Pensione minima più alta dal 2023, ma non per tutti

Una buona notizia per i tanti cittadini che percepiscono una pensione minima, dal 2023 arrivano nuovi aumenti. Purtroppo, non tutti avranno più soldi.

Una buona notizia per i tanti cittadini che percepiscono una pensione minima, dal 2023 arrivano nuovi aumenti. Si tratta dell’applicazione della rivalutazione sul trattamento economico previdenziale e assistenziale. L’Ente di previdenza sociale dal 2023 erogherà importi previdenziali più alti rispetto al 2022. I primi a notare l’incremento sul cedolino saranno i titolari degli assegni sociali e delle pensioni minime.  

 L**’integrazione al trattamento minimo**, dunque la pensione minima, a cui si riportano i trattamenti economici previdenziali non riguarda tutti i pensionati, ma solo le pensioni calcolate con il sistema misto o retributivo.

È possibile richiedere un’integrazione sulla pensione calcolata secondo i criteri fissati dalla normativa vigente, se non si raggiunge il limite minimo, al pensionato viene corrisposta l’integrazione al trattamento.

La pensione minima rientra a tutti gli effetti di legge nell’applicazione della rivalutazione del trattamento annuo nella misura del 7,3%. Tuttavia, potranno godere della forma piena solo coloro che percepiscono un trattamento fino a quattro volte il minimo, dunque pari a 525,38 euro mensili.

Ricordiamo che l’adeguamento nella misura del 2% è stato anticipato nell’ultimo trimestre dell’anno.

Al momento, parliamo di dati certificato dall’ISTAT e resi noti dal ministero dell’Economia, ma del tutto in via provvisoria. Questo, perché il riferimento cade sull’indice dell**’inflazione media** annotata nel corso di 10 mesi del 2022, per cui si prevede un netto miglioramento degli importi dei trattamenti economici previdenziali e assistenziali nel 2023.

L’INPS comunicherà il tasso definitivo di rivalutazione delle pensioni non prima del 2023, quindi dal mese di gennaio del nuovo anno. Molto probabilmente, il tasso provvisorio sarà inferiore a quello definitivo, per questo motivo si presuppone un nuovo aumento del valore delle pensioni minime.

In ogni caso, tale variazione dovrebbe riguarda il 2024, salvo ulteriori disposizioni attuative introdotte nel 2023.

In questo articolo ci occuperemo della rivalutazione delle pensioni minime. In particolare vedremo di quanto aumenterà l’importo del trattamento minimo al tasso del 7,3%, e perché il vantaggio viene rilevato maggiormente sulle pensioni sotto il un limite preciso.

Una bella sorpresa per la Pensione minima 2023, arriva l’aumento dell’importo

Fino ad ora, il tasso di rivalutazione per i trattamenti economici previdenziali 2023 parte nella** misura del 7,3%**.  L’Ente previdenziale procede a spalmare tale percentuale sui sulle pensioni con un valore inferiore a quattro volte il trattamento minimo vitale. In questa ottica, l’importo della pensione minima viene influenzo dall’applicazione della rivalutazione.

Basti, pensare che la pensione minima con l’anticipo della rivalutazione dello 0,2% ha raggiunto nel 2022 un importo del valore di 525,38 euro, con un tasso nella misura del 7,3% si registra un sostanzioso aumento.

Secondo numerosi esperti, la crescente rivalutazione porterebbe a far registrare sulla pensione minima un aumento del valore di 38,35 euro, dunque pari a un importo totale di 563,73 euro mensile, per un valore annuo di 7.328,49 euro.

Stando a quanto riportato da Money.it, il vantaggio viene registrato per i pensionati che ricevono un importo inferiore a tali limiti, per cui spetta l’integrazione al trattamento minimo. Questo, perché per gli assegni delle pensioni minime dovrebbe scattare un aumento di 38 euro mensili netti.

L’aumento della pensione minima fa scattare l’integrazione sulle pensioni

E’ necessario, pertanto, comprendere che il vero vantaggio della rivalutazione della pensione minima verrebbe registrato sui trattamenti economici con importi sotto il limite di 563,73 euro. Per l’effetto dell’applicazione della rivalutazione alcune pensioni godrebbero di un aumento fino a tale soglia.

Non un aumento generale su tutti i trattamenti economici previdenziali, bisogna considerare, che l**’integrazione al minimo** prevede la presenza di specifici requisiti disposti dalla normativa vigente.

Un discorso fattibile laddove il trattamento economico previdenziale risulti liquidato con il sistema misto o retributivo.  Non rientrano in tale beneficio economico, coloro che percepiscono una pensione liquidata con il sistema contributivo puro, dunque per chi possiede un’anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1996.

L’altro tassello da considerare riguarda la presenza di criteri reddituali a cui rapportarsi. Ciò significa che se non si rientra nei limiti reddituali disposti dalla legge, non si ha diritto all’integrazione al trattamento minimo.

Bisogna, pertanto, conoscere i limiti reddituali previsti per l’integrazione totale della pensione, dunque fino al valore di 563,73 euro.

In questo caso, occorre rientrare in un reddito personale non più alto del valore di 7.328,49 euro annui, ovvero l’importo annuo distribuito per la pensione minima. Rientrano nell’integrazione parziale, coloro che percepiscono un due volte il trattamento minimo, ovvero 14.656,98 euro.

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