Draghi taglia le pensioni. Tolti 150 euro dall'assegno!

Pronti ad una vera e propria sforbiciata della vostra pensione e a perdere 150 euro sul vostro assegno previdenziale? No! Male, vi dovete preparare. Il premier Mario Draghi mette sul tavolo tutte le opzioni per una riforma delle pensioni e gli Italiani iniziano a tremare. Il 31 dicembre 2021 sarà chiusa definitivamente l'epopea di Quota 100, ossia della possibilità di andare in pensione al compimento dei 62 anni, purché si abbiano maturato almeno 38 anni di contributi.

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Pronti ad una vera e propria sforbiciata della vostra pensione e a perdere 150 euro sul vostro assegno previdenziale? No! Male, vi dovete preparare. Il premier Mario Draghi mette sul tavolo tutte le opzioni per una riforma delle pensioni e gli Italiani iniziano a tremare. Il 31 dicembre 2021 sarà chiusa definitivamente l'epopea di Quota 100, ossia della possibilità di andare in pensione al compimento dei 62 anni, purché si abbiano maturato almeno 38 anni di contributi. Molti lavoratori si stanno domandando che cosa si devono aspettare dal 1° gennaio 2022: dovranno attendere il compimento dei 67 anni per andare in pensione? Saranno vittime di questo stramaledetto scaglione che attanaglia gli incubi di tutti i lavoratori?

Partono proprio da queste considerazioni le idee base per una riforma delle pensioni. Sul tavolo delle ipotesi, in queste settimane, vi è l'idea che venga esteso il contratto di espansione anche alle piccole aziende, quelle che hanno 50 o 100 dipendenti. Signori, però, è necessario prestare la massima attenzione, a questo punto. Il contratto di espansione con Quota 100 ha in comune solo e soltanto la possibilità di andare in pensione a 62 anni: tutto il resto è differente. Non dovete soffermarvi a guardare solo i requisiti dell'età. La possibilità di usufruire del contratto di espansione potrebbe dimostrarsi una vera propria beffa per il lavoratore, ma anche per l'azienda: il primo si ritroverebbe un bel taglio dell'assegno previdenziale. Un sforbiciata di almeno 150 euro, con un importo che si aggirerebbe intorno ai 1.308 euro mensili

In pensione con il contratto di espansione!

Abbiamo appena visto come il contratto di espansione possa dimostrarsi una vera e propria beffa per il lavoratore. Lo stesso lo possono dire le aziende: anche loro devono rispettare tutta una serie di regole. E non è detto che rappresentino un vantaggio per i loro conti. Prima di tutto è necessario che sottoscrivano un accordo con il Ministero del Lavoro e le parti sociali: questo famigerato accordo deve avere l'obiettivo di agevolare l'uscita dal lavoro del personale dipendente, ma soprattutto deve programmare tutta una serie di nuove assunzioni. In linea teorica sembra tutto semplice e perfetto, ma nella realtà la situazione è un po' più complicata.

Andrea Carbone, in un articolo pubblicato su il Corriere.it, mette in evidenza alcuni punti grigi del contratto di espansione. Nel momento in cui un lavoratore dovesse decidere di andare in pensione, su base volontaria, anticiperebbe l'uscita dal mondo del lavoro di cinque anni rispetto ai requisiti richiesti per andarci con quella di vecchiaia. Questo significherebbe che il lavoratore dovrebbe rinunciare da un pezzo della propria pensione: in altre parole andrebbe a perdere cinque anni di contributi, che corrispondono al periodo nel quale è andato in pensione anticipatamente. Proviamo a fare due conti. Un lavoratore che sia nato nel 1960 e che abbia un reddito di 1.600 euro mensili, può andare in pensione anticipatamente nel 2022, invece che nel 2027. Questa scelta comporterebbe un taglio dell'assegno previdenziale pari al 12%, che quantificato monetariamente significherebbe passare da 1.308 euro a 1.149 euro netti mensili. Ma non basta, sarebbe costretto a rinunciare ad un altro bel po' di soldi: nei cinque anni rientrano tra l'andata in pensione anticipatamente ed il raggiungimento del requisito per uscire dal lavoro regolarmente, riceverebbe un'indennità pari a 911 euro

Pensione: come conviene comportarsi!

Dare un consiglio obiettivo e che oggettivamente valga per tutti è impensabile. Ogni singolo lavoratore si trova in una situazione diversa. Possiamo comunque affermare che per scegliere ci si può basare su due differenti criteri: quello soggettivo e quello economico. Sul primo è impensabile dare qualsiasi suggerimento. Sul secondo - fermando il ragionamento unicamente su questioni economiche - al singolo lavoratore non converebbe anticipare il giorno in cui andrà in pensione. Parlando strettamente in termini esconomici, uscire dal lavoro cinque annni prima, significa perdere qualcosa come 78.000 euro - ci stiamo riferendo all'esempio riportato in precedenza -. Il contratto di espansione, comunque, non obbliga a lasciare il lavoro con cinque anni di anticipo: è possibile optare per delle soluzioni intermedie. Nel caso in cui si decidesse di andare in pensione con tre anni di anticipo, il taglio dell'assegno previdenziale sarebbe solo di 100 euro e la prestazione previdenziale temporanea sarebbe pari a 1.043 euro. In questo caso si perderebbero solo 44.000 euro contro i 78.000 euro preventivati per i cinque anni.

Sono tutte considerazioni che devono essere fatte individualmente. Perché se le perdite economiche sono facilmente calcolabili, le necessità individuali non sono preventivabili in questa sede. Non dobbiamo poi dimenticare che il contratto di espansione obbliga lavoratori ed aziende a sottoscrivere un accordo, che andrà ad incidere pesantemene sulla vita e sulla stabilità economica di entrambe le parti. Il suggerimento è quello di ragionarci con la dovuta tranquillità ed effettuare una scelta consapevole.

Contratto di espansione: come funziona nel dettaglio!

Il contratto di espansione è tornato alla ribalta grazie al Decreto Sostegni bis. Questa misura permette all'azienda di mandare in pensione anticipatamente i propri dipendenti. L'uscita dal lavoro può arrivare fino a cinque anni prima rispetto ai requisti per poter accedere alla pensione di vecchiaia. In un primo momento il numero delle aziende, che potevano accedere a questa misura, era limitato. Solo ultimamente è stata allargata la platea dei beneficiari.

Oggi come oggi possono accedere al contratto di espansione le aziende che abbiano almento 100 dipendenti. La Legge di Bilancio 2021 - per l'anno in corso - aveva portato la soglia a 500 dipendeti: è stato l'ultimo decreto Sostegni ad allargare ulteriormente la platea dei beneficiari. Per accedere alla misura le aziende devono mettere in conto anche l'assunzione di nuove professionalità, dopo aver sottoscritto il contratto di espansione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e le associazioni sindacali.

Possono accedere al contratto di espansione: