiano di pensione diretta in Italia o all’estero. 

La domanda permette di poter godere di tale indennità fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia oppure fino al momento di conseguire la pensione anticipata. 

Tra i requisiti principali inoltre ci sono quelli della disoccupazione, di essere rimasti senza lavoro al termine di un contratto a tempo determinato, di avere il coniuge o un familiare di primo grado convivente con handicap o di essere invalidi civili. 

Isopensione 

Anche questa misura rimane ancora in vigore e va a interessare le aziende con più di 15 dipendenti. Chi si trova a lavorare in un simile contesto, può andare subito in pensione, con quattro anni di anticipo rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero. 

Pensione anticipata con i contratti di espansione 

Proprio grazie ai contratti di espansione è possibile uscire dal mercato del lavoro con cinque anni in anticipo e, per l’anno 2021, la legge di bilancio ha previsto di estendere tale misura anche alle aziende che contano meno di 250 dipendenti. In realtà le proposte in tal senso avanzano: infatti si prospetta la possibilità di ampliare la prerogativa anche alle aziende con 100 dipendenti. 

Come afferma la sottosegretaria al Lavoro, Tiziana Nisini: 

Sto lavorando, in particolare, a quelle [riforme] che possono favorire il ricambio generazionale. Mi riferisco al contratto di espansione, che consente, con un accordo tra azienda e sindacati, di mandare i lavoratori anziani in pensione fino a 5 anni prima, in cambio dell’assunzione di giovani. Inizialmente, questo strumento era riservato alle aziende molto grandi, con più di mille dipendenti. Dall’inizio della pandemia la platea è stata via via ampliata fino ad arrivare, con il decreto Sostegni bis, alle imprese con più di 100 dipendenti. Adesso si tratta di scendere sotto questa soglia. 

Nel caso di una pensione anticipata con contratto di espansione, il calcolo della perdita annuale si aggira intorno al 16%, per quanto concerne le fasce di retribuzione tra i 30 e i 50mila euro.  

A questo va ad aggiungersi, per ogni anno di ulteriore anticipo, una decurtazione dell’assegno mensile di 50 euro. Quindi al totale si tratta di una penalizzazione (con riferimento alla retribuzione netta) che per coloro che lasciano il posto di lavoro cinque anni prima, arriva al 27% in meno.  

I “tagli” sull’assegno sono differenti a seconda della retribuzione percepita. Facciamo qualche esempio. 

Per quanto concerne una retribuzione annua lorda annua di 30mila euro, il lavoratore in realtà percepisce 1.650 euro di retribuzione netta mensile. A questo punto, con la pensione anticipata, va a perdere in media 120 euro mensili. In realtà l’oscillazione va da una cifra di 40 euro a un massimo di 160, in relazione al momento in cui si va in prepensionamento. È differente il calcolo, infatti, a seconda che si vada in pensione anticipata cinque anni prima oppure a solo un anno dalla maturazione del requisito dell’età. 

Per quanto riguarda invece la fascia di retribuzione lorda annua di 40mila euro, calcoliamo per il lavoratore uno stipendio netto di 2.050 euro mensili. Se quindi opta per la pensione anticipata, allora può mettere in conto di perdere mediamente 145 euro. 

Anche in questo caso, si tratta di un calcolo che comprende una forbice tra un minimo di 60 euro di perdita ad un massimo di 180 euro, sempre in relazione al momento in cui si lascia effettivamente il posto di lavoro (usufruendo di tutti e cinque gli anni o a ridosso della fine regolarmente prevista del rapporto di lavoro. 

E per quanto riguarda la fascia di retribuzione lorda annua di 50mila euro lordi? In questo caso, il lavoratore percepisce 2.387 euro mensili netti e subirà una decurtazione sull’assegno pensionistico che si aggira in media intorno ai 168 euro. In quest’ultima ipotesi, l’oscillazione varia tra un minimo di perdita di 100 euro fino a un massimo di 210, sempre prendendo in considerazione i casi estremi ovvero il massimo del prepensionamento (cinque anni) o il minimo (un anno).