Le novità della riforma delle pensioni del Governo Draghi

Il sistema pensionistico Quota 100 sta per scadere e il Governo Draghi è all’opera per apportare le ultime modifiche alla possibile riforma che deve essere confermata entro la fine del 2021.

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Allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre 2021 il sistema di Quota 100 andrà ufficialmente in pensione, lasciando un vuoto molto pensante, se il Governo Draghi non si affretta a promuovere ed approvare la prossima riforma delle pensioni.

Una questione politica che accende sempre gli animi delle varie fazioni, che con difficoltà e discussioni trovano alla fine un accordo.

Ma che questa volta rischia di protrarsi troppo nel tempo, portando con sé conseguenze importanti per tutti i lavoratori che in questi anni hanno il diritto di andare finalmente in pensione.

Le voci che circolano a proposito delle varie possibilità di riforma sono numerose, ma al momento la più accreditata sembra essere l’ipotesi di estensione della platea dei lavoratori che possono andare in pensione all’età di 57 anni.

In realtà al momento però non vi è una risposta univoca e anche i membri del Governo non sembrano volersi sbilanciare.

L’unica certezza quindi è data dal fatto che la struttura di Quota 100 non potrà più essere utilizzata, da momento che per legge non vi è più la possibilità di prorogarla.

Rimane da capire quindi se il Governo Draghi intenda mettere su una nuova formula di pensionamento da zero o se apporterà delle modifiche a una già in precedenza utilizzata.

In questo breve video Mondo Pensioni cerca di fare il punto sulle tre possibile riforme che possono essere avanzate e poi accettate: RIFORMA PENSIONI LE TRE PROPOSTE DELL’INPS.

 

Cosa succede se il Governo non trova un accordo?

La vita del sistema pensionistico che fino ad oggi è stato in vigore, ovvero la cosiddetta “Quota 100” sembra essere arrivata ufficialmente al capolinea.

Con questa tipologia di pensionamento, i lavoratori e le lavoratrici italiane fino alla fine dell’anno in corso possono andare in pensione a 62 anni, purché abbiano maturato gli anni contributivi necessari.

Ma proposta in forma temporanea e transitoria, la formula di Quota 100 ha avuto poi un proroga temporanea, con un decreto del 5 novembre 2019, ma solo per il biennio 2021/2022.

Ecco quindi che alla fine del 2021 la normativa italiana è costretta a dire ufficialmente addio a questo sistema pensionistico.

Ma cosa succede se il Governo non trova un’intesa sul prossimo metodo di pensionamento per i lavoratori italiani?

Dal momento che Quota 100 è stata ideata come formula da utilizzare in modo limitato nel tempo, qualora le forze politiche italiane non dovessero trovare un accordo in tempo utile il sistema pensionistico italiano vedrebbe il ritorno della struttura presente nella “Riforma Fornero”.

Quindi niente più possibilità di andare in pensione a 62 anni ma cinque anni dopo, ovvero a 67 anni, con 20 anni di contributi, secondo la formula della cosiddetta “pensione di vecchiaia”.

Ma non è tutto.

Con la fine del 2021 infatti verrebbero meno anche altre formule alternative di pensionamento di cui possono usufruire solo determinate categorie di lavoratori.

Ad esempio, se il Governo Draghi non dovesse rinnovarla così com’è con il finire del 2021, inoltre, cesserà di esistere anche la formula dell’APE sociale, che prevedeva la possibilità di andare in pensione anticipata.

Con la fine di dicembre 2021, infatti, verrà meno per tutti i lavoratori la possibilità di pensionamento all’età di 63 anni, nel caso in cui si possiedano gli anni contributivi neccesari, ovvero 30 o 36 anni.

Non rimane che aspettare per vedere se la prossima riforma delle pensioni porterà con sé nuove formule di pensionamento anticipato o se verranno prorogate quelle già presenti.

Quali sono le possibili formule di pensionamento?

Cessata quindi la possibilità di rinnovare Quota 100, introdotta dal Governo Conte e solo momentaneamente rinnovata per un periodo limitato di tempo, Draghi con il suo Governo sta passando al vaglio le varie opzioni di riforma, ma il dibattito politico è particolarmente vivace sull’argomento.

In un primo momento, tra le opzioni più probabili, era stata valutata quella dell’ampliamento a tutta la platea dei lavoratori la formula di “Quota 41”.

La proposta, inizialmente avanzata e supportata dai sindacati, è risultata però eccessivamente costosa per le casse dello Stato ed è stata quindi rapidamente accantonata.

Un’altra possibilità avanzata è stata quella di estendere a tutti la possibilità di andare in pensione a 57 anni.

Anche in questo caso, come con Quota 41, un metodo di pensionamento già presente ma limitato solo a coloro che sono beneficiari della legge 104.

In particolare, nel sistema pensionistico attualmente operativo nel nostro Stato, hanno la possibilità di andare in pensione all’età di 57 anni i caregiver, ovvero quella categoria di lavoratori che, in base a quanto sancito dalla Legge 104, possono godere di alcune agevolazioni dal momento che assistono un familiare disabilità grave.

Sempre nella scia della riforma di strumenti pensionistici, un’altra opzione possibile è l’ampliamento del panorama dei lavoratori che possono accedere a questa tipologia di sistema pensionistico.

Allo stato attuale, più che di anticipo pensionistico è meglio parlare di garanzia economica riservata a tutti i lavoratori che ne hanno diritto.

Ma in cosa consiste questa agevolazione?

Tutti coloro che possono accedere a quest’agevolazione hanno diritto a ricevere un prestito per i dodici mesi che precedono il raggiungimento dell’età per ottenere pensione di vecchiaia.

Ma stando allo stato attuale, solo determinate categorie di lavoratori possono avanzare la richiesta di pensionamento con il metodo di APE sociale.

Innanzitutto infatti il lavoratore deve avere almeno 63 anni e avere almeno 30 anni di contribuzione, oltre a ricevere alcun’altra formula di pensione diretta.

L’APE Sociale è inoltre riservata a quelle che vengono considerate categorie “deboli”, rappresentate da:

  • I disoccupati che si ritrovino senza lavoro, nel caso in cui sia stato il datore di lavoro a cessare il rapporto di lavoro o se vi siano state dimissioni firmate consensualmente dalle due parti;
  • I lavoratori dimessi con giusta causa;
  • I disoccupati da più di tre anni, che abbiano però almeno trenta anni di contributi pensionistici INPS.

Ma l’estensione della platea dei lavoratori che possono essere interessati da questa riforma pensionistica comporterebbe delle modifiche importanti, quali ad esempio l’istituzione di una Commissione tecnica.

Tale Commissione avrebbe il compito di individuare le categorie dei lavoratori che possono essere considerati “gravosi”, che andrebbero quindi a sommarsi a quelli che già oggi possono accedere alla pensione anticipata con APE Sociale.

Stando alle prime indiscrezioni e ai criteri fino a questo momento utilizzati dall’INPS, l’individuazione di queste categorie dovrebbe seguire determinati parametri quali:

  • frequenza e gravosità degli infortuni;
  • gravosità delle malattie professionali.

Possibile rinnovo per altre formule di pensionamento anticipato

Oltre alla strutturazione del nuovo metodo pensionistico, la riforma del Governo Draghi dovrà decidere se rinnovare, modificare o abolire definitivamente alcuni metodi di pensionamento anticipato già presenti nel nostro ordinamento.

Tra queste, oltre alla già citata Quota 41, vi è anche “Opzione Donna”.

Come indicato dal nome stesso, la formula di pensionamento anticipato “Opzione donna” è dedicata esclusivamente alle lavoratrici.

Stando alla sua formulazione attuale, questa metodologia di pensione anticipata può essere richiesta dalle lavoratrici che abbiano compiuto 58 anni di età e abbiano versato 35 di contributi, nel caso di lavoro dipendente pubblico o privato; l’età anagrafica sale invece a 59 anni per le lavoratrici autonome.

In realtà da molti “Opzione donna” non è considerata vantaggiosa, dal momento che per chi la richiede è previsto l’impiego della sola formula di pensione contributiva.

Ad oggi, tra le possibili riforme da apportare al sistema pensionistico, pare sia in opzione anche il passaggio di Opzione donna da formula utilizzabile solo in determinati casi a formula impiegabile in modo permanente.

A questo si andrebbe a sommare anche una possibile “Quota Mamma”: un’ulteriore agevolazione integrativa che la lavoratrice riceverebbe, al momento della pensione, con una quota bonus aggiuntiva per ogni figlio.

Come già anticipato in precedenza Quota 41, altra formula attualmente in vigore di pensionamento anticipato, ha rappresentato per i sindacati una valida opzione estendibile a tutti i lavoratori in sostituzione di Quota 100.

Ad oggi le categorie di lavoratori che vi possono accedere sono in realtà piuttosto limitate:

  • i lavoratori che hanno accumulato almeno dodici mesi continuativi di contributi prima dei 19 anni, ovvero i cosiddetti lavoratori precoci. Ulteriore requisito in questo caso per poter accedere alla pensione anticipata è che il richiedente possieda in totale 41 anni di contributi;
  • i lavoratori disoccupati a causa del licenziamento da parte del datore di lavoro, avvenuto in formula individuale o collettiva; la disoccupazione può anche essere conseguente alle dimissioni per giusta causa;
  • i lavoratori disabili, purché siano in possesso di certificazione di disabilità con una percentuale pari o superiore al 74%;
  • i cargeiver, ovvero quei lavoratori che risultino avere a carico un parente di primo grado affetto da disabilità grave, in base a quanto stabilito dalla legge 104;
  • gli addetti ai quelli che sono considerati per legge “lavori usuranti”; in questo caso l’impiego in questo settore deve essere stato continuativo per almeno sette anni nel decennio precedente alla richiesta di pensionamento;
  • i lavoratori addetti alle catene di montaggio che svolgano turnazioni notturne;
  • gli autisti di bus a nove posti, che compiono tratte anche di notte.

Non rimane quindi che attendere le decisioni che il Governo sarà chiamato a prendere proprio in questi giorni.

Dopo la pausa estiva infatti l'urgenza dell'argomento della riforma delle pensioni ritorna prepotentemente in testa alle discussioni e alle decisioni da prendere per l'intero Consiglio dei Ministri.