Riforma pensioni 2022: quota 41 annullata, ecco le novità!

Draghi ha intenzione di non confermare più né quest'anno, né l'anno prossimo quota 41 nel progetto "riforma pensioni". Nell'articolo trovi tutti i dettagli.

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Il tema del lavoro e della pensione è decisamente uno degli argomenti su cui si chiacchiera di più.

Ogni lavoratore, quando inizia la propria carriera, a meno che non sia imprudente pensa sempre a preparare i presupposti corretti per vivere bene la vecchiaia.

Questo perché giustamente quando si arriva a una certa età non si hanno le stesse risorse fisiche e mentali rispetto a quando si era più giovani ed è normale che in questa fase della vita sia giusto godersi del meritato riposo.

Questo vale in particolar modo per coloro che hanno vissuto una vita intera svolgendo lavori fisici o lavori d’ufficio particolarmente carichi di responsabilità.

In ogni caso non ci sono distinzioni, perché di fatto tutti i lavoratori sono coinvolti in questo percorso.

Nel momento in cui si passa alla fase pensionistica si lascia anche lo spazio ai giovani, per permettere loro di gettare le basi della loro carriera.

Quando si va in pensione, lo Stato si prende carico delle spese di mantenimento per l’individuo anziano e gli viene fornito una sorta di stipendio fisso, che è la pensione.

Questa pensione viene erogata dall’Inps, cioè dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

La cosa su cui bisogna tener conto è il fatto che la pensione diventa, di fatto, una spesa pubblica e quindi siamo noi cittadini, tramite le nostre tasse, che paghiamo anche la pensione per i nostri nonni e le nostre nonne.

D’altro canto ogni spesa pubblica deve fare i conti con il bilancio di Stato, che per quanto riguarda l’Italia, non è messo così bene.

Questa situazione è nata dal fatto che l’Italia, da parecchi decenni a questa parte, si sia presa carico di un pesante debito pubblico.

Così come per un privato avere troppi debiti è molto pericoloso perché rischia che i suoi soldi o i suoi beni vengano pignorati dalla banca, diciamo che in maniera un po’ differente gli stessi rischi li corre anche lo Stato.

Riforma pensioni: la piaga dei NEET

Forse non ti è mai capitato di sentire la parola neet, o probabilmente l’hai ascoltata da qualche parte (questo termine si è diffuso tramite i social principalmente) e non hai un’idea chiara del suo significato.

Neet è un acronimo inglese che sta per “Neither in Employment or in Education or Training”.

Letteralmente vuol dire “né in occupazione o formazione o tirocinio/allenamento”.

Dunque, la parola neet identifica un ragazzo o una ragazza che abbia almeno intorno ai 16 o 18 anni che non studia, non lavora, non svolge nessun tipo di tirocinio e non pratica nemmeno un’attività sportiva.

La parola “training”, infatti, significa sia allenamento nel senso sportivo, sia anche tirocinio nel mondo del lavoro.

Chiaramente una persona che non svolge nessuna di queste attività non si mette nella condizione per dare un contributo di valore alla società.

Quindi, siccome i contributi che si detraggono dagli stipendi servono per incrementare le entrate dello Stato, i neet diventano, di fatto, non un valore aggiunto, bensì un peso.

Questa situazione è problematica non solo per la comunità, ma soprattutto per loro stessi, perché è impossibile che una persona possa percepire un alto valore nella propria persona se passa tutta la giornata su Netflix o sprecando tempo.

Ma cosa c’entra questo discorso con la riforma pensioni?

Il collegamento che sta alla base è il fatto che una generazione intera di lavoratori esce dal mondo lavorativo, però coloro che dovrebbero dare il cambio sono assenti.

Questa mancanza di ricambio mette in difficoltà anche le aziende, che si trovano nella condizione in cui non riescono a trovare del personale per poter mandare avanti serenamente la propria attività.

Riforma pensioni 2022: quota 41 e quota 84

Lasciamo da parte l’argomento della gioventù e ritorniamo a focalizzarci sull’argomento principale, cioè le pensioni.

Per prima cosa devo fare un chiarimento rispetto alle cosiddette “quote”

Esse sono delle condizioni particolari che permettono a un lavoratore di andare in pensione prima dei 67 anni.

Normalmente le quote sono accantonate da un numero, che non è casuale, ma riassume un significato tecnico in merito alle condizioni che il lavoratore rispetta per poter avere la pensione anticipata.

Queste uscite pensionistiche sono state proposte dai sindacati.

I sindacati sono delle organizzazioni che, nel diritto del lavoro, svolgono una funzione rappresentativa a favore di una categoria di lavoratori.

In Italia esistono quattro categorie di sindacati:

  • CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoratore);
  • CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori);
  • UIL (Unione Italiana del Lavoro);
  • UGL (Unione Generale del Lavoro).

I primi tre sindacati che ti ho presentato sono quelli che hanno proposto l’applicazione di quota 84 e quota 41.

Quota 84 è la possibilità di andare in pensione in anticipo, a condizione che si abbiano almeno 64 anni d’età anagrafica e 20 anni di contributi.

Il nome quota 84 si forma facendo la somma tra la soglia d’età minima e il minimo di anni di contributi.

La seconda quota di cui ti parlo è quota 41, il cui presupposto fondamentale consiste nell’aver maturato almeno 41 anni di contributi.

In questo caso non ci sono soglie minime d’età anagrafica (ma in precedenza sì, e ti spiegherò il perché), come nel caso di quota 84.

Quota 84 è un’uscita pensionistica totalmente nuova, mentre quota 41 è un aggiornamento di un variante che esisteva già.

Nel 2012 è nata quota 41 in occasione della Legge Fornero, ma all’epoca esisteva un’ulteriore condizione.

In pratica bisognava non solo aver dato allo Stato 41 anni di contributi, ma prima del compimento dei 19 anni bisogna aver già fatto un anno di contributi.

Riforma pensioni 2022: l’identificazione dei lavoratori di quota 41

Prendiamo come riferimento l’Inps.

Secondo l’ente, i lavoratori che appartengono alla categoria di quota 41 sono coloro che sono entrati nel mondo del lavoro prima della maggiore età.

Anche se legalmente una persona diventa maggiorenne a 18 anni, nel caso di quota 41 il riferimento è 19 anni.

Questo perché sono necessari 12 mesi di contributi pagati allo Stato entro i 19 anni, per poi avere diritto a rientrare nella categoria di contributi quota 41.

Non è abbastanza il fattore tempo che ti ho appena descritto.

C’è un altro criterio che si aggiunge a quello temporale.

Il lavoratore deve appartenere a una delle categorie sociali indicate dall’APE (Anticipo Pensionistico Sociale).

Queste categorie sono:

  • Disoccupati;
  • Caregiver di soggetti beneficiari della legge 104;
  • Lavoratori diversamente abili che usufruiscono della legge 104;
  • Lavoratori che svolgono mansioni usuranti;
  • Lavoratori che svolgono mansioni gravose.

Ci sono altre condizioni molto rigide che bisogna rispettare per poter essere identificati come lavoratori quota 41.

Nel caso in cui il lavoratore si trovi in uno stato di disoccupazione, è obbligatorio aver terminato di usufruire della NASPI (ma anche di un altro ammortizzatore sociale equivalente) da almeno tre mesi.

Se si è un caregiver bisogna assistere almeno sei mesi un soggetto che abbia delle disabilità, il quale dev’essere ovviamente riconosciuto ai sensi della legge 104/1992.

Questa persona diversamente abile dev’essere o il proprio coniuge, oppure un parente di primo grado convinente.

I parenti di primo grado sono o i figli o i genitori.

I fratelli, le sorelle, i nipoti (i figli dei propri figli) e i nonni sono considerati, invece, parenti di secondo grado e quindi non possono rientrare nella categoria che ti ho indicato.

Se invece il lavoratore stesso ha delle disabilità, dev’essere sempre riconosciuto dalla legge 104 e il suo livello d’invalidità civile dev’essere o pari o superiore al 74% (cioè il livello riconosciuto per l’ottenimento dell’assegno d’invalidità).

Per chi svolge un lavoro gravoso e/o usurante, si ha diritto all’uscita pensionistica precoce se si ha condotto quest’attività lavorativa per almeno 7 anni nel corso degli ultimi 10 anni.

Questo dettaglio viene specificato dalla legge 67/2011.

Riforma pensioni 2022: la scadenza di quota 41

La proposta portata avanti dai sindacati in merito a quota 41 darebbe una garanzia a una serie di lavoratori e lavoratrici che hanno vissuto una vita intera nel lavoro.

Questo darebbe la possibilità anche ai giovani di potersi integrare subito nella realtà lavorativa.

Dal punto di vista dello Stato però, questo avrebbe come conseguenza un incremento delle spese pubbliche sul debito previdenziale e questa spesa andrebbe a toccare il 15%/16% del prodotto interno lordo italiano.

Questi dati sono stati segnalati dall’OCSE a settembre 2021 e in termini numerici si tratterebbe di più di 300 miliardi di euro annuali da spendere solo per sostenere il costo delle casse previdenziali.

In questo processo sono coinvolti anche i lavoratori di quota 84, che di fatto anticipano la pensione di 3 anni rispetto alla soglia tradizionale dei 67 anni d’età anagrafica.

Questa situazione ha dei risvolti della medaglia sui costi statali e un fattore che rende la situazione sempre più complessa è il fatto che la popolazione italiana stia subendo un invecchiamento progressivo.

La legge Maroni del 2004 prevede lo svolgimento di un ricalcolo dell’aspettativa di vita, il cui risultato viene preso in considerazione per stabilire un limite anagrafico d’accesso alla pensione.

In occasione della legge Fornero il ricalcolo è stato reso biennale e la prossima operazione di calcolo è prevista per il 2023.

A causa della pandemia, il calcolo del 2021 non ha comportato un aumento dell’età minima per andare in pensione, ma dal 2023 la prospettiva d’uscita pensionistica si aggira sui 70 anni, a condizione che venga confermato l’aumento della speranza di vita.

Anche se questo segue le linee della previdenza europea, dal punto di vista della produttività del mercato, questo non permetterebbe un ricambio di generazioni fluido.

Per quanto riguarda la categoria dei lavoratori precoci, il calcolo avrà come anno di riferimento il 2026.

Antun Benvestito
Antun Benvestito
Redattore, classe 2001.Sono nato a Bari, ma ho origini croate da parte di mia madre. Sono uno studente di lingue straniere presso l'Università degli Studi di Bari Aldo Moro e ho sempre nutrito un certo interesse per il lavoro online. Le lingue che al momento sono alla mia portata sono l'inglese, il francese, lo spagnolo, il tedesco, il russo e il croato. Sono un ex giocatore di pallanuoto e non smetterò mai di amare il mondo acquatico. Il mio motto? Alzati dal letto con determinazione e vai a dormire con soddisfazione""
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