Pensioni: ecco cosa ci aspetta con Draghi! Si salvi chi può

Giugno doveva essere il mese della presentazione del pacchetto di riforma del sistema delle pensioni. Ma non è così. Il silenzio sul tema non è positivo e al termine di Quota 100, a dicembre 2021, non resta che lavorare fino a 67 anni. Ma ci sono ancora delle possibilità per poter andare in pensione prima.

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Giugno doveva essere il mese della presentazione del pacchetto di riforma del sistema delle pensioni. Così si era espresso il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando ad un question time in aula alla Camera. Ma così non è. Il mese di giugno si sta avviando al termine e di riforma delle pensioni non se ne sente parlare. Del resto lo stesso ministro aveva pre-annunciato, dopo il suo insediamento a marzo 2021 sulla poltrona del ministero del lavoro, che le pensioni non erano una priorità. Il silenzio sul tema non è positivo e al termine di Quota 100, a dicembre 2021, non resta che lavorare fino a 67 anni. Ma ci sono ancora delle possibilità per poter andare in pensione prima. Cerchiamo di fare un quadro completo.

Riforma pensioni: cosa bolle in pentola?

Al momento nella pentola c'è solo acqua che non bolle. Purtroppo dopo tante scaramucce nelle precedenti settimane sulla possibile riforma delle pensioni, tutto tace. Il Ministro per il Lavoro, Andrea Orlando aveva promesso una soluzione nel mese di giugno. Ma ad oggi non si è sentito ancora nulla. La Corte dei Conti ha bocciato Quota 100, ed ha indirettamente richiesto una riforma che sposti in la l'età pensionabile. I sindacati hanno presentato la loro piattaforma di riforma pensioni chiedendo maggiore flessibilità, indicando Quota 62, ossia andare in pensione a 62 anni. Infine c'è la posizione della Lega che ha proposto l'allargamento di Quota41 a tutti. Ovviamente sono proposte che lasciarebbero al singolo pensionando di aderirvi o meno, fermo restando le possibiltà di andare in pensione a 67 anni oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi versati per i lavoratori e per le lavoratrici 41 anni e 10 mesi.

Ma per ora tutto tace! Ed anche Mario Draghi resta in silenzio, non preannunciando con questo nulla di buono.

Andare in pensione anticipata con Quota 100

Fino al 31 dicembre 2021, Quota 100 è ancora attiva. Chi matura 62 anni di età e 38 anni di contributi, potrà andare in pensione in modo anticipato proprio con Quota 100. Ci sarà una forte disparità tra colleghi che a distanza di un mese si vedranno divisi in termini di sistema pensionistico. Così il lavoratore che compie 62 anni a gennaio 2022 ma nello stesso tempo ha maturato 38 anni di contributi entro dicembre 2021 non potrà accedere alla pensione anticipata. Per lui dal 1 gennaio 2022, in assenza di una riforma organica delle pensioni, ci vorranno altri 5 anni di lavoro per raggiungere l'età con cui si potrà andare in pensione, ossia 67 anni. Un incubo che non sta minimamente scalfendo l'agenda politica, intenta in questo momento a pensare ancora una volta alle poltrone dei sindaci delle maggiori città italiane in vista delle prossime elezioni amministrative. Se la politica tace, i lavoratori temono il peggio. Ad avvalorare i timori di una pensione lontana, ci pensa anche la Corte dei Conti che ha evidenziato il rischio di non sostenibilità dei conti pubblici per effetto della spesa previdenziale. Ma se la riforma delle pensioni non sembra essere, apparentemente, nell'agenda del Governo, la pressione della Commissione Europea per accelerare sulle riforme strutturali, come quella sulle pensioni, potrebbe invece nascondere l'insidia che si stia preparando una rivoluzione.

Pensione anticipata a 62 anni con lo scivolo Brunetta

Il patto siglato tra il presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, il Ministro per la funzione Pubblica, Renato Brunetta e le principali sigle sindacali, per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, ruota intorno al principio di efficienza della Pubblica Amministrazione. Essa passa non solo attraverso una riforma importante della stessa PA, e ne ha dato prova con un primo provvedimento, proprio Mario Draghi con il nuovo assetto di Governance sul PNRR, ma anche dalla digitalizzazione dei processi. Questo richiede che i dipendenti della pubblica amministrazione siano propensi all'innovazione tecnologica. Alcuni lo saranno, altri meno. Se si considera che il 17% dell'organico della PA è ultrasessantenne e che in media l'età dei dipendenti pubblici è di 50 anni, introdurre cambiamenti connessi alla sfera tecnologica non sarà facile. Un cambio generazionale sembra necessario. Per questo alcune settimana fa, il Ministro della PA, Renato Brunetta, ha proposto uno scivolo di 5 anni per consentire a chi avesse i requisiti, di poter andare in pensione a 62 anni. La proposta aveva diversi obiettivi. Il primo quello di mandare in pensione i lavoratori statali che non siano riusciti a rimanere a passo con i tempi. L'altro obiettivo è quello di favorire il ricambio generazionale grazie al reclutamento di nuovo personale aggiornato e motivato. 

Come per tutto il sistema pensionistico, anche questa proposta è ancora un'idea che non trova una sua immediata applicazione, ma che vede il settore della pubblica amministrazione avvicinarsi al sistema dell'isopensione per il settore privato.

Pensioni a 57 anni: guadagnare 10 anni con RITA

Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Questo l'acronimo di RITA. Se lo analizziamo nelle sue singolo parole non si tratta di una vera e propria pensione, ma di una rendita. Questa presuppone che si abbia a disposizione un montante o capitale da cui poter attingere per avere una rendita. Tale rendita è ottenuta dal capitale gestito dal fondo pensione presso cui il dipendente ha versato i contributi ed il trattamento di fine rapporto. In pratica bisogna essere aderenti ad un programma di previdenza integrativa. Il secondo termine è integrativa. Infatti non è l'importo della pensione che si otterrà al compimento degli anni utili per l'accesso alla pensione, ma si tratta di quella quota della previdenza integrativa che viene trasformata in rendita ed erogata al pensionando. Si tratta di un pagamento temporaneo, per gli anni intercorrenti tra la richiesta e quando maturerà l'effettiva pensione, ed è anticipata perchè solitamente la previdenza integrativa inizia ad erogare la sua rendita nel momento in cui maturano i requisiti del pensionamento.

Requisiti per la pensione anticipata con RITA

Con la RITA si integra in modo temporaneo la futura pensione, utilizzando la rendita ottenibile dalla pensione integrativa. Le condizioni per poter sfruttare la rendita integrativa temporanea anticipata sono l'essere inoccupato, avere una previdenza integrativa e la mancanza di cinque anni dai requisiti per la pensione obbligatoria, INPS o di altro Ente di previdenza.

Chi ha perso il lavoro, è inoccupato, è iscritto ad una delle forme pensionistiche complementari (fondo pensione) possono chiedere di andare in pensione in anticipo a 57 anni, qualora manchino 10 anni alla pensione di vecchiaia o a 62 anni se ne mancano cinque, e non si può accedere a Quota100. Nel dettaglio i requisiti sono:

  • raggiungere l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi;
  • essere disoccupato o inoccupato da almeno 24 mesi; a tal proposito è necessario aver sottoscritto presso il centro per l'impiego la dichiarazione di immediata disponibilità. In alternativa se il fondo pensione lo accetta si può anche fare un'autocertificazione.
  • aver maturato cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.

Pensione Anticipata: sfruttare la legge 104

Le persone che sono riconosciute con un'invalidità oltre l'80% e alle quali le commissioni mediche dell'AUSL territoriali ha accertato un handicap grave, godono di una serie di benefici legittimi fruibile mediante a Legge 104/1992. Tra i diversi benefici, non solo fiscali, ed altre agevolazioni, c'è anche la possibilità di poter andare in pensione prima. Questa opportunità non solo è riconosciuta al diretto interessato ma anche ai suoi famigliari conviventi che se ne prendono cura. I cosiddetti caregivers possono dunque accedere all'anticipazione della pensione, o meglio possono essere esenti dall'innalzamento dell'età pensionabile come riportaot dal Decreto Legislativo 503/92.

La conferma arriva dalla circolare Inps n°50 del 1993 - approvata dunque un anno dopo la la Legge 104 - che riconosce la riduzione dell’età pensionabile per alcune categorie, ma solamente per coloro che lavorano nel settore privato. Nel dettaglio:

  • lavoratori disabili con almeno 80% d’invalidità riconosciuta: 61 anni per gli uomini, 56 anni per le donne
  • lavoratori non vedenti che vantano almeno 10 anni di assicurazione e contribuzione dopo l’insorgenza della cecità: 56 anni per gli uomini, 51 anni per le donne
  • altri lavoratori non vedenti: 61 anni per gli uomini e 56 anni per le donne

Resta necessario aver maturato almeno 20 anni di contributi. Ma per i caregivers, valgono gli stessi requisiti? No, per loro è possibile usare l'APE Sociale.

Pensioni anticipate con APE sociale

Ai caregivers è dunque data la possibilità di andare in pensione a 63 purchè abbiano maturato almeno 30 anni di contribuzione effettivamente versati. L'altro requisito è quello di assistere da almeno sei mesi, il coniuge, la persona in unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. 

Ma l'APE sociale non solo si rivolge ai caregivers. L'opportunità è concessa anche ai disoccupati con 30 anni di contributi, agli invalidi civili con almeno il 74% di invalidità e 30 anni di contributi. 

L'APE sociale è richiedibile anche da chi effettua un'attività lavorativa cosiddetta gravosa. Chi ha svolto negli ultimi sette anni di lavoro almeno sei lavori usuranti, ed abbia maturato almeno 36 anni di contribuzione, può richiedere all'Inps di andare in pensione a 60 anni.