Pensioni INPS: aumenti confermati! Fino a 524 in più!

Ecco un nuovo bonus da 524 euro a marzo 2022 per alcuni beneficiari delle pensioni INPS! Ecco a chi spettano questi aumenti!

Bonus da 524 euro in arrivo!

Per chi ha diritto alla pensione di marzo 2022 si potrà avere un’integrazione per il proprio assegno. Ma ci sono anche altre novità dell’INPS per quanto riguarda il trattamento relativo anche alle pensioni sociali e all’assegno di invalidità.

Per saperne di più ti suggerisco l’ultimo video di Mondo Pensioni disponibile su Youtube e sul suo canale.

Però questa integrazione è prevista per alcune categorie di beneficiari di assegni sociali e di invalidità, come già s’è visto per altri bonus relativi all’invalidità, anche per chi soffre di disturbi specifici dell’apprendimento.

In questo articolo faremo il punto della situazione, e vedremo insieme a chi spetta davvero questo bonus integrativo per il proprio assegno.

Pensioni INPS: novità sull’integrazione! Ecco chi ne ha diritto

Sulle pensioni quest’anno l’INPS ha dovuto affrontare l‘aumento incontrollato dell’inflazione, che s’è abbattuta sul potere d’acquisto e sui risparmi di pensionati e lavoratori dipendenti.

La stessa ISTAT ha registrato un indice dei prezzi al consumo (IPAC) completamente esploso, rispetto agli ultimi quindici anni: oltre il 3,4% per gennaio 2022, col rischio di un 5% su scala annua se continua imperterrita fino alla fine dell’anno.

Per questo l’INPS, come disposto dalla riforma Amato del 1992, ha provveduto ad aumentare sensibilmente le pensioni di vecchiaia e anticipate, così come le minime e gli assegni sociali. Almeno per evitare che milioni di pensionati si ritrovino alla canna del gas, anche quest’ultimo dal prezzo esploso a causa degli oneri di sistema e (forse) della recente crisi in Ucraina.

Dal 1 gennaio 2022 le pensioni INPS avranno un aumento stabilito dalla perequazione, che andrà dall’1,2% all’1,75% in proporzione all’assegno mensile. 

Per inciso, la perequazione è l’aumento dell’importo di un reddito in proporzione all’innalzamento di un preciso indicatore, in questo caso l’inflazione.

Come dice il termine, si vuole portare all’equivalenza i redditi in entrata in rapporto ai costi prodotti dall’inflazione.

In passato, cioè prima della riforma del 1992, la perequazione scattava in rapporto alle buste paga nazionali. Con quella riforma per anni la perequazione o non veniva eseguita, specie in periodi di deflazione, o era irrisoria.

Pensioni INPS: aumenti confermati! Ecco i nuovi importi 

In merito alle pensioni di marzo, oltre allo strumento della perequazione, l’INPS ha deciso di tornare a distribuire gli aumenti attraverso un sistema a scaglioni, così da incidere al meglio sui redditi dei pensionati meno abbienti.

Altrimenti, in assenza di progressione, a beneficiare di questo scostamento di bilancio da 4 miliardo di euro sulla spesa previdenziale, avrebbero beneficiato solo pochi milioni di pensionati, e non oltre 23 milioni di italiani.

Così facendo, la progressione dell’adeguamento sarà del:

  • 100% (di 1,7%) per gli assegni piu bassi, fino a 4 volte l’importo della pensione minima;
  • 90% per gli assegni tra 4 e 5 volte l’importo della pensione minima;
  • 75% per gli assegni superiori a 5 volte l’importo della pensione minima.

Quando si intende la pensione minima, si fa riferimento alla quota prevista nella peggiore delle situazioni contributive, cioè con pochissimi anni di contributi o quasi nessuno.

Anche la minima ha avuto un suo aumento, passando da 515,58 euro mensili a 524,34 euro. Così facendo:

  • il 100% spetterà alle pensioni entro 2062 euro lordi al mese;
  • il 90% spetterà alle pensioni entro 2577,90 euro lordi al mese;
  • il 75% spetterà alle pensioni oltre 2577,90 euro lordi al mese.

Ma in soldoni di quanto si parla, come aumenti? Grosso modo, nel caso di redditi da 1500 euro mensili, è un aumento di 25 euro al mese, cioè 300 euro in più all’anno. 

Ovviamente, se si fanno due calcoli, la situazione è leggermente diversa tra i vari scaglioni.

Pensioni INPS: ecco come si calcola la perequazione!

Con l’adeguamento all’inflazione tramite perequazione, le pensioni di marzo avranno un aumento che varierà dall’1,2% all’1,75%, a seconda del proprio importo mensile rispetto alla pensione minima.

Questa disposizione è stata adottata per questo caso in particolare, visto che in principio si usava invece la decurtazione sull’intero importo dell’assegno, e non sulla soglia della franchigia. 

Come ricorda Fiscoetasse.com, nel 2012, pur di ridurre le spese pubbliche previdenziali, oltre alla Riforma delle pensioni Fornero, il Governo Monti richiede il blocco di tutti gli adeguamenti all’inflazione per le pensioni sopra il triplo dell’importo minimo, allora intorno a 481 euro.

Cioè se avevi poco più di 1.350 euro lordi al mese non avevi diritto ad alcuna perequazione. Fortuna vuole che la proposta sia stata bloccata dalla Corte Costituzionale, e sia stato reintrodotto l’adeguamento.

Come detto prima, la percentuale più alta andrà a chi ha redditi più bassi, così da aumentare virtualmente l’entrata a fine mese. Va detto che, pur volendo venire incontro a tutti gli effetti ai redditi medi, con la progressione:

  • se avevi 2000 euro lordi al mese, avrai con l’aumento un assegno mensile di 2034 euro;
  • se avevi 3000 euro lordi al mese, avrai con l’aumento un assegno mensile di 3048 euro;
  • se avevi 4000 euro lordi al mese, avrai con l’aumento un assegno mensile di 4061 euro.

Ogni mille euro di pensione prevederebbe un extra di 14 euro a fine mese, grosso modo. E questo col fatto che è aumentato l’importo della pensione minima.

Pensioni INPS: ecco chi ha diritto all’integrazione al minimo!

La pensione minima è l’importo limite che può erogare l’INPS nel caso in cui non si sia provveduto in maniera completa a presentare i contributi previdenziali necessari per avere un importo finale superiore alla minima.

Con l’aumento inflazionistico, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha disposto un extra per il trattamento minimo di pensione, che passerà da 515,58 euro mensili a 524,34 euro.

Ovviamente tutto ciò cambia anche per chi vuole accedere alla pensione di tipo contributivo, cioè quella disposta dopo la Riforma Dini del 1995. Servirà avere un trattamento di vecchiaia non inferiore a 702,16 mensili, e nel caso in cui tu voglia accedere alla pensione anticipata, l’importo non dovrà essere inferiore a 1.310,69 euro mensili.

Precisiamo che, tralasciando Quota 102, Opzione Donna e Ape Sociale, per accedere alla pensione di vecchiaia bisogna aver compiuto almeno 67 anni d’età, e almeno avere 20 anni di contributi come minima.

Se vuoi anticiparla, serviranno invece 41/42 anni e 10 mesi di contributi versati (a seconda se uomo o donna), anche in formula mista, tra modello retributivo pre-1995 e quello attuale, di tipo contributivo.

Pensioni INPS: aumento anche per l’assegno sociale!

Se non si è riuscito per vari motivi a raggiungere una quota contributiva sufficiente e il proprio reddito familiare, si può richiedere, una volta raggiunti i 65 anni d’età, alla pensione sociale, o meglio all’assegno sociale, come regolamentato dalla legge 30 aprile 1969, n. 153.

Le condizioni entro le quali si può ottenere solo la pensione minima sono le seguenti:

  • hanno compiuto 65 anni;
  • si trovano in condizioni di povertà.

Per condizione di povertà si intende il possesso di un reddito pari a 5.983,64 euro annui, se non coniugati. O di 11.967,28 euro all’anno, se coniugati.

Anche questo trattamento, seppur di origine assistenziale, ha avuto un aumento, seppur molto limitato: da 460,28 euro è passato a 468,10 euro mensili.

Molti confondono addirittura l’assegno sociale con la Pensione di Cittadinanza, ma, oltre ad avere due dispositivi legislativi diversi, hanno due formule di richiesta completamente diversi, specie sul requisito anagrafico.

Per convenienza è meglio richiedere l’assegno sociale, anche per via degli importi, sebbene abbastanza restringente sui requisiti reddituali.

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