Smart working: il trend del futuro

La crisi economica pandemica ha colpito tutti i settori, per questo le imprese, grandi e piccole sono dovute correre ai ripari, permettendo ai lavoratori di proseguire lo svolgimento delle proprie prestazioni da casa, favorendo lo smart working o, quello che è chiamato da noi, lavoro agile. 

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Favorevoli o meno, è risultato necessario ed efficace (anche se alcuni ancora faticano ad ammetterlo )per evitare una crisi economica globale, adottare lo smart working come continuazione dell’attività lavorativa, laddove possibile. 

Additato dagli imprenditori come mezzo per “non fare nulla”  e agognato dai lavoratori “per poter meglio conciliare casa-lavoro”, il lavoro agile è diventato essenziale durante il periodo emergenziale. Possiamo dire con sicurezza che, senza questa modalità di lavoro, ad oggi, ci si presenterebbero diverse problematiche, soprattutto nel settore economico. 

Partiamo con una nozione fondamentale: lo smart working non è una nuova tipologia contrattuale, ma è una modalità di prestazione del lavoro, caratterizzata:

  • dal vincolo di subordinazione;
  • dallo svolgimento al di fuori della sede lavorativa (presso il proprio domicilio e a distanza);
  • dalla flessibilità di orario;
  • dal diritto alla disconnessione. 

Smart working: la normativa

Lo smart working trova la sua regolamentazione nella Legge n. 81 del 22 maggio 2017 rubricata “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.” Si sviluppa così una nuova idea di lavoro diffusasi proprio con lo sviluppo dell’era digitale. Con la disciplina della Legge 81/2017, il lavoratore in smart working inizia a trovare delle tutele. 

Durante la pandemia, con il susseguirsi dei vari d.p.c.m., lo smart working diventa raccomandato e poi imposto dal Governo Conte. A partire dal  D.L. Cura Italia, n. 18/2020 per finire con la L. N. 21/2021, il legislatore ha disciplinato lo svolgimento dello smart working per il settore privato e il settore pubblico. L’obiettivo era quello di limitare il contagio attraverso il contatto tra colleghi, proseguendo il lavoro ed evitando quindi di esporsi a un maggior rischio di essere infettati. 

Smart working

E’ indubbio che lavorare da casa sia stressante quanto piacevole. Puoi metterti un bel sottofondo musicale mentre programmi con Java; mettere a bollire l’acqua per la pasta mentre scrivi; o ancora, fare pausa guardandoti 15 minuti della tua sit-com preferita su netflix.

Nonostante questo non infici la qualità del lavoro, anzi, risulta, dati statici alla mano, che lo smart working abbia aumentato la produttività; alcuni imprenditori storcono il naso, rimanendo adesi alla vecchia idea di “lavori bene se sei controllato e visto fisicamente”.

Inutile dire che è quanto di più sbagliato: la sfiducia riposta nel lavoratore non è giustificata né degna nei confronti di chi lavora. I furbetti esistono, e in quanto tali, proseguiranno la loro carriera anche se posti fisicamente in un luogo di lavoro. 

Lo smart working aumenta la produttività in quanto favorisce il benessere del dipendente: l’attività svolta in remoto favorisce la concentrazione, essa a volte è anche troppa (quante volte avete proseguito a lavorare senza fare la pausa canonica di 10/15 minuti? Quante volte volevate davvero finire quel progetto, "tanto sono già a casa", e avete terminato molto tardi?) e  permette di conciliare al meglio vita privata e lavorativa, di impattare il meno possibile sull’ambiente, di poter tratte profitto in termini di tempi e di riduzione dello stress. 

Quali sono i principali benefici dello Smart Working? Sentiamo Fiorella Crespi, Direttore dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano

Posso trasformare il rapporto di lavoro in smart working?

Sì, mediante un accordo individuale sottoscritto dal datore di lavoro e dal prestatore. 

Nell’accordo è contenuta:

  • la definizione di lavoro agile quale modalità felissibile di esecuzione del rapporto di lavoro;
  • l’indicazione del luogo in cui sarà svolto lo smart working (domicilio,residenza etc.) con la clausola che, laddove il lavoratore sia costretto a spostarsi in un’altra sede rispetto a quella indicata, dovrà darne tempestiva comunicazione al responsabile;
  • durata dello smart working;
  • orario; 
  • diritti e obblighi in merito agli strumenti utilizzati per lavorare; 
  • sicurezza sul lavoro. 

Per quanto riguarda quest’ultima, l’azienda si impegna a tutelare la sicurezza del lavoratore in smart working, assicura la tutela contro gli infortuni e fornisce al dipendente un’informativa scritta in modo chiaro, relativa ai rischi generali e specifici connessi alla modalità di lavoro agile. 

L’accordo può essere sottoscritto sia se il lavoro è a tempo determinato che indeterminato. 

Esso è oggetto di comunicazione obbligatoria. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è infatti intervenuto recentemente sull’argomento, con la nota n. 2548 del 14 luglio 2021, con cui comunicava che la trasmissione della comunicazione dello smart working deve essere effettuata esclusivamente fruendo dell’app. informatica disponibile sul sito del Ministero del lavoro, seguendo le linee guida. 

Il Dicastero ribadisce che la comunicazione dello smart working tramite PEC  non asssolve all’adempimento previsto per la comunicazione. Si precisa che esso è obbligatorio per la procedura semplificata utilizzata per attivare lo smart working

Smart working: la procedura semplificata

Il governo Conte ha introdotto, con il d.p.c.m. Del 1 marzo 2020, la procedura semplificata per lo smart working

In questo caso non si utilizza l’accordo individuale di cui sopra ma basta l’autodichiarazione contenente il nominativo del lavoratore posto in smart working

Diritto alla disconnessione 

Il lavoratore, in quanto tale, risulta titolare di doveri ma anche di diritti, primo fra tutti quello alla disconnessione. In concreto si dà il diritto al lavoratore di non connettere gli strumenti informatici atti a lavorare oltre l’orario di lavoro. 

La ratio è quella di limitare l’invasiva presenza o richiesta del datore di lavoro oltre l’orario prescritto per la prestazione richiesta. Per la prima volta, nel nostro ordinamento, dati gli eccessivi abusi del datore di lavoro nel non rispetto di questo diritto, è stata regolamentata la disciplina. La legge n.61 del 6 maggio 2021 ha aggiunto all’art. 2 il comma 1 ter: 

L'esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi

La norma risulta estremamente innovativa: risulta indiscutibile l’esistenza del diritto alla disconnessione e la sua ratio cioè tutelare la salute del lavoratore, ma non solo: l’esercizio di questo diritto non potrà avere ripercussioni né sul rapporto di lavoro e né sulla retribuzione. 

Sul seguente tema si è espresso anche il Garante della privacy  sottolineando che va

assicurato il diritto alla disconnessione, senza cui si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa…

E’ necessario, quindi, per prevenire gli abusi del datore di lavoro. 

Smart working o telelavoro?

Che tipologia di rapporto di lavoro abbiamo, però, assunto in questi mesi? Smart working o telelavoro?

Cos’è il telelavoro? 

Il telelavoro viene svolto per conto di un imprenditore in una località diversa dal posto di lavoro tradizionale. La novità è che si utilizza il digitale per svolgere questa attività lavorativa. 

Anche il telelavoro, come lo smart working, non si configura come una nuova tipologia contrattuale ma è una modalità di svolgimento del lavoro e viene svolta al di fuori della sede lavorativa. 

Entrambe le modalità di svolgimento del lavoro hanno in comune degli elementi quali:  

  • conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
  • lo svolgimento in un luogo di lavoro diverso dalla sede di lavoro.

Esistono anche delle differenze.

Il telelavoro  si propone come forma volontaria di lavoro a distanza, lo smart working invece, risulta una nuova modalità esecutiva del rapporto di lavoro subordinato, basata su un accordo tra le parti.

L’azienda, nell’attivare lo smart working, predispone un nuovo impianto per la sicurezza, inoltre viene data la possibilità, al lavoratore, di svolgere la propria prestazione, alcuni pomeriggi a settimana in azienda; in questo modo si cerca di ovviare al problema legato all’esclusione, del lavoratore in smart working, alle dinamiche aziendali.

Smart working: riflessioni

L’idea che l’efficienza lavorativa di una persona non dipenda e non sia direttamente proporzionale alla sua presenza fisica in ufficio, è quella che ritengo essere, personalmente, una strategia vincente. 

Il benessere del lavoratore inciderà parecchio sulla qualità produttiva delle aziende che sceglieranno questa modalità. A chi grida all’alienazione sociale dovuta allo smart working probabilmente non si è mai trovato di fronte a una catena  di montaggio ad assembleare o impacchettare  i più svariati oggetti. Il soggetto ripete in modo continuativo lo stesso gesto, diventa, come dice Marx: 

un ingranaggio del sistema produttivo, un mero esecutore.

Inutile dire che l’alienazione sociale si ha anche se si è in presenza, forse, soprattutto se si è in presenza. Lo smart working ha permesso di creare una forte rete sociale tra imprese e lavoratori. Il lavoratore svolge la sua prestazione senza il sovraccarico di stress, e se vuole interagire con i propri colleghi in modo funzionale e sociale, al di fuori dell’ambito professionale, non preoccupatevi ! Potrà facilmente organizzare una cena fuori dall’orario di lavoro. Ci auguriamo, quindi, che lo smart working diventi il nuovo trend del futuro.