Riforma pensioni: ecco che fine farà Quota 100 nel 2022

Con l'arrivo della Riforma delle pensioni, si teme che Quota 100, come opzione di uscita rispetto alla Riforma pensioni della Fornero, possa venire annullata, dopo il suo triennio sperimentale. Quindi fino al 31 dicembre sarà possibile fare richiesta, ma non nel 2022. Come alternativa alla Fornero si valutano ulteriori potenziamenti per altre opzioni, come l'Ape Sociale.

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Dopo la Riforma Pensioni Fornero del 2012 andare in pensione richiede prima di tutto un'età anagrafica abbastanza alta, ma con Quota 100 è stato possibile anticiparla e permettere comunque di ottenere una pensione dignitosa. Addirittura, con altre opzioni, come Opzione Donna, si è garantita l'uscita con ancora meno anni come requisito anagrafico.

Purtroppo, a seguito delle ultime decisioni del Governo Draghi, e in concomitanza col presidente odierno dell'INPS, Pasquale Tridico, sia Opzione Donna, ma soprattutto Quota 100, come possibilità di anticipo pensionistico sembrano ormai prossime alla cancellazione. Così facendo, come novità avremo il ritorno alla formula Fornero, a meno che il Governo non decida di garantire comunque delle uscite a seconda di alcune precise condizioni e requisiti maturati.

Cosa è Quota 100 e come funziona in vista della Riforma pensioni del 2022

Approvata grazie al Decreto legge 4/2019 (poi Legge numero 26/2019), Quota 100 si è proposta come una possibilità per i richiedenti di andare in pensione con cinque anni di anticipo rispetto a quanto stabilito dalla Riforma Pensioni Fornero, cioè l'attuale disposizione pensionistica firmata dall'allora Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero

Come disposizione prevede solo due requisiti principali:

  • 62 anni di età come requisito anagrafico; 
  • 38 anni di contributi come requisito fiscale.

Va detto che pur anticipando di cinque anni la Fornero, ne richiede praticamente diciotto sul piano contributivo. A questo si aggiunge anche la condizionalità di sottostare ad un sistema di "finestra mobile", cioè di fase di attesa amministrativa, disposta in tal modo:

  • tre mesi di attesa per i dipendenti privati tra conferma del requisito e decorrenza della pensione;
  • sei mesi di attesa per i dipendenti pubblici tra conferma del requisito e decorrenza della pensione.

E a sua volta, in quei tre o sei mesi di attesa, non è possibile condurre attività lavorative standard, ovvero viene disposto il blocco totale delle attività lavorative. Quota 100 non dà disponibilità ad eventuali redditi di lavoro cumulabili, come stabilito dal comma 3 dell'art. 14. 

Solo le prestazioni occasionali rientrano dell'accessibilità dell'opzione, ma a patto che il limite sia di 5.000 euro lordi annui, limite oltre il quale il reddito diventa tassabile. E questo vale anche per attività condotte all'estero, senza alcuna esclusione. 

Questa opzione pertanto dovrebbe andare in pensione, e ciò comporterebbe alla sola disponibilità della Fornero.

Riforma Pensioni Fornero: dal 2022 in pensione senza Quota 100

La Riforma Pensioni Fornero è stabilita dal Decreto Legge 201/2011 (poi Legge 214/2011), e si è posta come modifica strutturale delle precedenti riforme, Sacconi e Dini, in particolare di quest'ultima.

In breve, le principali modifiche sono state:

  • l'aver esteso il metodo contributivo a chi era escluso dalla Riforma Dini del 1995;
  • l'aver allungato l’età di pensionamento alle lavoratrici private da 60 a 65 anni;
  • l'aver adeguato l’aspettativa di vita, dal 2019, secondo ricalcolo ISTAT a cadenza biennale.

Per altre informazioni più tecniche vi consiglio la lettura di questo articolo.

Il motivo per cui la Riforma Pensioni Fornero è mal vista è dettata da un increscioso episodio: a causa di una disposizione infelice tra l'allora Governo Monti e i lavoratori in fase prepensionistica, dopo il varo delle riforme Pensioni e Lavoro (anche questa Fornero) oltre 350.000 lavoratori hanno perso l'accesso all'indennità di mobilità, oltre ad aver perso il lavoro.

Inoltre, come ulteriore motivo, c'è anche la disposizione anagrafica di 67 anni come requisito, davanti però a 20 anni di contribuzione garantita. Cinque anni in più di Quota 100 ma diciotto anni in meno di contributi.

Anche se, data l'imminenza del ricalcolo ISTAT sull'aspettativa di vita, è probabile che il requisito passi anche a 70 anni, sebbene recentemente, a causa della pandemia da Sars-Cov-2, l'ISTAT ha segnalato una riduzione sensibile, pari a 1,2 anni in meno rispetto all'anno precedente, secondo il Sole24Ore.

Per quanto abbastanza controversa, sono state poche le possibilità di imporre un sistema differente: la stessa Quota 100, durata solo tre anni, non ha goduto di abbastanza successo.

Perché Quota 100 non conviene al Governo Draghi?

Quota 100 non ha dimostrato durante il suo periodo sperimentale di aver avuto sufficiente successo presso gli stessi richiedenti. Lo stesso presidente dell'INPS, Pasquale Tridico, ha ribadito come il numero di richiedenti nell'anno 2019 fosse solo di 148.000 richieste, abbassate poi a 105.000 nel 2020, praticamente il 30% in meno.

Inoltre, lo stesso Governo Draghi si è ritrovato con un conto importante per il mantenimento di questa soluzione.

Il solo finanziamento di Quota 100 è costato alle casse dello Stato ben 30 miliardi di euro, cioè 10 miliardi l'annuo, una spesa che la stessa Unione Europea ha bocciato, stando a Repubblica, ritenendola non conforme alle aspettative generali per la spesa pensionistica, così come è accaduto per Opzione Donna, anche lei forse non riconfermata per il 2022.

E per quanto il Segretario della Lega Matteo Salvini sia dell'avviso di fare "le barricate dentro e fuori dal Parlamento" per difendere questa opzione, è ormai più probabile che il Governo confermi il fatto che Quota 100 non conviene affatto per le casse dello Stato.

E che ripieghi in altre formule più congeniali all'attuale debito pubblico e deficit, entrambi ormai a 153,6% e al 5,6% di rapporto deficit-PIL (l'anno prima era al 11,1%). E anche davanti alla necessità di rispettare le riforme previste per il proseguo del Recovery Plan.

Si valuterà nel frattempo di garantire per quanto possibile le attuali misure di anticipo pensionistico, come ad esempio l'Ape Sociale.

Riforma pensioni e Quota 100: no a Quota 41, sì all'Ape Sociale per il 2022 

Davanti all'aspettativa della Riforma Pensioni e dell'addio di Quota 100 per il 2022, sono già assicurate due possibilità, entrambe abbastanza liete: Quota 41 non si farà, ma Ape Sociale sì.

Per Quota 41 si intende la proposta pensionistica di garantire l'accesso alla pensione solo con un importante requisito contributivo, pari appunto a 41 anni di contributi versati. Senza il requisito anagrafico, il solo requisito contributivo garantirebbe, nella teoria, di andare in pensione anche a 57 anni, supponendo di avere 41 anni di contributi garantiti già dai 16 anni in poi (età minima per lavorare in Italia).

Per quanto molto interessante come proposta, è già dal Sole24Ore considerata come inamissibile a livello economico: richiederebbero almeno lo 0,4% del PIL in più per finanziarla. 

A sua volta, sempre citando Repubblica, cercare di trovare un modo per andare in pensione a 62 anni, cioè un anno in meno rispetto a Quota 100, è fattibile solo per alcune categorie. 

Prendiamo ad esempio Ape Sociale, cioè l'Anticipo PEnsionistico. Sembra non solo confermato per il 2022, ma probabilmente verrà promosso ad una maggiore estensione della platea, dato che ad ora permette la pensione:

  • a chi ha già compiuto 63 anni di età;
  • a chi ha versato anche 30 anni di contributi versati o 36 anni se per lavori gravosi.

Una misura vicina alla Quota 100 ma con dieci anni extra di contributi, anche se con le sue limitazioni:

  • Ape Sociale è disposta dai fondi limitati dell'INPS, a rischio di esaurimento;
  • non è possibile fare richiesta di reversibilità in caso di decesso del richiedente;
  • si attiva in caso di licenziamento solo tramite provvedimento, dimissioni per giusta causa o scadenza di un contratto di lavoro.
  • è garantita in caso di sussidi di disoccupazione (da tre mesi) o per assistenza a congiunto con disabilità grave.

Comunque vada non è una pensione standard, e infatti oltre all'Ape sono state tentate ulteriori vie per l'accesso pensionistico.

Riforma pensioni dopo Quota 100: fondi pensionistici RITA o Opzione donna per il 2022

Al momento, oltre alla citata Ape Sociale, davanti alla Riforma pensioni dopo Quota 100 rimangono alcune alternative, ma molto limitanti o a rischio di non rinnovo per il 2022.

I primi fondi, quelli della RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata), sono una forma di previdenza complementare. Richiedono l'iscrizione ad un fondo pensione da almeno 5 anni, cioè ad un fondo previste per alcune categorie lavorative, a seconda di quanto devoluto nel fondo, come ad esempio.

  • lavoratori dipendenti;
  • lavoratori autonomi;
  • liberi professionisti;
  • precettori di redditi diversi dal lavoro.

Per saperne di più vi consiglio questo video a cura di Matteo Caponetti.

Inoltre, per la richiesta alla pensione con la RITA, è necessario a 57 anni dichiarare di:

  • aver cessato la propria attività lavorativa;
  • aver maturato i requisiti d'accesso alla pensione.

Prevede inoltre, una volta accertate le condizioni, una finestra mobile di cinque anni, quindi la pensione si attiverebbe entro i 62 anni d'età. Almeno, come vantaggio si avrebbe solo 20 anni di contributi versati

Solo se ci si trova in stato di inoccupazione da 2 anni si potrebbe richiedere l'accesso anticipato a 57 anni. Come proposta è una delle poche disponibili, seppur un po' complessa, anche perché Opzione Donna probabilmente non avrà un futuro. 

Opzione Donna funziona con l'accesso alle sole donne lavoratrici:

  • dipendenti, ma con almeno 58 anni di età e 35 anni di contributi;
  • autonome, ma con almeno 59 anni di età e 35 anni di contributi.

Tali requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre 2020, almeno a riferimento delle erogazioni per il 2021. Per quest'anno vale la regola, solo entro il 31 dicembre 2021. Però, come già affrontato in un mio articolo, è improbabile una riconferma a fronte della bocciatura proposta dall'OCSE in termini di flessibilità e di compatibilità con le politiche pensionistiche europee

Semmai si può sempre fare richiesta a Quota 100.

Chi matura Quota 100 nel 2021 può andare in pensione nel 2022

E' ancora garantito per chi matura i requisiti di Quota 100 nel 2021 sfruttarla per andare in pensione nel 2022 sotto la protezione di questa opzione. Semmai è dopo il 31 dicembre 2021 che non sarà possibile supportare questo accesso. Inoltre l'interesse governativo sembra spingersi per lo più su Ape Sociale.

In particolare, come segnala Achiropita Cicala, la volontà del Governo Draghi è di supportare Ape Sociale alla possibilmente uscente Opzione Donna, stabilizzandola dal rischio di fondi in esaurimento, in particolare interessando anche i contratti di espansione e isospensione propri degli scivoli pensionistici aziendali, oltre a già garantire per quest'anno:

  • disoccupati di lunga data, 
  • caregiver, 
  • lavoratori di mansioni di tipologia usurante.

E' assicurato comunque anche per Ape Sociale l'accesso entro il 31 dicembre, così come per Quota 100. Ma è poco assicurato invece che tutti e due ci saranno per il 2022.