Smart Working: i giovani lo chiedono, ma le aziende? I dati

È inutile dire che lo smart working ha apportato numerosi cambiamenti alla vita dei lavoratori, sia positivi, come la possibilità di organizzare al meglio il proprio tempo, sia negativi, come la mancanza di contatto con i colleghi in azienda o la monotonia delle giornate lavorative che possono stressare psicologicamente il lavoratore. Nonostante tutto lo smart working pare essere la forma di lavoro più apprezzata, soprattutto da giovani neolaureati, tanto da essere una condizione essenziale per i lavoratori che viene richiesta già in fase di colloquio. Dall’altro lato, le aziende preferiscono il lavoro ibrido “metà e metà”. Andiamo a vedere insieme gli ultimi aggiornamenti e le ultime novità in materia di smart working.

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Lo Smart Working è entrato a far parte delle nostre vite quasi completamente con lo scoppio della pandemia di Coronavirus, che ha avuto come normale conseguenza le chiusure generalizzate e soluzioni alternative da trovare per salvare le aziende e i lavoratori dalla crisi economica. 

La soluzione, per chi ha potuto, è stata proprio lui: il lavoro agile, ossia lo svolgimento delle proprie mansioni da remoto, in un luogo differente dall’ufficio. 

Il Lavoro Agile, infatti, è stato definito nella Gazzetta Ufficiale di Stato come:

“una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa.”

È inutile dire che lo smart working ha apportato numerosi cambiamenti alla vita dei lavoratori, sia positivi, come la possibilità di organizzare al meglio il proprio tempo, sia negativi, come la mancanza di contatto con i colleghi in azienda o la monotonia delle giornate lavorative che possono stressare psicologicamente il lavoratore. 

Nonostante tutto lo smart working pare essere la forma di lavoro più apprezzata, soprattutto da giovani neolaureati, tanto da essere una condizione essenziale per i lavoratori che viene richiesta già in fase di colloquio. 

Dall’altro lato, le aziende preferiscono il lavoro ibridometà e metà”. Andiamo a vedere insieme gli ultimi aggiornamenti e le ultime novità in materia di smart working. 

Smart Working, le aziende lo vogliono anche dopo il 30 giugno

La collega Imma Duni, in un suo pezzo inerente allo Smart Working e alla digitalizzazione afferma:

“Con cognizione di causa possiamo dire che la digitalizzazione è il futuro degli ambienti lavorativi, per arrivare non solo ad un modello produttivo 4.0, ma anche per implementare un più sano modello di lavoro.”

Ed è proprio così, poiché l’88 % delle aziende italiane continuerà con l’utilizzo del lavoro agile, per una o più giornate lavorative durante la settimana, anche dopo la scadenza fissata dal Governo per il 30 giugno 2022, quando giungerà al termine la fase del “lavoro in emergenza”. 

Secondo i dati dell’AIDP, l’Associazione Italiana per la Direzione del Personale, un numero pari al 75 per cento di tutte le aziende non intende stabilire alcun controllo per i lavoratori in smart. Solamente il 15 % delle aziende, però, permetterà ai propri dipendenti che risiedono in Regioni differenti da quella in cui è situato il luogo di lavoro di continuare a rimanere in Smart Working

Il 58 %, infatti, si è dimostrato contrario al proseguo del lavoro agile al 100% per i propri dipendenti provenienti da altre aree d’Italia differenti dal luogo di lavoro, mentre il restante 28 % sta ancora riflettendo sull’ipotesi. 

Smart Working, i giovani vogliono lavorare da remoto

Lo Smart Working ha concesso ai lavoratori di organizzare tempi e luoghi di lavoro, di godere di maggior autonomia, oltre che di organizzare la propria vita familiare al meglio. Molti smart-workers, infatti, hanno trovato giovamento nel lavoro sia per la gestione dei propri figli, che della propria vita privata.

Questa modalità di lavoro, infatti, fa molta gola alla maggior parte dei lavoratori, tanto che è diventata un vero e proprio requisito indispensabile per chi cerca lavoro e valuta le offerte

Dati alla mano, sappiamo che il 58 % delle aziende ha notevoli difficoltà nell’assumere o nel far rimanere i propri dipendenti, se non viene garantito loro il telelavoro. Inoltre, la richiesta di lavorare da remoto dalla propria città arriva soprattutto dai giovanissimi, tra i 18 e i 35 anni. 

Inoltre, la maggior parte dei giovani diplomati o dei neolaureati che chiede un lavoro in smart working proviene dal Sud

Smart Working il modello da attuare è ibrido e non agile al 100 %

Le aziende, però non pensano ad un lavoro al 100 % in Smart, come invece sognano i più giovani, ma vorrebbero utilizzare un’alternanza su base settimanale con delle rotazioni. 

Molto spesso, infatti, i dipendenti si recano in azienda tre giorni su cinque e lavorano da remoto due giorni. Questa scelta di lavoro ibrido, però, proprio a partire dal 30 giugno 2022, metterebbe fine al fenomeno conosciuto come South Working:

“un progetto di promozione sociale che stimola e studia il fenomeno del lavoro agile da una sede diversa da quella del datore di lavoro o dell’azienda, in particolare dal Sud Italia e dalle aree marginalizzate.”

Insomma, è probabile che al termine del lavoro in emergenza le aziende richiamino in sede i propri dipendenti che saranno costretti, se collocati in aree differenti, a lasciare la propria Regione e a tornare ad abitare dove si trova il luogo di lavoro

Smart Working, ora occorre pensare anche ai colletti blu

Il futuro, però, è (parzialmente) in smart working e, per questo motivo, occorre pensare anche a tutti i lavoratori chiamati all’inglese i “colletti blu, gli operai e coloro che svolgono lavori manuali. 

Insomma, uno degli obiettivi dei prossimi mesi è favorire una situazione di flessibilità lavorativa a questa categoria di lavoratori, differente dagli “smartabili”. 

Smart Working, la proroga fino al 30 giugno 2022

Dello smart working si è parlato anche nel decreto relativo al termine dello Stato di emergenza e alla roadmap verso la libertà. Fino alla fine del lavoro in emergenza prevista per il 30 giugno 2022, resterà in vigore la deroga alla normativa vigente Legge 81 dell’anno 2017.

Attraverso questa deroga viene meno l'obbligo di stabilire un accordo individuale tra le parti proprio per lavorare in smart working: lavoratore e datore di lavoro.

Tale deroga è stata concessa a partire dal 2020, l'anno in cui la pandemia di coronavirus ha avuto inizio. Questa permette ai lavoratori e alle imprese di utilizzare in maniera maggiore lo smart working, in particolare per prevenire i contagi da Covid-19. 

All’inizio la proroga al telelavoro era stata concessa unicamente fino alla fine dello Stato di Emergenza (31 marzo 2022), ma a seguito del provvedimento approvato dal Governo lo scorso 24 marzo 2022, abbiamo avuto un ulteriore slittamento della data fino alla fine del mese di giugno 2022. 

Insomma, fino al 30 giugno 2022 il ricorso al lavoro agile è consentito anche in assenza di un accordo stipulato tra il lavoratore dipendente e il suo datore di lavoro.

Questo appena descritto, però, è quello che accade nel settore privato. Nel settore pubblico, infatti, gli accordi individuali tra lavoratori e datori di lavoro, tramite i sindacati, sono già obbligatori.

Nel settore pubblico, ogni singola amministrazione pubblica può decidere di pianificare un ricorso al lavoro agile attraverso la rotazione del proprio personale sia settimanalmente, che mensilmente. Ma non solo, può essere deciso di ricorrere a questo modus operandi anche per diversi mesi fornendo, poi, al lavoratore dipendente la dotazione tecnologica idonea.

Ma cosa accadrà dal 1° luglio 2022 per le amministrazioni provate? Come ho spiegato in un mio precedente articolo riguardante la proroga dello Smart Working fino a fine giugno:

Le aziende potranno seguire tre strade: stipulare accordi con ciascun lavoratore, ideare un nuovo piano interno all’azienda riguardante tutti i lavoratori allo stesso modo, oppure, appoggiarsi al sindacato per un accordo di tipo collettivo, recepito successivamente nei vari accordi individuali.