Pensioni 500 mila italiani fanno causa all’INPS! Ecco perché

L'INPS è coinvolto in oltre mezzo milione di contenziosi per pensioni errate. Lo rivela un duro rapporto del Civ, che sottolinea tutti i problemi dell'Istituto. Dai conti alle pratiche di invalidità in attesa di essere elaborate, alle ingerenze in politica. Intanto il governo torna a discutere con i sindacati su una possibile riforma del sistema pensionistico.

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L’ultimo rapporto del Civ, il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, ha denunciato una situazione disastrosa per l’istituzione che gestisce le pensioni in Italia. Oltre mezzo milione di italiani che hanno un contenzioso in corso con l’INPS per pensioni arretrate, erroneamente decurtate o pratiche sospese senza una ragione. 

Tra le pratiche arretrate dell’INPS la situazione più grave è quella delle pensioni di invalidità. Quasi un milione di casi ancora sospesi ad ottobre dell’anno passato, un rallentamento enorme in cui rimangono intrappolate persone che hanno effettivamente bisogno di aiuto. 

Ma il problema di questi contenziosi non è soltanto nel disservizio che i pensionati o gli aventi diritto alla pensione finiscono per subire. Queste cause costano moltissimo all’INPS ogni anno, fino al 10% delle spese totali dell’Istituto. Anche perché a quanto riporta il Civ, nel 40% dei casi l’INPS ha effettivamente torto, perde, e si ritrova a pagare le spese legali. 

Intanto governo e sindacati continuano a trattare sulla riforma delle pensioni. Nel 2022 dovrebbe nascere un nuovo sistema di flessibilità in uscita che sostituirà le varie opzioni al momento disponibili. Questa riforma dovrebbe quindi eliminare Opzione Donna e Quota 102 mettendo ordine all’interno del sistema pensionistico.

La base di partenza rimane comunque la legge Fornero, ritenuta l’unico impianto pensionistico sostenibile per l’economia del nostro paese, in continuo invecchiamento. 

Pensioni, l’INPS sbaglia troppo

Il Comitato di Indirizzo e Vigilanza è un organo interno dell’INPS, previsto dalla legge e formato dai rappresentanti di lavoratori e imprese. Nel suo rapporto di fine mandato, il Civ ha individuato nei contenziosi aperti uno dei problemi principali nel funzionamento dell’Istituto che gestisce le pensioni degli italiani. 

I contenziosi non sono soltanto un sintomo dell’insoddisfazione degli italiani nei confronti dell’Istituto. L’INPS infatti perde quasi il 40% dei casi che finiscono davanti ad un giudice, oltre a risolvere in autotutela il 13% dei contenziosi totali. Per autotutela si intende l’ammissione di colpa e il risarcimento da parte dell’INPS, senza nessun procedimento. 

Ad inizio 2020 si erano accumulati oltre 450.000 ricorsi a carico dell’INPS, con un costo pari a 230 milioni di euro, il 10% delle spese dell’Istituto. I ricorsi risultano quindi essere non solo il sintomo di un problema nel funzionamento dell’INPS, ma si trasformano in un problema loro stessi, a causa degli elevati costi legali dovuti al tasso di soccombenza, cioè al numero di volte in cui l’Istituto perde una causa. Lo spiega il direttore del Civ Guglielmo Loy, già segretario confederale della UIL:

"L'alto tasso di soccombenza impatta sul 10% delle spese di funzionamento dell'Inps, un livello altissimo, al punto da aver reso il fenomeno patologico. Il nostro allarme sulla crescita abnorme del contenzioso amministrativo e giudiziario non è stato recepito”

I dati precisi riportati dal rapporto del Civ spiegano perfettamente la portata del problema. 419.080 ricorsi giudiziari, cui si aggiungono 154.000 ricorsi amministrativi presso le commissioni e i comitati. Il 13% dei casi viene risolto come detto per autotutela, senza passare da nessun comitato o tribunale. 

Il resto finisce prima davanti ai Comitati regionali e provinciali e alle commissioni speciali, dove l’INPS perde il 20% delle volte. Si passa poi al tribunale: in secondo grado di giudizio l’Istituto perde il 39% delle volte, ridotto al 36% se si considera la cassazione. Ognuno di questi contenziosi costa tempo e soprattutto denaro all’INPS, che potrebbe evitare queste conseguenze semplicemente migliorando la propria efficienza.

Pensioni, 931 mila pratiche arretrate di invalidità

I contenziosi aperti sono però soltanto uno dei problemi riscontrati dal Civ nel suo rapporto di fine mandato. Sicuramente il più grave dal punto di vista del bilancio, ma dalle conseguenze sociali tutto sommato limitate. Gli errori infatti in questi casi sono facilmente risolvibili e difficilmente vanno ad incidere in situazioni di grave disagio. 

Il secondo problema che l’indagine del comitato di indirizzo e vigilanza ha riscontrato invece, rischia di andare ad influire sulla parte più debole della società. È stata riscontrata infatti un’enorme giacenza di pratiche di invalidità, oltre 931.000 nel 2021 se si sommano prime visite e revisioni. 

Il problema, denuncia il Civ, esiste già da tempo, ma è stato aggravato dalla pandemia che ha svuotato gli uffici e imposto lo smart working, limitando la già non altissima produttività dell’INPS. L’Istituto in questo caso si trova però in una situazione molto delicata. Le pratiche di invalidità vanno analizzate con attenzione, per evitare truffe ai danni dello stato. 

I finti invalidi sono infatti un problema sia per lo stato, sia per l’INPS stessa, che rischia di sprecare ingenti risorse a causa di questi truffatori. Il problema però è che questa attenzione causa una lentezza nelle pratiche che mette in una situazione molto difficile gli invalidi in attesa di una pensione. 

Pensioni, tutte le critiche all’INPS

Il rapporto del Civ non ha però evidenziato soltanto i problemi dell’INPS. Il Comitato ha anche sottolineato l’uso politico dell’Istituto, e l’impiego di risorse umane e di fondi in alcune campagne che poco hanno a che fare con le pensioni. 

La prima critica mossa all’INPS è quella di non essersi ancora dotato di una Carta dei Servizi. Un documento del genere servirebbe a rendere certi i tempi e le modalità entro cui l’utente dell’Istituto deve ricevere i servizi erogati. Un testo simile è arrivato il 22 dicembre 2021, ma la sua applicazione deve ancora partire. 

Un altro punto su cui il Civ preme molto nel suo rapporto è la trasparenza. Al momento, denuncia il comitato presieduto dal Loy, l’INPS è completamente privo di un sistema di Open Data, che metta a disposizione del pubblico tutti i dati relativi alle attività dell’Istituto. Uno strumento del genere renderebbe più difficile l’utilizzo delle risorse dell’INPS a fini politici e metterebbe a nudo eventuali ingerenze esterne di gruppi di pressione. 

Infine ci sono le campagne di informazione dell’INPS che il Civ ritiene “assolutamente incoerenti” con lo scopo dell’Istituto. Nel mirino finisce la campagna “Italia del Noi”, una serie di progetti culturali di varia natura promossi dall’INPS con risorse proprie, ma che poco hanno a che fare con pensioni e sussidi. 

Allo stesso modo il Civ critica la trasformazione dell’INPS in un generico istituto di welfare, con iniziative come “Inps per tutti” o “Accademia del Welfare” ritenute opinabili. La critica di fondo riguarda anche il ruolo sempre più invasivo dell’Istituto nella discussione politica. Spesso, tramite il suo presidente, l’INPS ha espresso pareri su processi legislativi. 

Secondo il rapporto del comitato di indirizzo e vigilanza, tutte queste iniziative sottraggono risorse al regolare funzionamento dell’INPS. Da una parte questo si ripercuote sui contri dell’Istituto stesso, a causa degli errori commessi e delle conseguenti spese legali ingenti. Dall’altro ha serie conseguenze anche sul tessuto sociale che l’INPS dovrebbe provvedere a tenere saldo, come dimostrano i ritardi nelle pratiche di invalidità.

Pensioni, a che punto è la riforma

Per tutta l’ultima parte del 2021 si sono susseguite proposte e controproposte, provenienti anche dall’INPS, relativa ad una riforma organica della flessibilità in uscita per il sistema pensionistico. L’attuale legge che regola le pensioni, la cosiddetta legge Fornero, varata dal governo Monti in un momento tragico per il nostro paese, è molto rigida e permette di andare in pensione non prima dei 67 anni di età. 

Per addolcire questa norma negli anni si sono accumulate varie forme di flessibilità, leggi alternative che pur non sostituendo la Fornero, davano ai lavoratori altre opzioni. Le varie Opzione Donna, Quota 100 e Quota 102 sono gli esempi più famosi, ma ne esistono altre per particolari categorie di lavoratori. 

L’obiettivo del governo e dei sindacati sarebbe quello di trovare una sintesi di queste norme, per riordinare la flessibilità e renderla permanente. Tutte queste leggi sono infatti rinnovate di anno in anno, e c’è sempre il rischio di un totale ritorno alla Fornero

Il primo incontro in questo senso si è svolto ieri giovedì 20 gennaio, ma sindacati e governo hanno discusso soprattutto di come garantire in futuro una pensione ai giovani. Le discussioni sulla flessibilità riprenderanno il 7 febbraio, quando i sindacati torneranno a proporre l’uscita con 41 anni di lavoro, a prescindere dall’età. 

Il governo ha già rifiutato questa ipotesi, a causa della sua insostenibilità. Lo stato italiano sta infatti affrontando una spesa pensionistica già altissima, il 15,4% del PIL. Queste enormi uscite sono da attribuire a due fattori: il primo è la facilità con cui in passato lo stato ha mandato in pensione varie categorie (i cosiddetti baby pensionati con 14 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi). 

Il secondo è il fatto che in questi anni sta andando in pensione la generazione più numerosa della storia del paese. Tantissimi lavoratori ormai arrivati a fine carriera, che hanno fatto pochi figli e vivranno molto a lungo, e che rischiano con le loro pensioni di mandare in crisi i conti dello stato.

Pensioni, per ritirarle non serve più il Green Pass

Una piccola novità sulle pensioni arriva dal nuovo DPCM che modifica alcune misure relative al Green Pass. Per allentare alcune delle restrizioni più pesanti, il governo ha eliminato la necessità di certificazione verde in alcuni luoghi tramite cui si accede a servizi essenziali. 

Uno di questi luoghi sono gli uffici postali. In passato era sempre necessario mostrare il Green Pass per accedervi, e in futuro potrebbe addirittura essere necessario il Green Pass rafforzato, con una sola eccezione. Per ritirare la pensione alle poste infatti non sarà necessaria alcuna certificazione di avvenuta vaccinazione o di tampone negativo.