Riforma pensioni: uscita dal lavoro a 62 per tutti. Come?

L'ultima novità per quanto riguarda la riforma delle pensioni e rappresentata da Opzione tutti a casa a 62 anni, ma con un forte taglio dell'assegno. Tavolo aperto tra sindacati e governo per discutere degli aggiustamenti del testo dell'ultima Legge di Bilancio al vaglio del Senato, pensione anticipata e niente riduzione degli importi sugli assegni previdenziali, questo è quello che chiedono le principali sigle sindacali.

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Quella del 2022 non sarà una vera e propria riforma delle pensioni, non ci saranno misure strutturali e questo poichè mancano le risorse necessarie.

La strada del governo è quindi quella di prorogare alcune misure a costo zero, apportando in alcuni casi delle modiche o dei potenziamenti. E' il caso dell'Ape sociale che con l'ampliamento del numero dei lavori definiti gravosi-uno dei requisiti necessari per accedere alla misura-si è riuscito di fatto ad allargare la platea dei beneficiari.

Martedì c'è stato un confronto serrato tra governo e sindacati proprio sul tema delle pensioni, convocato dal presidente consiglio Mario Draghi.

Tra i punti chiave dell'incontro, sui quali trovare un accordo, c'è come sostituire Quota 100 in modo strutturale, l'idea del governo che non piace ai sindacati è rappresentata dalla possibilità da parte dei  cittadini di poter lasciare anticipatamente il lavoro a fronte di un assegno calcolato interamente tramite il metodo contributivo.

Soluzione che appare molto simile ad Opzione Donna-confermata per un altro anno- e che potrebbe prendere il nome di "Opzione tutti".

In sintesi in pensione già a 62-63 anni, ma con un pesante taglio sull'assegno previdenziale che in alcuni casi potrebbe essere pari al 20%.

Misura che non piace alle principali sigle sindacali che chiedono flessibilità, ma non a questo prezzo, convinti che in questo modo il lavoratore sia troppo penalizzato.

D'altro canto il governo risponde che le risorse sul tavolo sono poche e che questa potrebbe essere una delle poche misure attuabili per garantire la possibilità di una pensione anticipata.

Infatti una misura come questa se da una parte provoca un maggior numero di uscite, dall'altra favorisce il bilancio pubblico attraverso un risparmio sulla spesa previdenziale grazie all'importo decisamente più basso degli assegni ai quali avranno diritto i richiedenti.

Per chi fosse interessato al tema di seguito può vedere questo video tratto dal canale You tube di Mondo Pensioni,

viene riassunto quanto detto al tavolo di discussione  tra il premier draghi e i sindacati (Cgil, Cisl e Uil) tenutosi nella giornata di ieri. 

Erano presenti i ministri  Orlando e  Daniele Franco, c’era Renato Brunetta e altri.

Ovviamente per discutere  del futuro prossimo delle pensioni dopo l’ultima riunione non finita proprio benissimo.

Il premier Draghi si sarebbe impegnato ad aprire nelle prossime settimane un tavolo di confronto per rivedere la Legge Fornero e discuterne nel prossimo Consiglio dei ministri.

In pensione a 62 anni, ma un assegno tagliato di quanto?

L'idea che prende sempre più forma è quella di garantire la possibilità a tutti di poter scegliere di andare in pensione a 62 anni, ma con un forte taglio sull'assegno previdenziale.

La misura che dovrebbe assicurare questo prenderà il nome di Opzione tutti.

Il provvedimento garantirebbe un'ottima flessibilità, auspicata dai sindacati, e permetterebbe un'uscita dal lavoro  a partire da 62 anni età o da 41 anni di contributi versati, il prezzo da pagare sarebbe espressamente rappresentato però da un calcolo dell'importo dell'assegno pensionistico basato interamente sul contributivo.

Ma a quanto ammonterebbe il taglio dell'assegno?

Definire una percentuale risulta alquanto difficile poichè dipenderebbe molto dal numero di contributi versati dal contribuente durante la propria vita lavorativa.

Non essendoci uno storico, essendo Opzione tutti una misura del tutto nuova, ma costruito secondo gli stessi criteri di Opzione donna, sarà proprio tramite quest'ultima misura che potremo farci un idea concreta di quanto sarà il taglio dell'assegno. 

E' stato di fatto il governo, durante la relazione tecnica della legge di Bilancio, ad indicare nel riconfermare Opzione donna anche per il 2022, che il taglio medio dell'assegno previdenziale sarà del 6% per le lavoratrici dipendenti e salirà fino al 13% per le autonome.

Numeri accettabili che però non piacciono alle principali sigle sindacali che chiedono un' uscita anticipata, ma senza un taglio dell'assegno.

Confronto che si preannuncia acceso e già nella giornata di oggi potremmo avere importanti novità da poter comunicare.

Riforma Pensioni: Opzione Donna anche nel 2022, a casa a 58 anni

Nella riforma pensioni del prossimo anno sarà presente non dopo poche consultazioni anche Opzione Donna.

Inizialmente il governo aveva pensato di renderla strutturale, si è dovuto però scontrare su quanto affermato dall'OCSE che spingeva verso una totale cancellazione della misura.

Questo perchè secondo l'organizzazione misure come questa nel medio lungo termine favoriscono l'aumento della povertà a causa di assegni miseri.

Il governo dunque si è trovato a dover ridimensionare l'idea iniziale confermando Opzione Donna per un solo anno.

Un altro avvenimento curioso che ha caratterizzato tale misura è stata la volontà del governo-non andata a buon fine-di voler alzare di 2 anni il requisito relativo all'età anagrafica per poter accesso alla misura.

Questo è sembrato strano, un'idea priva di fondamento, visto che essendo una misura a costo zero non avrebbe portato nessun vantaggio alle casse dello Stato.

C'è stato subito un dietrofront ed i requisiti per il 2022 rimarranno gli stessi in vigore oggi.

In sintesi Opzione Donna confermata anche per il 2022 tramite la Legge di Bilancio attualmente al vaglio del Senato prevede:

prevede di aver compiuto 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 59 anni le autonome, inoltre va soddisfatto anche il requisito contributivo che in entrambi i casi è di 35 anni versati alla cassa ordinaria oppure alla Gestione separata.

Riforma Pensioni: l'APE sociale potenziata e confermata a tempo indeterminato  

Un' altra misura che però in questo caso diventerà strutturale è rappresentata dall'Ape sociale.

Qui il governo è riuscito a portare a termine quanto affermato già diversi mesi fa. La misura infatti rispetto a quella attuale è stata potenziata e contribuirà a sostituire Quota 100 garantendo a molti lavoratori di poter beneficiare di un trattamento di pensione anticipata.

Le principali novità riguardano l'estensione della lista dei lavori definiti gravosi-uno dei requisiti necessari per poter accedere all'Ape sociale-che di fatto amplia la potenziale platea di possibili beneficiari.

I nuovi lavori che entreranno a far parte della lista delle attività usuranti è stata studiata da una Commissione tecnica portando il numero a 203.

Tra le attività introdotte compaiono, macellai, taxisti, personale di imprese di pulizia, benzinai, estetisti, ecc.

Chiarita la principale novità ricordiamo quali sono i requisiti necessari per poter accedere all'Ape sociale:

sarà necessario aver compiuto 63 anni di età, appartenere ad una delle attività inserita nella lista dei lavori usuranti, inoltre ci sarà bisogno di aver versato almeno 30 anni di contributi che salgono a 36  per chi ha svolto lavori usuranti o gravosi.

In pensione a 62 anni: come funziona la proposta di Tridico!

A mettere d'accordo governo e sindacati ci potrebbe essere la proposta avanzata dal presidente dell'INPS Pasquale Tridico.

Quella di Tridico potrebbe essere considerata una vera e propria proposta intermedia tra quanto vogliono i sindacati e le necessità espresse dal governo.

Nel dettaglio la misura prevede un'uscita dal lavoro a 64-63 anni con 20 anni di contributi versati.

Per quanto riguarda il calcolo dell'assegno la misura prevede la liquidazione della sola quota contributiva fino alla maturazione della pensione piena all'età della vecchiaia, momento in cui verrà aggiunta anche la parte retributiva. 

In pensione 63-64 anni con 20 anni contributi versati, subendo un taglio dell'assegno solo negli anni che accompagnano il lavoratore all'età in cui è prevista la pensione di vecchiaia potrebbe essere dunque un giusto compromesso tra quanto espresso dai sindacati e quanto auspicato dal governo.

Per chi fosse interessato ad approfondire la proposta Tridico può consultare un mio articolo scritto di recente, pubblicato sul portale di Trend online, cliccando qui.

Tridico spiega che da una recente analisi la sua proposta risulta essere poco onerosa, costando inizialmente 1,2 miliardi, toccando un picco di 4,7 miliardi nel 2027, e per questo più equa in termini intergenerazionali. 

Un meccanismo del genere potrebbe essere realmente utile e garantire la sostenibilità dei conti pubblici, se non lo si adotta allora l'unica soluzione percorribile resta quella di adottare interventi chirurgici come ad esempio quello già approvato del potenziamento del Ape Sociale o di misure a costo zero come Opzione Donna.

Riforma Pensioni 2022: la RITA non cambia! Fuori a 57 anni

Nulla da segnalare invece per quanto riguarda la RITA, la Legge di Bilancio 2022 lascia invariati i termini e le condizioni della misura prevista per i lavoratori con un’età anagrafica di 57 anni che versano la previdenza complementare e obbligatoria.

Chi ne avrà diritto si garantirà un assegno mensile fino al raggiungimento dei requisiti previsti dalla pensione di vecchiaia e cioè fino ai 67 anni di età.

In sintesi, avranno accesso alla RITA coloro che avranno versato almeno 5 anni ci previdenza complementare.

Inoltre è richiesto di aver compiuto 57 anni di età, oltre che 2 anni di inattività lavorativa nel momento in cui si effettua la richiesta. 

In alternativa, in mancanza di tali requisiti si potrà ottenere la RITA al raggiungimento di 62 anni di età e con 20 anni di contributi maturati.

Per chi fosse interessato ad approfondire il tema può consultare un mio articolo scritto di recente cliccando qui.