Record di contratti stabili; in Italia? No, in Spagna!

La Spagna, con un governo molto coeso, ha messo a punto una riforma del lavoro che ha fatto raggiungere il record dei contratti a tempo indeterminato!

Ci sono paesi europei che si sentono poco nominare, non perché siano meno importanti o facciano meno cose per il loro popolo, anzi è proprio il contrario: sono paesi che difficilmente fanno “stupidaggini” o prendono decisioni avventate ed egoiste; che si defilano spesso dalle questioni troppo “mediatiche”, che pensano più ai loro cittadini e al loro benessere, che a inviare armi in Ucraina, che pensano più a creare lavoro per il proprio popolo, piuttosto che parlare già di quinta ondata, quarta dose.

Sono paesi in cui mai si è lesa la libertà dei propri cittadini con passaporti vaccinali, paesi in cui a nessuno è stato tolto il lavoro per un vaccino facoltativo, paesi in cui si vive straordinariamente bene. 

Ovviamente non stiamo parlando dell’Italia. Il paese in questione è la Spagna, che sotto il primo ministro Sanchez, ha registrato il record dei contratti a tempo indeterminato, mai visto sinora! Scendiamo nei dettagli di questa stupenda notizia. 

Spagna: record assoluto di contratti di lavoro a tempo indeterminato

Non si è mai registrato in Spagna un numero così alto di nuovi contratti a tempo indeterminato!

Ad aprile sono stati firmati 1.450.093 nuovi contratti di lavoro, di cui 698.646 a tempo indeterminato; questo significa che un contratto su due, firmati in Spagna, è a tempo indeterminato. Un numero incredibilmente alto, segno di una ripresa economica senza precedenti! 

Il record è storico, perché non si è mai raggiunto un numero così alto, secondo i dati del Servizio pubblico per l’impiego spagnolo (Sepe). Questi dati escono dopo soli quattro mesi dall’entrata in vigore della riforma del lavoro spagnolo, uscito nella sua interezza il 31 marzo, dopo aver completato il periodo transitorio di tre mesi che limita i contratti precari a cause ben precise, stabilite per legge. 

A dicembre 2021, prima dell’approvazione della riforma del lavoro, i contratti a tempo indeterminato rappresentavano il 10% di tutte le nuove assunzioni. Sono saliti al 15% a gennaio, a febbraio al 22%, a marzo al 31% e, ad aprile, hanno superato il 48%, secondo i dati Sepe. Una crescita esponenziale, stupefacente e, sicuramente, inaspettata; la crescita ha battuto ogni record storico della Spagna.

Spagna: record di assunzioni a tempo indeterminato grazie alla riforma del lavoro

Ovviamente è difficile che una riforma abbia solo pro e aspetti positivi. La nuova riforma del lavoro spagnola, infatti, sebbene abbiamo fatto aumentare in maniera esponenziale l’utilizzo e la preferenza dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, ha sicuramente delle ombre e dei contro. 

Nonostante l’aumento dei contratti a tempo indeterminato, emergono infatti due incognite: innanzitutto bisognerà stabilire se questi contratti supereranno il periodo di prova stabilito in tre mesi e, inoltre, bisogna chiarire bene cosa si intende adesso con il “tempo indeterminato”, perché la riforma del lavoro racchiude ora un concetto più ampio in questo termine. 

Per esempio i contratti di lavoro a tempo determinato, ma discontinui, sono considerati a tempo indeterminato ma con la particolarità che l’attività lavorativa è svolta in modo intermittente nel tempo.

La riforma del lavoro spagnola mantiene stabili le precedenti  agevolazioni per i licenziamenti collettivi, che non necessitano più dell’approvazione dell’autorità amministrativa del lavoro. Questo aiuta ad alleviare la pressione che sentono di solito le aziende quando si tratta di negoziare con i sindacati i licenziamenti collettivi dei lavoratori.

Spagna: un altro record lavorativo riguarda gli affiliati alla previdenza sociale

Anche il numero di affiliati alla previdenza sociale in Spagna è aumentato ad aprile, raggiungendo 19.991.723 contribuenti medi mensili destagionalizzati (una volta scontato l’effetto calendario). Il dato di fine mese raggiunge quota 20.098.119.

Per la prima volta in assoluto, i lavoratori spagnoli che si sono iscritti alla previdenza sociale hanno superato i 20 milioni! Cifra che non era stata raggiunta nemmeno nei mesi precedenti la crisi del 2008, quando le affiliazioni raggiunsero i 19,4 milioni di persone. Di questi 20 milioni, dieci milioni sono i contribuenti a tempo indeterminato. 

Contratti di lavoro a tempo indeterminato in Spagna: 1.350.000 in più rispetto all’anno scorso!

Ad aprile il numero dei contratti a tempo indeterminato in Spagna erano 1.350.000 in più rispetto a un anno fa. Dei quasi 20 milioni di contribuenti nell’aprile 2022, uno su due ha firmato un contratto di lavoro a tempo indeterminato. In totale, ad aprile c’erano 10 milioni di affiliati alla previdenza sociale con un lavoro a tempo indeterminato. 

Aumentato i contratti di lavoro, ovviamente, la disoccupazione in Spagna è diminuita. I disoccupati iscritti negli uffici Sepe, infatti, a fine aprile erano diminuiti di 86.260 unità rispetto al mese precedente. In valori relativi, il calo della disoccupazione è stato del -2,77%, precisa il ministero del lavoro.

L’Italia dovrebbe prendere esempio dalla Spagna e farlo subito!

Mentre l’Italia si barcamena tra bonus, reddito di cittadinanza, assistenzialismo, miliardi di euro in armi per l’Ucraina, regole assurde e contraddittorie sulle mascherine a lavoro (sì negli uffici privati, no negli uffici pubblici) e racconti del terrore che già parlano di quinta ondata e di quarta vaccinazione, gli altri paesi, come la Spagna, fanno i fatti e i fatti riguardano la creazione di lavoro, perché è il lavoro a portare ricchezza e a far girare l’economia.

Perché l’Italia non sceglie di prendere finalmente esempio dalla vicina Spagna e di limitare fortemente, con una celere riforma del lavoro, l’utilizzo del contratto a termine? Magari limitandolo solo ai contratti stagionali, a periodi di picchi di produzione e sostituzioni maternità. Una riforma del lavoro che possa rafforzare quindi il contratto a tempo indeterminato e renderla “quasi” l’unica via di accesso possibile al mercato del lavoro; costringendo, dunque, le aziende ad assumere senza precariato le proprie risorse.

La riforma del lavoro spagnola, un esempio per tutti i paesi!

La Spagna con la sua spettacolare riforma del lavoro ha messo d’accordo tutti: sindacati, industriali e, ovviamente, dipendenti. Il risultato? Ora sta festeggiando un rialzo mai visto! Il 48% dei contratti firmati è a tempo indeterminato! Solo a dicembre 2021 erano il 10%. Oltre 20 milioni i lavoratori assunti a tempo indeterminato nell’era post-covid. 

Esulta, e a ragione, la bravissima e in gambissima ministra del Lavoro, nonché vicepremier, Yolanda Díaz, sorpresa lei stessa dagli strabilianti dati: “Dati senza precedenti. Ci hanno detto che non era possibile. E invece, sí se puede! La riforma del lavoro funziona e ha cambiato il paradigma delle assunzioni nel Paese”. 

E certo che si puede, ma si deve volere! Ed è questo il problema e la differenza enorme tra governo italiano e governo spagnolo: il primo vuole davvero cambiare la situazione lavorativa italiana? Ognuno emani il proprio verdetto personalissimo.

L’aspetto straordinario di quello che sta accadendo è che i contratti a tempo indeterminato che sono stati firmati, non riguardano solo quelli di stabilizzazione di chi prima aveva un contratto temporaneo, ma ben il 73% riguarda assunzioni nuove! Questo fa comprendere ancora di più la portata del successo di questa riforma del lavoro. 

Il ministro del lavoro Orlando prende appunti, ma è lontano anni luce dalla Ministra del lavoro Dìaz!

Il nostro ministro del lavoro, Andrea Orlando, più volte ha incontrato la ministra spagnola, forse sperando di trovare ispirazione, ma è difficile che in Italia avvenga lo stesso sorprendente risultato della Spagna.

Per prima cosa in Spagna possono contare una maggioranza di governo compatta che qui non esiste. Il governo italiano “dei migliori”, non è altro che un accozzaglia di partiti così diversi l’uno dall’altro che ognuno alza le proprie barricate e fa le proprie battaglie, portando a tutto tranne che alla coesione. Figurarsi se in un’atmosfera del genere si potrebbe mai riuscire a portare a casa una riforma del lavoro come quella spagnola

E pensiamo anche ad un’ultima, ma non per importante, prerogativa della Spagna. La nostra vicina di casa infatti, come tutti i paesi europei tranne l’Italia, ha un salario minimo al di sotto del quale non si può andare. Fino a prima della riforma era di euro 965; dopo la riforma è stato alzato a 1.000 euro al mese per 14 mensilità. 

E non solo! Mentre l’ex Ministro del Lavoro Di Maio ha solo prodotto solo un sacco di chiacchiere e promesse senza seguito e senza fondamento sui riders, la ministra Díaz ha portato a casa anche una riforma che riguarda proprio questi lavoratori, con la presunzione di legge che i riders siano veri e propri dipendenti delle aziende per le quali lavorano (con tutte le protezioni del caso).  

“Lo strumento usato per disboscare gli abusi di contratti a termine è la causale da apporre e anche l’aggravio di contribuzione sui contrattini fino a 30 giorni, prima era solo fino a 5 giorni”, spiega Antonio Aloisi, docente di diritto del lavoro alla IE University di Madrid. “La precarietà estrema costerà di più e l’assunzione a termine sarà rinnovata solo se persistono le reali esigenze produttive. Il cambio di passo si è visto subito, persino nelle università. Nello stesso tempo il contratto a tempo determinato ha fatto terra bruciata di tutte le altre forme contrattuali ancora più precarie”. 

La riforma del lavoro spagnola ha ridotto anche i mini-jobs!

I mini jobs sono contratti di lavoro a tempo brevissimo, di solito massimo sette giorni. E prima della riforma del lavoro, in Spagna erano molto diffusi.

Addirittura nel periodo pre-Covid erano il 76% dei contratti! Adesso sono meno del 28%. E mentre adesso in Spagna il 48% del totale dei contratti di lavoro firmati è a tempo indeterminato, l’Italia è ferma al 14%, una differenza abissale!

Pensate che In Italia l’86% dei contratti dura meno di sei mesi, anche nella Pubblica Amministrazione!!

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