Brutte notizie per le pensioni! Troppe uscite anticipate.
E per uscite intendo il fatto che molte persone stanno usufruendo delle deroghe pensionistiche antagoniste alla Legge Fornero, ovvero delle varie Quote o Opzioni che permetterebbero l'uscita anticipata ben prima dei 67 anni di età previsti dalla riforma dell'ex ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero.
Il tema delle pensioni è un ferro rovente a livello sociale, che sta interessando tutti, come racconta nel suo video Youtube Pensioni&Aggiornamenti.
Il problema è che potrebbe esserci da parte del Governo Draghi, qualora la situazione perdurasse a danno delle casse previdenziali dell'INPS, l'interesse a bloccare queste uscite anticipate.
E far scattare una mossa, o forse una trappola, cioè un blocco delle uscite anticipate e la disposizione unilaterale alla pensione di vecchiaia, massimo a quella anticipata ma da 42 anni e 10 mesi di contributi versati.
E questo se il ricalcolo rimane, per quella di vecchiaia, sui 67 anni come età anagrafica d'uscita. Già si vocifera che chi entra a lavorare ora e paga i contributi dovrà attendere fino a 71 anni per andare a casa. O peggio, aspettare i 75 anni se si è nati nella classe 1980, come commentò tempo fa l'ex presidente dell'INPS, Tito Boeri.
Motivo di questa crudeltà nei confronti dei pensionati italiani? Una serie di condizioni sfavorevoli, come quelle che adesso andremo a vedere punto per punto.
Pensioni anticipate? Non per l'OCSE! A rischio Opzione Donna?
La questione delle pensioni e delle uscite anticipate in questo paese è morbosamente spinosa, perché abbiamo avuto dal 1995 una serie di riforme che hanno dovuto fare i conti con un passato pensionistico fatto di modelli retributivi e baby pensioni, ovvero sistemi ad altissimo costo pubblico.
Ma va aggiunto che una continuità del lavoro da parte di persone in odor di pensione non giova al ricambio generazionale, che in Italia sta portando ad una disoccupazione giovanile tra le più alte d'Europa.
Per cui la situazione è sempre stata tragica per tutti gli ultimi governi succeduti. O va uscire prima con pre-pensionamenti, o blocca le assunzioni a chi è in età di lavoro.
Non ultimo arriva anche la critica estera, come quando l'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è tornata pochi mesi fa a criticare aspramente i costi e la gestione di queste uscite pensionistiche, in particolare Quota 100 e Opzione Donna.
Sono troppo costose, e in particolare tutto il sistema pensionistico italiano ha una percentuale di debito sul PIL che in nessun paese europeo è segnalabile, Grecia a parte.
Se però Quota 100 è stata abbandonata, e avrà come successore Quota 102 nel 2022 e Quota 104 nel 2023, diversamente ci sarà di nuovo la stessa Opzione Donna, dato che ogni tentativo di modifica è stato abbandonato, ripristinando la formula tanto amata dall'OCSE.
Pensioni anticipate: ecco quanto paga l'INPS per tutti
Mantenere le Quote e le varie Opzioni o APE sociali richiede uno sforzo costante per le casse dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. E, anche quest'anno, lo sforzo è stato ben oltre le possibilità economiche dell'INPS.
L'istituto guidato da Pasquale Tridico chiuderà l'esercizio 2021 con un risultato negativo di 20,2 miliardi.
Un gran successo, no? Va detto che nel 2020 la spesa previdenziale era di sette miliardi in più, ovvero un disavanzo di 27,1 miliardi, ma si parla sempre di un "rosso". Che si traduce in un'ulteriore sforamento di bilancio, e di debito pubblico.
Constatate che l'INPS eroga ogni anno una cifra pari al 15,6% del PIL, ovvero 330 miliardi di euro, tra pensioni e ammortizzatori sociali, tra cui anche indennità per invalidità.
E' una spesa mostruosa, però su questo aspetto il presidente dell'INPS, Pasquale Tridico, è comunque dell'idea che la crisi economica generata dalla pandemia da Covid sia la principale causa di questo dissesto.
Il problema è che l'INPS da anni ha questo dissesto, visto che nel Bilancio di Previsione 2020 (relativo al 2019) lo stesso istituto ha subito dei disavanzi, e non c'era il Covid.
Il problema sembra sia davvero in questi pre-pensionamenti. E forse è lì che Draghi vorrà intervenire.
Pensioni anticipate? Ecco la mossa di Draghi!
La questione pensionistica può essere risolta in due modi, ognuno dei quali abbastanza difficile, se non estremo:
- aumentare la produttività del paese, in modo da ridurre la ratio debito/PIL, un po' nello stile tedesco;
- tagliare pesantemente i costi previdenziali per ridurre il carico economico, un po' nello stile greco.
A meno che nei prossimi anni si confermino punte straordinarie di PIL, come quello di quest'anno, cioè il 6,2%, la strada sarà nella limitazione delle risorse finanziarie per eventuali uscite anticipate o Quote.
E in effetti s'è potuto vedere con Quota 100, che prima prevedeva l'uscita, per chi l'avesse richiesta tra il 2019 e il 2021:
- 62 anni d'età anagrafica,
- 38 anni di contributi INPS versati.
Dal 1 gennaio 2022 si potrà richiedere solo Quota 102 al posto di quest'ultima, e solo per chi compirà 64 anni d'età e garantirà la stessa quota contributiva.
In pratica un decimo di quelli che potevano uscire prima con Quota 100, visto che si parla di 17.000 persone per il 2022, contro i 150.000 di Quota 100 del 2019.
E a questo si aggiunge anche le problematiche riscontrate per le cassa autonomi e per i dipendenti pubblici, le principali vittime del dissesto economico previdenziale.
Pensioni anticipate non per autonomi e dipendenti pubblici! Ecco il futuro
Stando a quanto dichiarato sul Sole24Ore, il presidente Pasquale Tridico nota come la sofferenza dei conti previdenziali, oltre ad essere dovuta ai costi economici della pandemia da Covid, sia individuata anche nella decrescita del numero degli assicurati e un aumento della valutazione dei crediti non esigibili.
Sono tutti elementi che alla lunga fanno affogare i conti in un mare di rosso, se non si provvede, come lui stesso reclama al Governo Draghi, di attuare delle misure di sostegno proprio per gli autonomi.
E per misure si intende di metterli in condizioni di uscita anticipata solo se essi si trovano in prossimità dei requisiti ordinari. E non di farli uscire cinque o dieci anni prima, per intenderci.
E questo per gli autonomi, quindi settore privato in genere. Parliamo invece del settore pubblico.
Anche per la pubblica amministrazione la situazione è tragica, visto che i blocchi delle assunzioni hanno ridotto il numero degli iscritti, in qualità di neo-assunti, e ciò ha impedito ulteriori entrate contributive.
Oltre a ciò si aggiunge anche la criticità del calcolo disposto per la gestione pubblica:
- eccessiva generosità nel calcolo pensionistico,
- requisiti di accesso meno stringenti,
- agevolazioni e prepensionamento anche a 10 anni dall'età anagrafica necessaria.
Però, in questo caso, l'unica possibilità per ottenere una parità in questa spesa faraonica sarebbe in un aumento delle assunzioni presso il Pubblico Impiego del 4%. In pratica i famosi 1.300.000 neoassunti alla pubblica amministrazione, quelli promessi dall'attuale Ministro della PA Renato Brunetta.
Peccato che attualmente si prevede il licenziamento dei navigator, il cui contratto non verrà rinnovato. Più il fatto che non sono mancate le polemiche per alcuni concorsi.
Pensioni per tutti: Quota 87 o RITA!
Tralasciando quote governative e opzioni varie, una buona speranza viene da alcune quote, però a gestione separata e rendicontata dalle aziende.
La prima è Quota 87, e prevede un'uscita anticipata a tutti coloro che:
- hanno raggiunto almeno 62 anni d'età;
- godono di almeno 20 anni di contributi;
- sono lavoratori dipendenti.
Nel caso di Quota 87 diventa praticamente una soluzione a scivolone, ovvero acconsente alle aziende di pre-pensionare il proprio organico anticipando la quota pensionistica fino alla loro uscita ufficiale, cioè altri 5 anni.
E nel frattempo, grazie al turn-over, assumere altre persone, così da comportare a nuove iscrizioni alle casse previdenziali.
Sembrerebbe una buona strategia, anche se richiamerebbe comunque l'anticipazione pensionistica già in atto a livello governativo, che attualmente ha comportato solo ad un ricambio abbastanza "generoso".
Altrimenti una buona prospettiva è garantita dalla Rendita Integrativa Temporanea Anticipata.
In pratica un fondo pensionistico complementare basato sul finanziamento di un fondo pensione che potrai riscattare già a 62 anni e con 20 anni di contributi.
A patto di cessare la propria attività lavorativa e avere 5 anni di piano di pensione integrativo.
Altrimenti, se inoccupato da 24 mesi, potrai richiederla anche a 57 anni, ma sempre con almeno 5 anni di pensione integrativa.
Pensioni: ultime novità per il 2022!
Di novità per il 2022 ce ne sono poche di ottimistiche. Chi vorrà accedere ad un anticipo pensionistico dal prossimo anno dovrà garantirlo con ben 42 anni e 10 mesi di contribuzione INPS versata.
Che per noi italiani sembra una quota mostruosa, ma in realtà è quasi la norma, visto che in Germani addirittura ne richiedono ben 45 anni di contributi alla Deutsche Rentenversicherung ("Assicurazione pensionistica tedesca", l'INPS tedesca).
Per ultimo l'Ocse ha richiesto un atto di forza per quel ch riguarda l'età anagrafica. Non più 67 anni, ma 71 anni. In pratica l'età richiesta per chi non raggiunge almeno 20 anni di contributi.
Anche questa è una trappola che Draghi potrebbe far scattare, visto che il destino sarà quello con l'eventuale ricalcolo dell'aspettativa di vita, disposto ogni due anni. A fine 2021 il ricalcolo ha segnato una riduzione dell'aspettativa di vita, "grazie" al Covid, ma è innegabile che a fine dicembre 2023 l'asticella salirà.
E in quel caso la pensione sarà nel 2060, se non più tardi. Sempre se non sceglieremo l'opzione Grecia.