Pensioni cambia tutto! Brutte sorprese per i nati tra il 1965 e il 1980 lo conferma l’INPS

Pensioni cambia tutto per 8,7milioni di cittadini, rischiano un’amara sorpresa! Il XXI Rapporto annuale INPS spezza il futuro dei nati tra il 1965 e il 1980.

A rischio il futuro pensione della generazione X. I lavoratori nati nel periodo temporale tra il 1965 ed entro il 1980, sono destinati a ricevere bruttissime notizie previdenziali. L’uscita dal lavoro sarà spiacevole vendendosi accollare un buco contributivo minimo di 15 anni. Non solo.

L’altro aspetto che poco si digerisce è il ridotto assegno pensione. In altre parole, l’INPS per la generazione X si appresta a liquidare una pensione da “fame”. Non si tratta di previsioni o dati emersi alla rinfusa prelevati a destra e a manca, ma bensì parliamo delle rilevazioni dati emerse nel XXI Rapporto annuale pubblicato direttamente dall’INPS.  

Nessun futuro previdenziale per tutti coloro nati nell’intervallo di tempo tra il 1965 ed entro i 1980. Il quadro critico politico, economico e sociale emerso negli anni ’90, si prepara a impattare contro 8,7 milioni di lavoratori.

Due gli aspetti messi in discussione la flessibilità del lavoro, in presenza di contratto maggiormente flessibile nella durata. L’altro aspetto è la presenza ingombrante del calcolo dell’assegno pensione agganciato nella riforma pensionistica al sistema contributivo. 

Come rilevato anche da Italiaoggi.it, non sono previste immediate soluzioni, né tantomeno sono stati proiettati rimedi futuri. 

Un colpo ben assestato che aspetta i lavoratori al raggiungimento dei 65 anni di età anagrafica. È, importante, valutare l’esatto periodo temporale della brutta sorpresa, un evento previsto tra 2030 ed entro il 2045.

Il passaggio di mezzo secolo di vita, in cui i lavoratori dovranno fare i conti con una contribuzione reale di 30 anni utile per la pensione. Nel medesimo istante, prenderanno coscienza del buco contributivo di 15 anni non più recuperabile. 

L’INPS cambia tutto sulle pensioni! A rischio i nati in questi anni

Un evento mostrato in chiaro dall’INPS nell’edizione XXI Rapporto annuale. Purtroppo, le brutte notizie non sono finite. L’Istituto nel medesimo rapporto mette chiarisce diversi aspetti legati alla generazione X.

In particolare, per equiparare l’importo dell’assegno pensione i nati nel 1980 dovranno fare ulteriori sacrifici, intesi in termini lavorativi. Infatti, sono previsti almeno +3 anni di attività lavorativa rispetto ai nati nel 1965. Non solo.

La pensione donna subisce una mazzata terrificante. Basti pensare, che per le lavoratrici nate nel 1980 sono previsti + 5 anni e 8 mesi di attività lavorativa, solo per parificare il valore della pensione rispetto alle condizioni previdenziali riservate agli uomini nati nel periodo 1965.  

È possibile rimediare al pasticcio aggiornando le condizioni dei contratti lavorativi, ovvero mettendo a regime il salario minimo. I conti sono semplici nove euro rapportati a 30 anni di attività lavorativa assicurano un assegno pensione del valore minimo di 750 euro al mese. Purtroppo, questo sistema non è il salvagente adatto per la generazione X, che si è già portata troppo avanti nella carriera lavorativa. 

D’altra parte, si è consci che l’INPS prende in esami tutti coloro su cui ricadono gli effetti delle riforme sviluppate negli anni ’90. In altre parole, considera tutti i lavorati che rientrano in un’anzianità contributiva al 1° gennaio 2020, oppure, dove è presente almeno un contributo versato. 

In questo contesto, rientrano tutti coloro che hanno iniziato una carriera nel periodo compreso tra 16 anni ed entro 25 anni di età. I lavoratori scannerizzati sono all’incirca 8,7 mln, di cui la media di 543.000 si riferisce all’anno di nascita. 

La parte massiccia riguarda i nati del 1968, mente sempre secondo le stime il numero dei lavoratori più numerosi investe i nati nel 1980. L’altro aspetto, riguarda le lavoratrici che in questo contesto si attestano al 45%

Le scelte dei contratti lavorativi che pesano sulle pensioni 

Sicuramente, una carriera lavorativa iniziata precocemente incide sull’aspetto previdenziale. Basti pensare che i lavoratori nati tra 1965 e il 1970, hanno anticipato di molto l’ingresso nel mondo del lavoro rispetto alla fascia dei giovani di oggi. 

Infatti, viene rilevata un’anzianità contributiva, ovvero del primo versamento o accredito di un anno in più per i nati nel 1977 a paragone dei lavoratori del 1965. Un’incidenza maggiore viene rilevata successivamente con uno scatto da 19,7 a 20,7, per poi registrare una riduzione nella fascia dei giovani che si attesta a 20,4. 

Secondo l’Istituto la questione principale ruota sul calo delle nascite registrate nel periodo compreso tra il 1978 e il 1980, a cui si associa il calo della riduzione giovanile nella fascia di età compresa tra i 25 ed entro i 24 anni. 

L’altro aspetto da porre in rilievo riguarda la flessibilità voluta dal governo italiano nel 1997, con l’introduzione del “Pacchetto Treu”, ovvero l’immissione nel mercato del lavoro del pacchetto interinale, part-time e varie forme di lavoro flessibile. Un periodo a cui viene accollato anche il contratto CO.CO.CO di collaborazione continuativa o coordinata. 

I dati rilevati mostrano in chiaro che dopo circa 15 anni di attività lavorativa, l’anzianità contributiva appare uniforma registrano un andamento in ribasso nella misura di -3,2 punti per i lavoratori più giovani rapportati a quelli più datati.

L’abbattimento degli indici viene rilevati per gli inserimenti lavorativi degli anni 2000, che maggiormente hanno subito lo smacco del contratto atipico, parasubordinato rispetto ai lavoratori assunti regolarmente come dipendenti. 

Rimedi e soluzioni per un futuro pensione accettabile

A pagare il prezzo maggiore i quarantenni, ovvero i lavoratori che rientrano nella fascia di nascita tra il 1977 ed entro il 1980 incollati alle condizioni critiche. 

La frammentazione della carriera lavorativa dovuta alla presenza ingombrante dei contratti atipici impatta fortemente nella copertura previdenziale. I quali vengono messi nelle condizioni di doversi confrontare con l’aumento dei requisiti per la pensione. Questo, perché, su 15 anni di carriera lavorativa viene rilevata per i lavoratori giovani un ribasso contributivo di circa cinque anni rispetto ai lavoratori più anziani. 

Un discorso integrabile con l’ingresso del salario minimo del valore non più basso di nove euro all’ora. Un rimedio alla falla, una strategia promossa dall’INPS per parte della generazione X. Per chi resta escluso dal vantaggio restano le prestazioni assistenziali. 

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