Novità pensioni: modello Ape Sociale per tutti dal 2023?

Novità pensioni: in cosa consiste il modello Ape Sociale? Come funzionerà dal 2023? Ecco quali sono le novità previste in futuro con la riforma pensionistica.

Ape sociale non lascia, raddoppia! Il modello pensionistico è stato confermato per il 2022 e verrà addirittura allargato a partire dal 2023.

Ma in cosa consiste di preciso l’Ape sociale, e come funziona? Andiamo con ordine: parlare di riforma pensioni è sempre complesso, in quanto non è banale trovare il giusto punto di incontro tra Governo, in particolare con il Ministero del Lavoro, e le organizzazioni sindacali.

Lo strumento dell’Ape sociale, per usare i precisi termini adottati dall’INPS sul proprio sito web:

Prevede un’indennità a carico dello Stato erogata dall’INPS, entro dei limiti di spesa, a soggetti in determinate condizioni previste dalla legge che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero.

Vediamo dunque cosa significa nello specifico questa definizione, quali sono le novità relative alla platea di beneficiari che potrà accedere a tale indennità già a partire dall’anno attualmente in corso, e quali ulteriori novità si prospettano per le pensioni nei prossimi mesi e negli anni a venire.

Partiamo con un breve video (tratto dal canale YouTube AppLavoro) molto ben realizzato ed esaustivo sulle caratteristiche dell’Ape sociale per il 2022.

Novità pensioni, il punto dell’incontro tra governo e sindacati

Lo scorso 15 febbraio si è tenuto un incontro costruttivo sul tema della pensioni tra le parti sociali ed il governo, con quest’ultimo che non ha chiuso la porta ad una maggiore flessibilità per il futuro, naturalmente senza però scendere sotto la soglia dei 64 anni.

I sindacati, all’opposto, vorrebbero che il limite venisse abbassato a 62 anni oppure 41 anni di contributi, un’ipotesi che, però, le istituzioni hanno scartato.

Si cerca in ogni caso di trattare e trovare un punto di incontro: per trovare la giusta via di mezzo tra le richieste dei sindacati e le intenzioni del governo, allora, una soluzione potrebbe essere quella di puntare sullo strumento dell’Ape sociale.

Questa soluzione sarebbe infatti in grado da un lato di offrire quegli spunti di flessibilità richiesti dalla controparte governativa, e dall’altro di permettere un uscita pensionistica anticipata rispetto alla soglia dei 64 anni.

Vediamo allora quali dettagli contraddistinguono l’Ape sociale e quali lavoratori possono usufruirne già ora.

Cos’é l’Ape Sociale e a chi è riservata

Come abbiamo già avuto modo di accennare, l’Ape sociale è un’indennità a carico dello Stato, la quale viene erogata dall’INPS fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia o di quella anticipata. L’importo massimo che si può ottenere con questa sorta di anticipo pensionistico è pari a 1500 euro lordi mensili.

E’ stata prevista come misura sperimentale fin dal 2017, e l’Ape sociale è stata in seguito rinnovata ogni anno, compreso quello attualmente in corso con la proroga fino al 31 dicembre 2022 nella Legge di Bilancio.

Sempre sul sito dell’INPS troviamo un elenco esaustivo della platea che ha diritto ad usufruire dell’Ape sociale:

Spetta ai lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della stessa, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla Gestione Separata […].

Tra tutti questi lavoratori, hanno diritto all’indennità:

1) Coloro che sono disoccupati causa licenziamento o che hanno dato le dimissioni, sia per giusta causa che con risoluzione consensuale.

2) I lavoratori che, al momento della richiesta (e da almeno 6 mesi), assistono un coniuge oppure un parente convivente in situazione di grave handicap. Il parente deve essere di primo grado, oppure di secondo se i genitori o il coniuge della persona con handicap hanno 70 anni compiuti ed un’anzianità contributiva di almeno 30 anni (oppure se soffrono a propria volta di patologie invalidanti o se sono deceduti).

3) Chi ha un’invalidità civile con una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%, con al tempo stesso un’anzianità contributiva almeno di 30 anni.

4) I lavoratori dipendenti, con almeno 36 anni di anzianità contributiva, che hanno svolto in 7 degli ultimi 10 anni oppure in 6 degli ultimi 7 una delle professioni gravose indicate sul sito dell’INPS (professori di scuola primaria, operatori di macchinari petroliferi, personale addetto a spostamento e consegna merci, e molto altro ancora).

Per ciò che riguarda la decorrenza e la durata, l’Ape sociale viene corrisposto in dodici mensilità annuali (ogni mese), fino a quando è possibile conseguire la pensione di vecchiaia oppure quella anticipata.

Per richiedere l’indennità serve avere almeno 63 anni e non ricevere alcun tipo di pensione diretta, oltre che possedere almeno 30 anni di anzianità contributiva, che diventano 36 per chi svolge le cosiddette attività gravose.

L’Ape non è sovrapponibile all’assegno di disoccupazione, né all’indennizzo per cessata attività commerciale.

Anzi, va specificato che non bisogna avere in atto alcun tipo di attività, né Italia né all’estero, sia che si tratti di lavoro dipendente, autonomo o parasubordinato, a meno che il reddito raggiunto con il lavoro dipendente o parasubordinato non sia inferiore agli 8mila euro lordi all’anno, soglia che per il lavoro autonomo si abbassa a 4.800 euro (400 euro lordi mensili). 

Ape Sociale prorogata anche nel 2022

L’indennità dell’Ape sociale è stata prorogata anche per il 2022. L’INPS ha comunicato infatti che dal 18 gennaio la piattaforma è stata riaperta per accogliere le domande degli aventi diritto.

Sono state messe in atto anche delle modifiche, rispetto alla struttura generale degli anni passati. Tra i cambiamenti principali va sottolineato il fatto che l’elenco delle professioni considerate gravose che possono usufruire dell’indennità è stato ampliato.

A farne parte sono ora gli operai edili, i ceramisti e i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta. Questi ultimi potranno richiedere l’Ape con un requisito minimo contributivo ridotto a 32 anni, invece che i canonici 36.

Come si fa, nello specifico, a richiedere l’Ape sociale nel 2022? È sufficiente andare sul sito dell’INPS e, da lì, presentare la propria domanda online, utilizzando naturalmente il PIN dispositivo dell’Istituto Previdenziale. È necessario inviare anche, in allegato, i documenti che attestano la propria posizione e la conseguente possibilità di accesso all’indennità.

In alternativa, per coloro che non possiedono il PIN dell’INPS o preferiscono fare domanda di persona, è possibile rivolgersi ad un patronato.

Dal 2023 Ape Sociale per tutte le categorie?

Nel complesso, possiamo quindi concludere che l’Ape sociale rappresenta una misura decisamente più conveniente rispetto a quella di quota 102, che prevede come requisito essenziale una maggiore anzianità contributiva (38 anni contro i massimo 36, come abbiamo visto, dell’Ape sociale) ed un’età anagrafica più alta (64 anni contro 63).

La flessibilità garantita da questa indennità può far sì che essa diventi uno strumento molto importante per trovare un punto di intesa tra governo e sindacati sulla riforma pensionistica strutturale prevista per il prossimo anno.

In questo senso, così come nel 2022 si è ampliata la lista dei possibili beneficiari dell’Ape sociale anche a chi ha svolto lavori usuranti, il prossimo anno si potrebbe pensare ad un allargamento ancora ulteriore.

Anche perché i lavori gravosi sono davvero molti, con una lista aggiornata nel 2021 che ne comprende ben 92 tipi! Solo un terzo di questi, per ora, rientra nei requisiti per l’indennità pensionistica. Non è detto che non possa aggiungersi anche il resto dell’elenco nel corso dei prossimi mesi.

Anche perché l’Ape sociale può consentire la creazione di uscite dal lavoro scaglionate e diversificate a seconda delle mansioni svolte, operando sui requisiti contributivi. Così, a seconda della gravosità dei compiti svolti durante la propria esperienza lavorativa, si potrebbero creare step differenti per l’accesso all’indennità

Altre novità per la riforma pensioni 2023

Naturalmente le prospettive che abbiamo descritto sono subordinate al raggiungimento di un accordo tra istituzioni e parti sociali, in assenza del quale non solo l’Ape sociale potrebbe scomparire al termine del 2022, ma potrebbe condividere questo destino con quota 102 e con lo strumento dell’opzione donna.

Senza tali strumenti, la pensione sarà ottenibile con i requisiti dei 67 anni di età e 20 anni di contributi almeno per i prossimi 2 anni. Solo nel 2025, se la speranza di vita dovesse venire modificata, potrebbero cambiare anche i limiti pensionistici inerenti all’età.

Anche nel 2023 ci sarà la possibilità di usufruire della pensione anticipata per chi avrà raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi: in questo caso l’età anagrafica risulta infatti irrilevante. Per le donne, peraltro, è sufficiente un anno di contributi in meno rispetto agli uomini.

Un’altra opzione è quella che riguarda le figure dei disoccupati, dei caregiver, degli invalidi e di chi ha svolto lavori gravosi: anche costoro possono richiedere la pensione anticipata, precisamente quella prevista per i lavoratori precoci. Le condizioni da rispettare sono l’aver versato 41 anni di contributi, ed occorre che 12 mesi tra questi siano stati versati prima di avere compiuto il diciannovesimo anno di età.

Il prepensionamento è ottenibile anche grazie alla RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata), la quale sfrutta il fondo previdenziale integrativo come affiancamento alla pensione di vecchiaia.

In questo caso occorre naturalmente essere titolari di un tale fondo, per potervi accedere; inoltre serve avere 62 anni (se si è ancora in servizio, ovviamente abbandonando l’attività), oppure 57 anni per chi è disoccupato da almeno 24 mesi; e bisogna avere versato almeno 20 anni di contributi, di cui almento 5 nel fondo previdenziale integrativo.

Infine, come ultime possibilità, anche nel 2023 si potrà accedere alla pensione di vecchiaia con 71 anni di età e almeno 5 di contributi (devono essere successivi al 1996), oppure alla pensione anticipata a 64 anni e con almeno 20 anni di contributi (sempre versati dopo il 1996).

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