Riforma pensioni: Inps annuncia tutti a 63 anni! NO Quota 41

Tiene banco la fine di Quota 100 prossima al traguardo a dicembre 2021. Diversi lettori ci chiedono quale sarà dal 2022 la nuova riforma pensioni. Altri invece ci scrivono che Quota 41 per i lavoratori precoci resterà fino al 2026. Ma escludendo queste opzioni specifiche dedicate a pochi, quale sarà il destino degli italiani che vorranno andare in pensione dal 2022? Una delle ipotesi che sembra garantire flessibilità e tenuta dei conti è la proposta di Pasquale Tridico presidente dell'Inps. In cosa consiste?

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Tiene banco la fine di Quota 100 prossima al traguardo a dicembre 2021. Diversi lettori ci chiedono quale sarà dal 2022 la nuova riforma pensioni. Altri invece ci scrivono che Quota 41 per i lavoratori precoci resterà fino al 2026. Nell'articolo In pensione a 60 anni: ok fino al 2023. Ecco come, ho scritto di come l'isopensione potrà ancora garantire un pensionamento anticipato fino per altri 2 anni e mezzo. Ma escludendo queste opzioni specifiche dedicate a pochi, quale sarà il destino degli italiani che vorranno andare in pensione dal 2022? Una delle ipotesi che sembra garantire flessibilità e tenuta dei conti è la proposta di Pasquale Tridico presidente dell'Inps. In cosa consiste?

Riforma pensioni: uscita per tutti a 63 anni

Perchè l'uscita a 63 anni sembra essere la soluzione al dopo Quota 100? Dobbiamo fare un piccolo passo indietro e comprendere cosa ci chiede l'Europa. Un sistema previdenziale sostenibile. Cosa significa ciò? Che da un lato i costi delle pensioni non sia alto, e quindi ciò vuol dire che l'Inps deve essere in grado di pagare le pensioni non solo attuali ma anche quelle future. Dall'altro lato il sistema delle pensioni deve essere anche centrare l'obiettivo dell'equilibrio intergenerazionale. Far lavorare anche i padri o in alcuni casi i nonni, rende pressoché impossibile che i giovani possano accedere al mondo del lavoro. Paradossalmente avremmo una società in cui giovani, laureati e non, ma con delle conoscenze al passo con i tempi, non trovino occupazione perchè in quell'azienda, organizzazione, ente pubblico ci lavora ancora il papà o la mamma che fanno fatica a o sono poco propensi ad aggiornarsi. 

L'opzione dell'Inps, proposta da Pasquale Tridico, di una flessibilità in uscita a 63 anni, consente di centrare entrambi gli obiettivi. Il costo di questa misura sarebbe molto basso (solo 500 milioni nel 2022 e raggiungerebbe il massimo costo nel 2029 con 2,4 miliardi di euro) e soprattutto per i primi quattro anni di pensionamento, l'assegno sarebbe calcolato solo sui contributi versati. Al raggiungimento dei 67 anni di età, la pensione sarebbe integrata dalla parte retributiva.

Il secondo obiettivo permetterebbe un cambio generazionale nei posti di lavoro. 

Riforma pensioni: perchè quota 41 non piace

Alcuni nostri lettori ci hanno fatto notare che Quota41 per i lavoratori precoci è stata estesa a tutto il 2026. Si tratta di chi abbia iniziato a lavorare giovanissimo, e vanti almeno 12 mesi di contribuzione prima dei 18 anni. Si deve però essere in stato di disoccupazione a seguito di licenziamento, anche collettivo o di risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 l. 22 luglio 1966 n. 604. Contribuiscono al monte contribuzione in termini di anni, anche il periodo di pagamento della NASpI. Chi ha iniziato a lavorare ad esempio a 17 anni, con quota 41 può andare in pensione a 58 anni, a patto che sia disoccupato in modo involontario. Questa possibilità è concessa fino al 2026. 

Un'idea che era stata proposta come opzione della riforma pensione era l'estensione di quota 41 a tutti. Dove per 41 sono gli anni di contribuzione. Ma questa possibilità non raggiunge i due obiettivi. Il primo in termini di costi, secondo l'Inps, sarebbe addirittura oltre i costi di Quota 100. Sempre secondo l'analisi riportata nel XX rapporto sulla previdenza, presentata dall'Inps, Quota 41 costerebbe

fino a 9 miliardi l’anno, partendo da oltre 4 subito.

Il secondo aspetto è che non garantisce la flessibilità. Anzi inserirebbe una rigidità perchè bisognerebbe che ci fossere nell'estratto conto contributivo ben 41 anni all'attivo.

Riforma pensioni: in pensione a 63 anni anche con l'APE sociale

Attualmente è in vigore l'assegno pensionisto anticipato per alcune categorie di lavoratori che possono lasciare il lavoro a 63 anni di età. L'APE sociale scade come Quota 100 a fine dicembre 2021. Tuttavia, poichè ricalca lo schema della proposta dell'Inps di un'uscita flessibile a 63 anni, è molto probabile che l'APE sociale venga riconfermata. 

L'analogia con il sistema misto dell'Inps, riguarda il fatto che l'assegno corrisposto in via anticipata prima del raggiungimento del sessantasettesimo anno di età, è pari all'importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione (se inferiore a 1.500 euro) o pari a 1.500 euro (se la pensione è pari o maggiore di questo importo). Dunque il costo è contenuto, perchè l'assegno della pensione è più basso almeno per quattro anni. 

Questa possibilità è offerta a chi si trova in particolare stato e quindi agevola costoro a poter andare in pensione. 

C'è da chiedersi se tutti sarebbero disposti a rinunciare per alcuni anni all'assegno completo della pensione pur di uscire prima del mondo del lavoro. Tutto dipende dall propria condizione soggettiva ed oggettiva, dalla presenza di impegni finanziari da rispettare, oppure dalla presenza di una pensione integrativa che si aggiunga all'assegno dell'APE.

APE sociale: chi può fare domanda

I soggetti che possono richiedere l'APE sociale, ossia l'assegno pensionistico anticipato sono tre categorie ben definite, che il legislatore ha voluto tutelare. 

Per poter fare la domanda di APE sociale il primo requisito è l'iscrizione ad una forma previdenziale. Questa può essere sia l'Assicurazione Generale Obbligatoria dei lavoratori dipendenti, che altre forme sostitutive ed esclusive della medesima, oltre le gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla Gestione Separata. Esaudito questo requisito, ci sono poi quelli relativi alla situazione oggettiva. 

I lavoratori in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale che sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni.

I lavoratori che assistono un famigliare cui sia stato riconosciuto il livello di disabilità più grave, come previsto dall’articolo 3, III comma, della legge 104/1990, e che abbiano almeno 30 anni di contribuzione e assistono da almeno sei mesi un parente stretto: il coniuge, la persona in unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità.

Infine, tra i beneficiari dei APE sociale ci sono anche i lavoratori ai quali sia stata riconosciuta un'invalidità superiore o pari al 74% e che hanno versato 30 anni di contributi

Per tutti l'età anagrafica per andare in pensione è di 63 anni.

Riforma pensioni: quando arriva la conferma

Al ritorno dalle ferie, le camere del Parlamento saranno impegnate su due fronti molto importanti. La riforma della giustizia, il cui decreto legge dovrà essere convertito in legge. E questo è importante perchè è una delle riforme sine qua non i fondi del piano EU Next Generation arrivino. L'altra riforma è quella fiscale, che riguarda non solo l'Irpef, ma anche IVA ed IRAP.

Per le pensioni però c'è una data, ottobre. Come emerge dalle parole del leader della Lega Matteo Salvini.

In questo momento lo ius soli non è un’esigenza, Letta cerca nuovi voti, nuovi elettori, visto che sono sempre meno gli italiani che li votano. Ad ottobre facciamo un tavolo sul lavoro e le pensioni che penso interessino di più i cittadini italiani e stranieri regolarmente residenti in Italia.

Per scongiurare che si vada nel 2022 senza un'alternativa a Quota 100, l'inzio del dibattito ad ottobre fa presupporre che ci sia l'interesse a varare la riforma delle pensioni con la legge di bilancio 2022.

Riforma pensioni: dentro anche Opzione Donna

Ormai si trascina dal 2004, da quando l'allora ministro, Roberto Maroni, aveva introdotto Opzione Donna. Ogni anno, con la legge di bilancio ed i suoi emendamenti, Opzione Donna è stata rinnovata anche perchè è a costo zero. Opzione donna consente alle lavoratrici dipendenti e autonome di andare in pensione con 35 anni di contributi e 58 anni (lavoratrici dipendenti) e 59 anni (lavoratrici autonome), purchè questi requisiti siano raggiunti l'anno precedente la richiesta. Inoltre da quando maturano i requisiti, il primo assegno della pensione si avrà a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome. Tuttavia, l’assegno sarà liquidato totalmente con il metodo contributivo.

Cosa accade se Opzione donna sarà rinnovata nel 2022? Che potranno accedere le lavoratrici che quest'anno avranno raggiunto l'età prevista e 35 anni di contributi. Stiamo parlando di donne che sono nate tra il 1962 e 1963 e che per aver maturato 35 anni di contributi abbiano iniziato a lavorare almeno nel 1986, quando cioè avevano 24 o 23 anni. Ma maturare 18 anni entro il 1995, anno da cui tutte le pensioni sono con il sistema contributivo, per avere diritto alla pensione mista, significa aver iniziato a lavorare a 15 anni. Circostanza difficile che quindi non farà perdere a partire soldi in pensione dal 2022. Più svantaggiate le lavoratrici che hanno deciso di utilizzare opzione donna negli anni precedenti, perchè, essendo pagata solo in base ai contributi, hanno perso la quota retributiva.