Pensioni, la svolta! Siglato l’accordo per uscita a 62 anni

La Riforma Pensioni prende lentamente forma, ma novità importanti in merito al pensionamento anticipato a 62 anni saranno già contenute nel DL Sostegni bis. Tra le misure di emergenza anti-crisi, si sta pensando ad alcune norme relative all’uscita anticipata dal lavoro. Oltre a ciò, i Sindacati sembrano aver già trionfato in merito all’introduzione di una Quota 41 allargata, che sostituisca Quota 100, e alla proroga di Opzione Donna e Ape Sociale.

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Un tema veramente burrascoso quello della pensioni negli ultimi tempi! Come molti sanno stanno per iniziare le consultazioni tra Sindacati e Governo per mettere in atto il progetto di Riforma Pensioni prima che giunga alla fine Quota 100, cioè la misura generale di uscita anticipata dal lavoro, possibile a 62 anni e con 38 di contributi.

La proposta sindacale è chiara, lasciare la scelta ai lavoratori se usare Quota 41, cioè l’uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica, oppure il pensionamento a 62 anni, ma con modalità diverse da Quota 100. 

L’obiettivo dei Sindacati è infatti fare in modo che le nuove opzioni di pensione anticipata mantengano l’assegno pensionistico più integro rispetto alle enormi decurtazioni di Quota 100.

Se su Quota 41 sono quasi tutti d’accordo, più complessa è sempre stata la questione riguardo l’uscita a 62 anni.

Arriva però dal governo Draghi una novità in merito e cioè degli aggiustamenti al cosiddetto contratto di espansione, che dovrebbero essere inseriti nel DL Sostegni bis e che prevedono la scivolo pensionistico al posto del licenziamento.

Ovvero la il pensionamento anticipato a 62 anni, ma come alternativa al licenziamento e non per forza come scelta del lavoratore.

Che differenza c’è tra l’uscita a 62 anni con Quota 100 e con il contratto di espansione?

Facciamo prima di tutto chiarezza, il contratto di espansione esiste già solo che prima potevano usufruirne le aziende con più di 1.000 dipendenti, mentre ora si vuole ampliare la misura e renderla valida anche per tutte le aziende con più di 250 o 100 dipendenti.

Il DL Sostegni bis pensato da Draghi dovrebbe contenere questa ed altre modifiche al contratto di espansione e soprattutto una, riguardante la possibilità di offrire il pensionamento anticipato ai propri dipendenti a 62 anni, con un sostegno aziendale.

Il video YouTube di Tutto e di Piu’ illustra con chiarezza il funzionamento del contratto di espansione:

La misura fa parte insieme al contratto di rioccupazione di quelle manovre anti-crisi, a luglio infatti finirà il blocco licenziamenti e si temono ondate di licenziamento di massa. La possibilità di prepensionare i dipendenti sarebbe un'alternativa volta ad evitare il verificarsi di eventuali licenziamenti collettivi.

Secondo i dati raccolti dal Ministero del Lavoro e dall’INPS, terminato il blocco licenziamenti, quasi 100.000 posti di lavoro in Italia saranno a rischio.

Ad ogni modo, i sindacati si mostrano scettici sul contratto di espansione, una misura che secondo loro se migliorata potrebbe forse aiutare le grandi aziende nell’immediato, ma poi va pensata una soluzione definitiva al pensionamento anticipato.

Quello che spaventa è che da un lato la misura è rivolta solo alle grandi aziende, quindi lascia fuori una fetta enorme di lavoratori e contribuenti. In secondo luogo, lo scivolo pensionistico aziendale rischia di pensionare i lavoratori a 62 anni, ma con un assegno ancora più basso di quello che era con Quota 100.

Solo Quota 41 mette d’accordo tutti!

Insomma, i sindacati si dimostrano scettici su queste misure di emergenza e chiedono a gran voce una Riforma Pensioni strutturale, dove sia data ai lavoratori la possibilità di un ritiro in anticipo, ma anche con un diverso calcolo degli importi della pensione.

Se infatti Quota 100 è stata un insuccesso lo si deve anche all’enorme riduzione dell’importo della pensione per i beneficiari di questa misura.

Dunque, parte della proposta di Riforma Pensioni sindacale prevede proprio che il lavoratore abbia a scelta la possibilità di uscire dal mondo del lavoro a 62 anni oppure con Quota 41. Quest’ultima possibilità consente ai lavoratori di andare in pensione a qualsiasi età basta che abbiano accumulato 41 anni di contributi.

Quota 41 è proprio il punto meno critico della Riforma Pensioni e che ha più possibilità di entrare in vigore nel 2022, poiché trova il plauso di molte forze politiche.

La Lega ad esempio chiede da moltissimo tempo che si introduca una possibilità di ritiro anticipato basato solo e unicamente su requisiti contributivi, quale è Quota 41. Il sottosegretario al MEF, il leghista Claudio Durigon, ha già fatto sapere che è d’accordo con l’introduzione di questa misura e anche il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, si è detto disponibile al dialogo sulla questione. 

Per farla breve, con buone possibilità, terminata Quota 100 sarà introdotta una Quota 41 allargata, mentre la questione del pensionamento a 62 anni rimane spinosa.

Come risolvere il problema di Quota 100 e dello scalone dei cinque anni 

Per quanto riguarda la Riforma Pensioni uno dei problemi principali è rappresentato dalle tempistiche. Poiché se è vero che Draghi è da sempre un nemico giurato del pre-pensionamento, non ci sono i tempi per una riforma strutturale. 

Il 31 dicembre 2021 Quota 100 smetterà di esistere e si verificherà l’effetto noto come lo scalone dei cinque anni. Cioè ai lavoratori sarà tolta la possibilità di uscire a 62 anni, dovendo aspettare per forza i 67 della Riforma Fornero.

Il Governo che in un primo tempo aveva fatto orecchie da mercante all’appello dei sindacati e, nella persona del Ministro Orlando, aveva dichiarato di avere altre priorità rispetto alla Riforma delle Pensioni ha dovuto cedere alle pressioni e intervenire sul tema pensionistico.

Il problema è che adesso qualsiasi riforma si attui dovrà essere fatta in meno di 7 mesi, se si vuole evitare lo scalone dei cinque anni e offrire ai lavoratori un’alternativa concreta a Quota 100.

Perché la Riforma Pensioni dei Sindacati e migliore di quella dell’INPS

Qualche tempo fa Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, aveva esposto alla stampa la sua proposta di Riforma, che consisteva nella creazione di un tipo unico di pensione mista, costituita da una parte retributiva e una parte contributiva. 

Alle due parti dovrebbero applicarsi requisiti pensionistici diversi, ovvero la pensione per la parte contributiva si raggiungerebbe a 62 anni, mentre per quella retributiva a 67. In questo modo il lavoratore vedrebbe una graduale diminuzione delle ore di lavoro fino al pensionamento, allo scopo di favorire la staffetta generazionale e l’inserimento dei giovani nei posti di lavoro.

Questa proposta non è stata accolta di buon grado, soprattutto perché ha un grosso problema: richiede modifiche ingenti al sistema pensionistico per cui non ci sono né i tempi né i fondi.

Mentre, la proposta di Riforma Pensioni dei sindacati gioca proprio su questo vantaggio, cioè quello di basarsi sulla modifica e l’ampliamento di misure nei fatti già esistenti come Quota 41 o l'uscita a 62 anni. 

L’approvazione di queste misure, almeno in parte, renderebbe vita più facile al governo facendogli prendere tempo in vista di una Riforma concreta e strutturale delle pensioni, che potrà avvenire una volta risolti i problemi legati più strettamente alla pandemia.

I sindacati vincono su Opzione Donna e Ape sociale, e forse anche su Quota Mamma

Stesso motivo, che riguarda tempi e finanziamenti, ha spinto il Governo ad accogliere le proposte sindacali di un rinnovo per il 2022 delle misure di pensionamento specifiche per alcune categorie come Opzione Donna e APE sociale, piuttosto che introdurne nuove come Quota 92, la proposta di Graziano Delrio, esponente del PD.

Opzione Donna dedicata alle lavoratrici consente di chiedere la pensione a 58 o 59 anni di età, a seconda se autonomi o dipendenti, e con 35 anni di contribuzione netta.

A questa misura potrebbe essere affiancata Quota Mamma, per le lavoratrici con figli che avrebbero un bonus contributivo. Potrebbero cioè andare in pensione senza riduzione dell’assegno un anno prima per ogni figlio avuto.

L’APE sociale è una misura più vasta e che viene utilizzata in più occasioni e da più tipologie di lavoratori. È un sussidio di accompagnamento alla pensione di vecchiaia, per cui servono 63 anni e 30-36 di contributi. Nel caso dei lavori gravosi il sussidio viene erogato per permettere di interrompere l’attività lavorativa e attendere di poter richiedere la pensione di vecchiaia.