La Riforma delle Pensioni 2022 è scritta! E Draghi la firma!

Draghi mette la firma sul Documento programmatico di bilancio che stanzia 5 miliardi sulla Riforma delle Pensioni 2022. In arrivo Quota 102 a partire dal 2022 e Quota 104 dal 2023. Rimangono inoltre in cantiere le ipotesi di un allargamento dell'APE social e l'introduzione di un'APE contributiva a partire dai 63 anni.

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Il Governo presieduto da Mario Draghi, al lavoro da tempo per preparare una riforma delle pensioni che possa segnare il passaggio al dopo Quota 100, sembra avere trovato le soluzioni per scampare l’incubo dello scalone.

Con la firma apposta sul Documento programmatico di bilancio, infatti, l’esecutivo ha messo sul piatto i 23 miliardi di euro della prossima manovra, la quale andrà a finanziare i molti provvedimenti per il rilancio dell’economia dopo la crisi determinata dalla pandemia. Un quarto di questa somma (ossia circa 5 miliardi) dovrebbe essere destinata alla riforma delle pensioni.

Molti lavoratori italiani, che pur avendo alle spalle molti anni di contributi regolarmente versati all’Erario non hanno potuto beneficiare della misura voluta dalla Lega per il pensionamento anticipato, adesso possono tirare un respiro di sollievo. Lo scenario peggiore, quello di un ritorno secco alla Riforma delle Pensioni Fornero, sembra essere scongiurato. Al momento, infatti, non sembra probabile lo slittamento in avanti (di almeno cinque anni) dell’agognato momento in cui i contribuenti potrebbero lasciarsi alle spalle la propria esperienza lavorativa.

Il Governo sembra seriamente intenzionato a varare una serie di provvedimenti in grado di limitare i disagi per i lavoratori vicini al pensionamento. L’idea dell’esecutivo, in ogni caso, non è quella di redigere una vera e propria riforma delle pensioni organica, che mandi in soffitto la legge Fornero. Tuttalpiù si tratterà di introdurre interventi mirati e puntuali, con lo scopo di andare ad arginare lo slittamento in avanti dell’età pensionabile.

Vediamo dunque che cosa ha in mente il Governo, cosa si devono aspettare i lavoratori a partire dal 2022 e quali saranno le categorie interessate dai nuovi provvedimenti.

Riforma delle Pensioni 2022: Quota 102 dal 2022 e Quota 104 dal 2023

Quello di Quota 102 è un tema di cui si dibatte da molto tempo. L’idea è quella di allestire una riforma delle pensioni che sia in grado di sostituire la costosissima Quota 100 con una misura alternativa che sposti di poco in avanti l’età di pensionamento dei lavoratori.

Al momento, la proposta più probabile sembra quella di una introduzione “a tempo” di Quota 102. Essa rimarrebbe infatti in vigore per un anno appena, cioè dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, consentendo a chi lo volesse di accedere alla pensione con qualche anno di anticipo rispetto a quanto stabilito dalla riforma Fornero.

In particolare, Quota 102 permetterebbe di raggiungere i requisiti necessari una volta maturati 38 anni di contributi e una volta raggiunti i 64 anni di età anagrafica. Da qui, appunto: Quota 102.

Al momento, si stima che i lavoratori interessati da questa misura potrebbero essere circa 50 mila, che riguarderebbe tutti i nati nel 1959 che abbiano maturato i requisiti contributivi di cui si è detto. Se la misura verrà introdotta, come sembra, il costo per le casse dello Stato dovrebbe superare il miliardo di euro nel 2022, per superare i due miliardi l’anno successivo.

Riforma delle Pensioni 2022: chi si è opposto all’introduzione di Quota 102?

A opporsi a questa misura, sorprendentemente, è proprio la Lega di Matteo Salvini. Che, forse anche a seguito della performance deludente delle ultime elezioni amministrative, punta a tenere alto il vessillo di Quota 100 intestandosene non solo l’introduzione ma anche i tentativi di prorogarla. Tentativi che, possiamo dirlo con sicurezza, cadranno nel vuoto poiché il Governo di Mario Draghi non ha alcuna intenzione di proseguire oltre con questa misura.

Per bocca del Ministro Giorgetti, infatti, durante il Consiglio dei Ministri in cui il Ministro dell’Economia ha illustrato i contenuti della manovra, la Lega ha dichiarato la propria contrarietà all’introduzione di una Quota 102 a partire dal 2022. La sostituzione di Quota 100 rappresenterebbe infatti una sconfitta per la Lega, anche nella sempre più probabile eventualità in cui essa sia sostituita da un provvedimento capace di mitigarne la definitiva conclusione.

Ma non è solo la Lega ad essersi messa di traverso sul punto. Anche i sindacati, per bocca del segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha espresso con vigore le proprie perplessità:

«Quota 102 è un po’ una presa in giro: noi abbiamo proposto una riforma vera del sistema e questa non lo è.»

Riforma delle Pensioni 2022: i costi di Quota 100

E tuttavia, il Premier Mario Draghi non sembra avere lasciato molti margini di trattativa. Quota 100 è una misura dai costi insostenibili, e che è necessario superare, come del resto chiesto dall’Unione Europea, che dovrà erogare i 209 miliardi del Recovery Plan.

Secondo i dati dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani (CPI), i costi di Quota 100 negli ultimi tre anni sono stati leggermente inferiori rispetto alle aspettative, a causa del minor numero di domande di pensionamento pervenute all’INPS. Tuttavia, si tratta di numeri enormi, non sostenibili per i conti pubblici già messi a soqquadro dalla pandemia.

«Il costo di quota 100 è stato quindi più basso del previsto: 2,18 miliardi (sempre al lordo degli effetti fiscali) nel 2019 e 3,53 miliardi nel 2020. Si può stimare che, per il periodo fino al 2028 il costo cumulato sarà di circa 30 miliardi (- 33,8 per cento meno del previsto).»

Insomma: una enormità.

Riforma delle Pensioni 2022: l’APE social allargata

Un’altra ipotesi al vaglio dell’esecutivo, che comunque non esclude l’introduzione di Quota 102, è quella che prevede un allargamento della platea dei possibili beneficiari dell’APE social. Questa misura, che permette ai lavoratori che hanno svolto attività usuranti di accedere a un anticipo pensionistico, potrebbe essere potenziata per includervi ulteriori categorie di occupati.

Oltre a una riforma delle pensioni che introduca nuove fattispecie tra quelle previste attualmente per i lavori cosiddetti usuranti (ad esempio i lavoratori notturni, i palombari o gli operai a contatto con le alte temperature), il Governo vuole consentire l’accesso all’APE social anche per i disoccupati, gli occupati che beneficiano della Legge 104 (purché con una percentuale di invalidità superiore al 74%) e ai loro caregiver.

In particolare, verrebbero introdotte circa trenta mansioni in più tra quelle che vengono definite usuranti e gravose. E inoltre verrebbe abbassato il numero di anni di contribuzione necessario per poter accedere all’APE social per i lavoratori occupati nel settore edile. Questi ultimi vedrebbero così ridursi da 36 a 30 gli anni di lavoro necessari per poter ottenere lo scivolo pensionistico.

Questo potenziamento dell’APE social è stato del reso suggerito dalla stessa Commissione tecnica, istituita dal Ministero del Lavoro, che si occupata di analizzare le formule di pensionamento attualmente in vigore. E che ha proposto alcuni interventi di riforma per favorire il pensionamento dei lavoratori fragili o che occupano posizioni particolarmente gravose.

A quanto dichiarato dall’INPS, questo potenziamento dell’APE social dovrebbe incidere sui conti pubblici per un importo considerevole ma sostenibile:

«127,7 milioni di euro nel 2022; 337,1 milioni di euro nel 2023 e 520,7 milioni di euro nel 2024. Il picco verrebbe raggiunto nel 2026 con 805 milioni. Dall’anno successivo la spesa comincerebbe a ridursi.»

Riforma delle Pensioni 2022: la proposta Tridico per l’anticipo pensionistico a 63 anni

Ma Quota 102 (che diventerebbe Quota 104 dal 2023) e il potenziamento dell’APE social non sembrano gli unici provvedimenti in cantiere per la riforma delle pensioni che vedrà la luce dal 2022.

Un’altra soluzione è quella proposta dal Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico. In una audizione alla Camera dei Deputati, Tridico ha infatti suggerito l’introduzione di un anticipo pensionistico accessibile già a 63 anni di età.

Questa possibilità, se l’ipotesi venisse recepita dall’esecutivo, verrebbe però offerta soltanto a coloro che hanno già maturato almeno 20 anni di contributi. Ma consentirebbe di accedere alla pensione incassando in un primo momento soltanto il montante contributivo accumulato durante la propria attività lavorativa. Successivamente, una volta raggiunto il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia (attualmente, 67 anni) l’assegno pensionistico verrebbe integrato con lo spettante montante retributivo.

L’uscita dal mondo del lavoro sarebbe da fissarsi a una età anagrafica di 63 o 64 anni, da aggiornarsi sulla base dell’aspettativa di vita media del paese. Tale anticipo sarebbe però riservato soltanto a coloro il cui importo dell’assegno pensionistico sia superiore di almeno il 20% rispetto a quello dell’assegno sociale.

Riforma delle Pensioni 2022: l’APE contributiva

In buona sostanza, come dichiarato dallo stesso Pasquale Tridico, questa soluzione si configurerebbe come una sorta di APE contributiva. Essa, tra le altre cose, risulterebbe

«un’ipotesi pienamente sostenibile dal punto di vista finanziario, che non graverebbe sui conti dello Stato.»

Una misura di questo tipo riguarderebbe un numero considerevole di occupati che potrebbero scegliere di anticipare la propria uscita dal mondo del lavoro. Parliamo di circa 50 mila lavoratori nel 2022, 66 mila del 2023, e quasi 90 mila nel 2024.

E costerebbe poco meno di 500 milioni di euro nel 2022, e circa un miliardo per ogni anno successivo. E tuttavia, come precisa il presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, tali costi sarebbero determinati solamente dagli anticipi di cassa necessari a finanziare i primi anni di introduzione del provvedimento.

Inoltre, a detta di Tridico, questa opzione potrebbe inoltre essere resa compatibile con «meccanismi di staffetta generazionale, anche in relazione a contratti part-time

Anche in questo caso, però, bisognerà fare i conti con l’opposizione dei sindacati che hanno già storto il naso di fronte a questa proposta di riforma delle pensioni. Il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, ha infatti fatto notare come i numeri presentati da Pasquale Tridico siano di gran lunga sovrastimati poiché, come si è visto in questi anni, gli effettivi fruitori degli scivoli pensionistici sono poi nelle realtà molti meno rispetto a quelli potenzialmente interessati dalle misure.

Anche la Cisl ha fatto sapere che si opporrebbe a un intervento di questo tipo, poiché ritiene opportuno predisporre dei meccanismi di pensionamento che garantiscano l’uscita flessibile dal mondo del lavoro già a partire dai 62 anni di età.