In pensione a 62 anni: lo "scivolo Brunetta". A chi spetta!

In pensione a 62 anni: un sogno che accomuna un po' tutti i lavoratori, ma che potrebbe diventare una realtà solo per alcuni grazie a Renato Brunetta. Il neo ministro avrebbe prospettato di mandare in pensione a 62 anni i dipendenti publbici, che abbiano maturato una determinata anzianità contributiva, ma che, soprattutto, abbiano poche motivazioni lavorative.

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In pensione a 62 anni: un sogno che accomuna un po' tutti i lavoratori, ma che potrebbe diventare una realtà solo per alcuni grazie a Renato Brunetta. Il neo ministro avrebbe prospettato di mandare in pensione a 62 anni i dipendenti publbici, che abbiano maturato una determinata anzianità contributiva, ma che, soprattutto, abbiano poche motivazioni lavorative. Per queste persone si potrebbe prospettare l'uscita anticipata dal mondo del lavoro grazie ad un incentivo. L'ipotesi sarebbe allo studio negli uffici del Ministero della Pubblica amministrazione.

Questa importante novità è stata riportata dal quotidiano Il Messaggero. Il progetto sarebbe quello di preparare una vera e propria riforma della Pubblica Amministrazione, che porti al reclutamento di nuovo personale. Il progetto sarebbero stato presentato anche in audizione al Senato, presso le Commissioni Affari costituzionali e Lavoro riunite. Il rinnovamento del personale della Pubblica Amministrazione verrebbe finanziato attraverso i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza della Commissione europea.

Pensione anticipata, a chi spetta!

Benché l'iniziativa sia rivolta solo e soltanto ai lavoratori della Pubblica Amministrazione, la pensione anticipata non coinvolgerebbe tutti i dipendenti. Il progetto riguarderebbe unicamente i lavoratori demotivati e che siano ritenuti inadeguati a rimanere al passo con i tempi, soprattutto quelle persone che non sono state in grado di aggiornarsi con i nuovi dispositivi informatici. Sono stati almeno 190.000 i dipendenti della pubblica amministrazione che sono andati in pensione nel biennio 2019-2002, mentre si prevedono almeno 300.000 uscite nell'arco dei prossimi tre o quattro anni.

Il dossier pensioni continua a rimanere sempre aperto e tra le ipotesi che stanno circolando negli ultimi giorni ci sarebbe quello di Quota 92, che permeterebbe di andare in pensione nel momento in cui la somma tra i contributi e l'età anagrafica sia 92. Se venisse appliva questa regola nella pubblica amministrazione si potrebbe ipotizzare che, se si vogliono far uscire dal lavoro le persone che abbiano compiuto 62 anni, debbano avere almeno 30 anni di contributi.

La proposta di Brunetta piace!

Ai sindacati non sembra dispiacere l'idea di Brunetta. Ricordiamo che in questi giorni il dossier pensioni è aperto: Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, starebbe facendo pressione perché venga rivisto il meccanismo di adeguamento dell'età in cui i lavoratori possono andare in pensione. Una proposta nata da una presa di coscienza scientifica: l'Istat ha infatti certificato che l'aspettativa di vita si è ridotta, questo per colpa della pandemia che continua a circolare in questi mesi.

Secondo Proietti il meccanismo di adeguamento automatico dell'età pensionabile, ad oggi, continua a non prevedere nessun tipo di adeguamento al ribasso. Anche perché negli ultimi anni è sempre cresciuto. Proietti ha spiegarto:

Il Governo apra subito un confronto con i sindacati su questo tema e su quello più generale sulla necessità di introdurre una flessibilità più diffusa di accesso alla pensione in vista della scadenza di quota 100.

Cosa prevede il settore privato?

E' possibile applicare la stessa regola (od una simile) anche ai dipendenti che non siano impiegati nella pubblica amministrazione? Il contratto di espansione per il settore privato consente uno scivolo di cinque anni rispetto alla pensione di vecchiaia (quindi a partire dai 62 anni) o della pensione anticipata (quindi con 36 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 37 anni e 10 mesi per gli uomini). Nel periodo dello scivolo il lavoratore percepirà un emolumento mensile pari a quanto avrebbe dovuto percepire alla cessazione del contratto di lavoro erogata dal datore di lavoro.